Intanto un sincero benvenuto nel calcio che conta,
dopo quasi un secolo, alla Vercelli calcistica, alla mitica “Pro”.
Una città decantata persino da Dante Alighieri nell'Inferno (nel
descrivere la sua straordinaria posizione geografica, il Sommo
diceva: “O tu cui colpa non condanna e cu'io vidi su in terra
latina, se troppa simiglianza non m'inganna, rimembriti di Pier da
Medicina. Se mai torni a veder lo dolce piano che da Vercelli a
Marcabò dichina”),
le cui origini sono ancora incerte ma che,
storia stratificata importante a parte, a “noi” addetti ai lavori
di un calcio in cui, con un atto di grande coraggio e stoicismo,
continuiamo - forse un po' ingenuamente - a credere, si è fatta
conoscere per il suo glorioso passato pluriscudettato, quello del
ventennio, raccontato sugli almanacchi con quel passato calcistico
riconoscibile solo in una cartolina in bianco e nero al sapor di
Piola, coi giocatori quasi distesi obliquamente per terra nelle rare
fotografie d'inizio gara, e materializzatosi in quel gruppo stoico di
tifosi presenti al Degli Ulivi di Andria quasi a metaforizzare un
ponte tra i tempi dei maglioni (altro che magliette...) scudettate
color seppia e a stasera in campo dove le magliette luccivan di un
color amido, riso locale. 80 anni dopo, insomma, dopo Piola e
Costantino, riecco la Pro Vercelli da queste parti, purtroppo non a
Bari, né al San Nicola, né al Tempio del Della Vittoria, ma nel
raccolto e meno dispersivo stadio andriese con Tiribocchi e Bellomo a
prenderne il posto. Per completare la metafora, insomma, il Riso ha
fatto pendant con le Cozze: mancavan le patate. Ma quelle si potevano
trovare facilmente sotto il terreno del San Nicola.
Una vittoria sofferta, non brillante, ma sicuramente
muscolare e rabbiosa che dà slancio ed ulteriore continuità alla
squadra di Torrente, ossigeno necessario per scalare posizioni più
tranquille a causa del gap col quale è partita. Un Bari che lotta,
convince il pubblico, riesce pure a soffrire e vincere con
un'occasone clamorosa sbagliata da Tiribocchi al 96', se permettete,
regala la stessa emozione, lo stesso phatos, di uan vittoria
conseguita con un rigore determinante parato a Crotone al 94' o con
un gol che pareggia i conti al 93' a Varese dopo un atto coraggioso -
peraltro collaudato a Gubbio - di Torrente (Borghese centravanti).
Forse son segni del destino, un destino che ha preso a cuore le sorti
di questa squadra finita nel “bimbi” mediatico per i noti motivi
a causa di 4 delinquenti e dei loro satelliti e che necessita di uno
sguardo particolare che, forse, solo il destino può regalare dopo
tanta fatica, lavoro e impegno da parte di tutti, rosa, tecnici,
dirigenti e addetti ai lavori.
Due gol griffati Bellomo, dunque, che hanno regalato
al Bari di Dolcenera Torrente il sesto risultato utile consecutivo,
l'imbattibilità, nonchè la quarta vittoria fino adesso. Un talento,
Bellomo, purtroppo promesso al Chievo per far cassa, cresciuto in una
piazza difficile di Bari Vecchia, tra orgoglio e pregiudizio, in una
piazza che accorpava fino a dieci anni fa famiglie dal nomen
gentilizio pesante ed ingombrante e che, grazie a due autentiche
prodezze, ha regalato alla sua squadra la vittoria facendo schizzare
il Bari nei quarteri alti, laddove chi non ha la “maglia di lana”,
quella pesante, è destinato a beccarsi - se tutto va bene - un
raffreddore ma corre il rischio di beccarsi pure pericolose polmoniti
ma, soprattutto, devastanti ricadute.
