A Bari, si sa, è sport
olimpico mettersi in competizione col giornalista di turno, me in
particolare, attraverso la tastiera e, nascosti da improbabili
nickname, tendono, senza grande successo anzi risultando parecchio
ridicoli, a screditarlo(mi) attraverso storie fasulle costruite a
dovere come quella dei panzerotti che avrei consumato con Torrente,
oltre che insultarmi ed offendermi perché incapaci nell'interloquire civilmente col sottoscritto; ed è soprattutto sport olimpico saltare
su e giù dal carro dei vincitori.
Prima, lo scorso anno, i
Bravi baresi ne sono scesi delusi dalla retrocessione e dai
tradimenti di quattro balordi, poi, timidamente, in un estremo
cialtronesco gesto di coerenza, piuttosto che salirvi alle prime
striminzite vittorie e ai primi risultati prestigiosi di Torrente a
Torino e contro la Sampdoria o a Genova in Coppa Italia (mi piace
chiamarla così e non storpiarla in timcup), si sono aggrappati come
quei ragazzini baresi nemmeno decenni - si ricorderà - in canottiera
dietro le filovie che conducevan a Carbonara fino agli anni 70
scendendo definitivamente all’altezza delle prime ville patrizie in
stile liberty disseminate qua e là sulla “via di Carbonara”,
oggi nascoste dalla globalizzazione, e dove le famiglie baresi dal
nomen gentilizio importante di fine ‘800 inizio ‘900 si
rifugiavano per respirare aria pura quando in città si soffocava.
Si tratta di personaggi
che, dopo essersi immortalati in qualche instagram ipocritamente rappacificatore ad Alfedena e subito pubblicate su facebook, dopo
quante gliene hanno dette al povero Torrente nel corso dell’anno
trascorso, son risaliti sul carro ad inizio anno per "la maglia,
per la birra, per la città", salvo, poi, riscendere di nuovo
adesso a causa dei "cambi sbagliati", come se tra Fedato,
Grandolfo, Ristovski Hysembelliu, meglio conosciuto sotto il nome di
Fatmir, e Partipilo ci sia un abisso di differenza. Oppure criticando
l’uso di Defendi che è arrivato a Bari nel "pacchetto"
Masiello e che starà pure subendo un periodo di indubbia
involuzione, ma ai grezzi amanuensi sfugge il piccolo particolare che
coi suoi 28 anni garantisce, forse, un certo peso specifico in
termini di esperienza avendo incasellato circa 200 partite in B. Come
Claiton: non farà la differenza in difesa non essendo un
fuoriclasse, ma garantisce un minimo di esperienza necessaria là
dietro in una squadra garibaldina che, a detta della società, non
solo non verrà rinforzata a gennaio ma addirittura, per
sopravvivere, dovrà, forse, privarsi di qualche giocatore. Ma
nell'analfabetificio mediatico-giornalistico volto a cercar il capro
espiatorio ad ogni costo, la colpa è sempre e solo di Torrente.
Puntuale, dunque, come un
orologio svizzero ecco che s'ode il primo scoccar del cronometro che
segna l'inizio del travaglio dell'allenatore, già bello e infilzato
nel girarrosto mediatico barese in quanto unico responsabile del male
del calcio locale. Sicché come una bomba ad orologeria dei film di
James Bond, allo scoccare dello "00-00" visualizzato sul
display del cronometro, Torrente verrà indotto ad abbandonare. Ormai
qui a Bari funziona così. E di esempi ne potrei fare molti, non
ultimo Ventura costretto a dimettersi per la terza volta (e
definitiva) a gennaio dal rumor sinergico tra tifosi esagitati e
stampa, mica per voler di Matarrese che respinse ben due volte le
dimissioni volontarie a ottobre e a novembre 2010. Come noto: ma a
loro forse non era noto. Fermo restando che, secondo me, pur
rispettando i giudizi negativi (ma non condividendoli) di taluni
tifosi nei suoi confronti e pur sorvolando sull'antipatia di taluni
verso l'ex tecnico quali motivazioni sufficienti per spodestarlo,
Ventura andava sollevato dall'incarico sin da novembre, come ho
sempre scritto pur difendendolo dalle ingiuste critiche di parecchi
tifosi che lo vogliono per forza coinvolto nel calcio scommesse, a
differenza della giustizia.
A Bari la simpatia è parente alla goccia. Dicitur
nella suburra barese. E qui si vive di simpatie ed antipatie. Mica si
valuta il lavoro o si analizzano le scelte. Del resto all'ateneo di
Conversano i docenti spiegano così il calcio. Conversano non è
Coverciano quantunque la radice etimologica possa sembrare identica.
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