L'allenatore boemo, come
ho sempre scritto e detto, non potrà mai diventare un grande
allenatore in serie A. Troppi i gaps da superare per poter essere
competitivo coi soldati di regime che si prostrano al potere seduti
sulle panchine di squadre militanti nel campionatificio zeppo di
palloni sempre meno tondi e sempre più trapezoidali, ipocriti e
giudei per i miei gusti, palloni che brillano di luce non propria rotolanti
spinti da vite artificiali, da automatismi troppo vertiginosi perché
si possa parlare ancora di gioco del calcio.
Sia inteso: non voglio
parallelizzare, come Plutarco, il calcio di una volta con quello di
oggi, inutile sperare che si aprano i sepolcri di un calcio piolese,
riveriano, altafiniano o paroliano, occorre guardare avanti come è
giusto che sia anche se, come diceva Pasolini, non c'è futuro senza
il passato. E se mi occupo ancora di pallone è perchè sono spinto da quell'unica cellula pulita che ancora imperversa nel mio credo calcistico. Non sarà un caso che me ne occupi con metrica priva del numero di corner, degli assist e delle occasioni perdute, ma con parallelismi poetici e letterari. Ma anche canori pur senza snaturarne la sfericità del dio pallone.
Ma questo futuro
pallonaro sicuramente non può essere figlio di quello precedente. E'
un essere ibrido, nato dalla copulazione meretricea tutt'altro che deandreiana - poco Bocca di Rosa, insomma, e più
maitresse - chiamata Snai e l'ingordigia mista alla cupidigia
dantesca di calciatori e di scommettitori disinibiti celati sotto
false maschere di innocui professionisti, giornalisti in erba ma anche non, casalinghe irrequiete, calciatori, studenti, commercianti che
piangono eternamente miseria e che, dopo aver evaso per una vita il
fisco, si fanno passare per vessati ma che, tuttavia, la villa a Rosa
Marina o altrove, insieme alla barchetta ancorata in qualche porticciolo poco in vista, ce l'hanno sempre -
non si sa mai - e soprattutto disoccupati senza stipendio, insomma scommettitori di
tutti i tipi, dipendenti audaci inclusi che si fanno anticipare
persino il tfr pur di scommettere, tranne il sottoscritto, orgogliosamente, che non ha mai versato
un solo centesimo lì dentro ma che pure ha i suoi bei debiti per
questioni, però, più vitali.
Personaggi religiosamente
convinti che la Snai sia l'unica fede in cui sperare, altro che Gesù Cristo, Padrepio e la Madonnina che, fino a poco tempo fa,
almeno, apparivano qua e là come spettri su qualche muro meridionale
(mica sulle pareti della Val Brembana o della Valtellina e nemmeno in Val d'Aosta: solo da
Frosinone in giù con relativa costruzione orribile edificata in
onore del miracolo) mentre un rivolo, ora di sangue, ora di lacrima,
cadevan loro dagli occhi, giusto per manifestare il loro dolore per
questo mondo e che ora, chissà perché, non appaiono più.
Tutti scommettitori che
occupano le più svariate mansioni in questo maledetto paese dove la
corruzione è a guidare il timone e la Snai, carnefice di Zeman, attraverso i cittadini, aiuta a proliferare come insetti nei sottovasi in marzo ed aprile mettendosi persino in religiosa "queue" poco
english e molto italiota, sin dalle prime ore dell'alba nei negozi
dell'Iphone 19 o 23, meno che per i soliti eletti che riescono ad
averlo senza far code alcune. Ecco perchè rimarrò in eterno uno
sfigato e fuori da ogni contesto.