E in un solo anno, contro tutto e tutti, grazie alla
sua capillare gestione invisa da qualche eterno fuoricorso
dell'Università del Pallone di Conversano, Torrente è riuscito a
dare a Nicolaus I° di Barigrad, una fisiognomica di centrocampista
coi fiocchi, sguardo alto e schiena dritta come lo descriviamo
sempre, facendolo giocare in ruolo diverso da quello di Barletta,
ruolo che lo ha fatto cambiare, in meglio, radicalmente. Ed ora,
addirittura, oltre a fare interdizione, eurogol e dispensatore di
gioco, è diventato persino responsabile, forse più di qualche altro
in quella rosa. Ed ha appena 21 anni. Insomma, poche e fisiologiche
ingenuità mostrate a parte, risulta un vero e proprio leader, per
giunta barivecchiano, quel che ci vuole per tenere la rosa sempre
sulle corde in modo serio e non facendo il guascone. E nessun
paragone con Cassano: Antonio non ha avuto il tempo (e la testa) per
diventare leader a Bari, troppo immaturo e troppo frettolosamente
ceduto; Nicola, quantunque a giungo lascerà Bari, ha già la stoffa
del leader, pur coi suoi limiti. Per fortuna, però, che Torrente è
un ottimo medico e sin dallo scorso anno, grazie alla sua
ecumenizzazione, sta cercando di cautelare questi ragazzi,
inizialmente, troppo vispi e ruspanti per i suoi gusti, ma soprattuto
per la resa nella squadra, e i frutti si vedono. Occorre che taluni
se ne facciano una ragione ammettendo di aver sbagliato lo scorso
anno quando, insultandolo, pretendevano gioco e spettacolo piuttosto
che accontentarsi della resa. Ma si sa, a Bari è difficile che
ammettino le proprie loro colpe.
E' bene spegnere facili entusiasmi, tuttavia: i voli
pindarici son sempre stati deleteri per tutti così come lo sono
stati per le cadute miserabili delle volpi amanuensi locali che, pur
di non ammettere l'incapacità di salire il ramo dela vite (ovvero di
ammettere le capacictà di Torrente), dicevan che la stessa era
acerba. Ma si sa, intelligenti pauca e purtuttavia Torrente non ne
sbaglia più una: tutte le mosse risultano azzeccate e, soprattutto,
produttive. Anche il modulo cambiato durante la gara, passando
repentinamente dal 3-4-3, cambiato quest'anno per carenza di terzini
sinistri, al 5-2-3 quando si difende, risulta una panacea per coloro
i quali preferiscono prestare attenzione più ai particolari tattici
che allo spettacolo, grazie anche ai movimenti dei giocatori senza
palla sempre più vicini ad un'intesa perfetta dove tutti, da Bellomo
a Iunco, da Caputo a Galano passando per Romizi e Sciaudone, parlano
esperanto. Quello calcistico.
Vedere tutta la squadra girare, rispondere alle
direttive dell'allenatore che, finalmente, sta raccogliendo quanto
seminato lo scorso anno in un campo minato come si presentava quello
di Via Torrebella, regala, intanto, quel senso di appagamento verso
chi, come noi (lo scrivente, plurale maiestatis, ndr), ci aveva visto
bene in un momento in cui qualche bontempone pseudo tifoso vedeva il
male ovunque, anche nei sacrifici che Torrente stava facendo,
offendendolo ed insultandolo, reo – Torrernte - di non aver
corroborato le loro pupille sguaiate e ipocrite, ancora pregne ed
ebbre del gioco di Conte e Ventura (ma anche di troppe partite viste
in TV tra Barcellona, Real Madrid e Chelsea) di “gioco e
spettacolo”. E adesso, con una metamorfosi tipicamente barese,
quella solita lacchè, son saliti sul carro dei vincitori adulando
l'allenatore, un classico insomma. Chissà cosa faranno, costoro,
quando – e se – Torrente perderà due-tre partitre di fila.
Scongiuri a parte.
Un Bari che per circa un’ora ha dettato legge in
campo consolidando la supremazia coi due eurogl di Bellomo e che, pur
creando una mole di gioco notevole, non è riuscito a concretizzare,
come sempre purtroppo. Del resto Lamanna, stavolta - finale a parte e
sebbene fosse fuori posizione - è risultato pressocchè inoperoso.
