Volendo analizzare le due
squadre scese in campo oggi in Romagna si potrebbe parlare di due
opposte fazioni nella loro dinamicità. Il Cesena, squadra esperta di
categoria, ma assolutamente scarsa in tecnica, vulnerabilissima, e
che una volta rimasti in 9 mai e poi mai avrebbe potuto superare i
galletti; il Bari nettamente più forte tecnicamente ma privo di quel
peso specifico in termini d'esperienza che mai, come oggi, sarebbe
servito per mettere nel tostapane le insipide piadine romagnole ebbre
di lambrusco e satolle di culatello, ultimamente in conflitto con la
vittoria da ben 9 turni, dandole il fisiologico colpo di grazia.
Dopo il primo gol subito
a freddo grazie alla solita, puntuale, disattenzione difensiva col
concorso di colpa tra Lamanna e Dos Santos i quali han fatto a gara
per non prendere il pallone sul corner, il Bari ha cominciato a
prendere campo, sia pur timidamente, senza tuttavia mostrarsi
pericoloso: solo Defendi, oggi apparso in buona forma, ha tentato il
pareggio con un tiro arquato finito, però, tra le braccia del
portiere. Buona metrica giambica a centrocampo, non esattamente
ritmica, degna, dunque, di un poeta di seconda fascia del circolo
neoterico augusteo della Bari imperiale, con un De Falco recuperato
dopo 6 mesi entrato subito in clima partita mostrandosi un gran
professionista, con Bellomo sempre lì, a dettare i tempi di gioco, e
con Romizi a far da elastico tra la difesa e l'attacco, sebbene con
qualche difficoltà.
Ma il vero problema di
oggi, apparso a tratti anche preoccupante, è stata la difesa,
soprattutto nel primo tempo, allorquando da quelle parti ad ogni
cross sopraggiunto, non saltava nessuno di testa, e quelle poche
palle, tutt'altro che natalizie, gravitanti come foglie carducciane
ingiallite e cadenti dalle parti di Lamanna, sembravano generare un
patema d'animo per tutti. Fortuna che Succi & C. han rinunciato a
colpire.
Il Cesena, poi, ha
preferito chiudersi piuttosto che riproporsi per ratificare il
vantaggio, scelta per la quale una squadra appena attrezzata (Spezia
docet) non avrebbe mai optato. E da questo atteggiamento si è capita
subito la differenza sostanziale tra le due squadre.
L'espulsione di Romizi,
poi, ha fatto suonare il campanello d'allarme al Bari anche perché,
in questi casi, è l'esperienza a fare la differenza e, come detto
prima, contro l'esperienza mista alla tecnica il Bari avrebbe perso
senza troppi indugi. Tante, infatti, le partite perse in questo modo.
Ma a causa dell'inconsistenza tecnica dei romagnoli, per fortuna, non
si è infierito.
E quando Bellomo ha
pareggiato, con una linea d'attacco la cui somma anagrafica faceva
appena 87 anni in 4, si è fatto fatica persino ad esultare tanto era
evidente il gap tra le due squadre: non era possibile, infatti,
soffrire contro questo Cesena quando, invece, si doveva vincere a man
bassa. Ma di questi tempi, grami, asciutti e densi di nubi, tutto
sommato, sia pur a denti stretti, un pareggio fuori casa non è da
buttar via se si considera che, comunque, il Cesena è squadra
retrocessa dalla A, che il Bari proveniva da un periodo decisamente
negativo e che, fino al 30 prossimo, la Torrente's Band dovrà
giocare ancora due gare. Mal comune, mezzo gaudio, insomma.
Quell'episodio da codice
penale di Rossi ha arretrato ulteriormente il baricentro cesenate di
Bisoli il quale, saggiamente, considerata la superiorità
tecnico-tattica del Bari che a tratti è risultato persino
divertente, ha levato dal campo Succi e Iori, le punte di un diamante
senza valore della squadra romagnola, per difendere il pareggio.
E solo a quel punto, la
partita è diventata molto combattuta con parecchi capovolgimenti di
fronte risultando il pareggio, tutto sommato, un punteggio giusto
anche se il Bari ha provato a fare qualcosa in più, sia con la
suddetta occasione di Defendi nel primo tempo, sia con Galano e con
Iunco, apparso in evidente sovrappeso anche se si è mosso, tutto
sommato, bene. Infatti, il Cesena si difendeva con ordine e ripartiva
senza produrre effetti particolari.
Sicuramente una reazione
c'è stata. Torrente, cambiando modulo, ha prodotto un cambio
sostanziale in campo con Sabelli, a cui un po' di riposo ha fatto
bene, libero di spaziare sulla destra ma che, però, non ha mai
affondato la lama. E con Fedato, invece (assist-gol per Bellomo a
parte) apparso, nel suo indubbio impegno, leggermente appannato. Per
lui ci vorrebbe un po' di panchina e tribuna, come per Bellomo e
Galano lo scorso anno, decisioni tanto criticate, senza ritegno, da
taluni scribani irrequieti caduti in disgrazia ed, invece, risultate vincenti
come scrivevo da tempo: solo così si matura al punto giusto. Ma,
purtroppo, le scelte forzate di Dolcenera non gli garantiscono
alternative valide da quelle parti. Speriamo non si bruci.
Scriveva Orazio che il
favore di un amico potente lusinga l'inesperto; chi ne ha esperienza
lo teme. Dunque, pareggio salomonico e buon Natale a tutti.
Si riprende a Santo
Stefano col Grosseto di Sforzini, uno dei tanti che ha scelto la
barba come nuovo look. Una volta c'erano i baffoni alla Manzin, poi è
stata la volta dei cappelloni alla Bagnato, La Torre e Braglia, poi
si è deciso per il carone cui Vialli ha fatto scuola; oggi pare vada
di moda portare la barba. Ne terrò presente.
Coraggio Dolcenera:
occorre non mollare perché un secondo miracolo, qui a Bari, è
possibile.
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