E Zeman con il suo
pirandelliano "fiore in bocca" che gli hanno pure vietato
quando è seduto in panchina, che sbuffa come una locomotiva
impazzita, con quella calma apparente che cela sicuramente l'ira di
dio, uno Jan Hus, celebre teologo riformatore boemo scomunicato dalla
Chiesa al pari di Zeman, fittiziamente scomunicato dal calcio
italiano, non riesce a trovar pace in questo calcio zeppo di invidie,
corruzione e scommesse dove un tiro parato male dal portiere, giusto
il tempo di far cadere il pallone puzzolente di bisca e farlo
calciare dall'avversario in gol - scenetta in reggicalze visibile
sulla statale delle scommesse del meretricio - varia mediamente dai
cinquanta ai centomila euro. Al pari di ogni partitella, anche quella
"abbasso al castello" tra rovi, topi, immondizie e blatte
le cui porte sono delimitate tra le mura millenarie del castello poco
svevo barese, dove ci si scommette, anche lì, una manciata di euro
tra ragazzini. Che schifo.
Limiti tecnici a parte
nei quali, da sempre, si intravede una chiara vocazione ad attaccare
piuttosto che a difendere ritengo che il buon Zeman sia adatto più
ad interpretare un ruolo di Maestro per i ragazzi che allenatore. Lui
non è un allenatore, non lo si può considerare tale. Vincere una
gara per 3-8 o perderla per 4-9 è sinonimo di follia erasmiana olandese pura, non di
saggezza calcistica.
Credo che peggio di lui
non ci sia nessuno: e basta con la storiella secondo cui dipende dai
giocatori a disposizione. Ovunque abbia accettato di andare (perché nessuno glie lo ha imposto), con i soldati che ha richiesto e che ha
reclutato in compagnia di Pavone, soldati bambini nati tra i campi
gramignacei ed orticari, poco propensi a leggere un libro, che
rischiavano di essere gettati dalla rupe tarpea della vita se solo
fossero rimasti a bazzicare nel "nulla re" trapanese o
acragantino, ma anche flegreo, per tutta la loro vita, ha subito
mediamente dai 50 ai 70 gol. Anche coi poco normodotati di scorza come Totti & C. Del resto, anche in A, negli anni precedenti, ha dimostrato di non essere all'altezza.
Sono da sempre convinto che lui possa
convivere bene in C, forse in B se trova i ragazzini sconosciuti
giusti, perché in B o in C le partite non potranno mai terminare con
8-9 gol di scarto tanto scarso è il rapporto tra categoria e
giocatori a disposizione.
In A, con una difesa alla
Zeman, è fisiologico far brutte figure. E poco importa che abbia
sputtanato il Palazzo. Per essere allenatore di Serie A, di questa
serie A costruita in cartapesta carnascialesca dove certe parole
blasfeme non sono mai troppe per descriverla, tra squilibri ed
equilibri, occorre pure parlar di meno, evitare le solite paturnie
contro tutto e tutti e badare più al calcio. Cosa, per cui, Zeman è
assolutamente incapace. A ciò si aggiunga che il boemo, ormai, è
prossimo alla pensione, dunque, margini di miglioramento non ve ne
sono.
Fossi stato in lui, come
tutti i grandi uomini, avrei evitato di accettare l'ennesima panchina
in A, avrei riconosciuto i miei limiti e non sarei andato incontro
all'ennesima figuraccia già scritta: il panettone? Io credo che di
questo passo non arrivi nemmeno al dolcetto o scherzetto del primo
novembre. E' l'incoscienza di Zeman.
E ribadisco: bravo,
unico, come Magister, come Maestro della Pietralata calcistica in C e
in parte della B, pessimo come allenatore in A. Al di la di qualsiasi 5-0 contro Stramaccioni o Montella cui andrà incontro, per cui - intendiamoci - non cambierò idea.
Sono coerente da sempre, vedi Torrente che difendo sin dal primo
momento a differenza di altri che solo adesso cominciano ad
adularlo: la coerenza non regala vittorie ma ti regala quel senso di
soddisfazione e di appagamento che, forse, nemmeno la propria donna riesce a darti.
Nessun commento:
Posta un commento