Poi era normale concedere qualcosa all'avversario che, pure, non
pareva sprovveduto, tutt'altro. E' normale attendersi giocate da
Applet, Casoli e Tiribocchi, impossibile pensare che gli avversari
dovessero tirare i remi in barca sebbene abbiano costruito poco
badando più ad andare all'arrembaggio che al fraseggio, come è
anche giusto e fisiologico che fosse dal momento che giocavan in
trasferta, per giunta, in svantaggio. Onore, dunque, alla Pro
Vercelli che, comunque, ci ha provato fino in fondo.
Anche Braghin, l'allenatore della Pro Vercelli, si è
complimentato col Bari pur applaudendo alla sua. E domenica si torna
a Verona. Naturalmente con uno spirito pugnace, di chi sa di
giocarsela a viso aperto, senza paura, rispettando l'avversario, si,
ma facendosi anche rispettare. E il leghista Mandorlini è avvisato.
Certe parole antimeridionalistiche non si dimenticano facilmente.
Caro massimo, sono Michele e ho avuto il piacere di conoscerti e poi di farti i complimenti per la bellissima serata organizzata da te presso la fiera del levante qualche settimana fa. Come già scritto in un post di risposta ad un tuo precedente "racconto" rispetto ma non condivido appieno questa tua crociata continua e costante in difesa di mister torrente. Non perche il mister non lo meriti, ma mi verrebbe da dirti a questo punto: "e basta!". Dai abbiamo capito che sei stato uno dei pochi lo scorso anno a difenderlo e a credere nelle sue immense capacita' , pero credo che ne stai facendo un martire. Dai, e' un allenatore, fa quello che molti vorrebbero fare, ma come tutti i soggetti attivi nel mondo del calcio, sia soggetto a critiche più o meno giuste, più o meno generose, più o meno educate. Che ci vuoi fare. E chiaro che molte volte sono giudizi espressi chiaramente da cerebrolesi, che vedono nel calcio la loro unica valvola di sfogo, ma credo che così facendo dai loro u ulteriore alibi al loro comportamento. Nel senso appunto di dare troppa importanza ad un argomento che dovrebbe averne in maniera molto più misurata di quanto meriterebbe. Ammiro, anzi invidio molto il tuo modo di approcciare il calcio ed il Bari in particolare, almeno quello che ho percepito io dai tuoi scritti, e cioè in maniera molto disincantata e passionale. Io non lo vivo più così da un po' di tempo, e sono più giovane di te,l'avevo già scritto in un post precedente, perche il contesto nel quale il calcio professionistico sta annegando e' quanto di più lontano dal mio modo di intendere lo sport. Ma soprattutto, qui a Bari in particolare, forse perché ormai mentalmente violentati dalla gestione matarrese, c'è un deserto assoluto di voglia e passione. E perche in questo mondo dove tutti sono strapagati ad oltranza, il tifoso dovrebbe rimanere quello di 40 anni fa, "sciocco", umile sfegatato passionale senza invece pretendere anch'egli più soddisfazioni, più sogni, più attenzione? Non mi sembra delittuoso come invece chi asserisce che al tifoso non dovrebbe interessare chi gestisce la società, come la gestisce, se ricatta o meno i politici di turno. Io proprio non ci riesco a fare questa netta distinzione tra squadra e società, sarà un mio limite forse proprio perche non tifoso al 1000% ma la vivo così. Ed e per questo che per quanto quest'anno avessi una voglia matta di fare l'abbonamento, da prima che iniziasse la stagione, ed ora ancor di più, mi son ripromesso di resistere resistere resistere. Scusa se forse mi son allungato troppo e forse anche un po' fuori tema, ma sai com'è......buon Bari a tutti
RispondiEliminaNon badare al mio eterno gioco al massacro nei confronti di questi minus habentes, caro Michele: ti ho già detto che questo è un blog, dunque, nulla "di serio". Quando scriverò per il Corriere della sera o sarò l'inviato RAI per il Bari, vedrai che la battaglia sarà finita per sempre. Naturalmente con un punteggio tennistico a mio favore.
RispondiEliminaGrazie, leggerti è sempre un piacere