Nel penultimo giorno di
questo ennesimo annus horribilis per l'umanità intera e, tutto
sommato, felice per la società del Bari che si barcamena, da un
paio d'anni a questa parte, con ferma talassocrazia nei mari
mediterranei pallonari poco dolci rischiando il naufragio da un
momento all'altro ma, per fortuna, sapientemente, diligentemente e
dignitosamente evitato dai vogatori omerici di Via Torrebella, mentre
Rita, la Fata Turchina ultracentenaria per eccellenza dalle rughe più
belle e più tenere del mondo tra i cui rivoli si incuneavan
soavemente alvei di dolcezza e di scienza allo stato puro decideva di
lasciare, per sempre, questa terra scarnificata dal dolore e
sovrastata da cattiveria, imbecillità, presunzione ed arroganza
diffuse, la più terrena E Street Band di Torrente non è riuscita ad
espugnare la Platea del "Tombolato", campo sportivo con
orizzonti palladiani in bella visione al posto delle tribune, di
Cittadella, una civitas molto simile a Palmanova, rinchiusa nel suo
cuore antico tra mura medievali di rara bellezza.
E nonostante l'1-1 sia da
ritenersi un risultato, tutto sommato, giusto, si sa quanto sia
oggettivamente difficile far breccia tra quelle porte - le ennesime -
quando paion potenzialmente vulnerabili, se ai ragazzi baresi, pur
mostrando stralci di evidente superiorità nel gioco risultando, a
tratti, persino belli come quel lembo di costa tranese che guarda
Bisceglie e che va sotto il nome di Colonna (ma quello di un tempo,
però, mica quello odierno cementificato), gli manca l'ariete
indispensabile per scaraventare giù le porte dai ponti girevoli in
legno delle difese altrui. Nemmeno l'irruenza di Dolcenera, quella
vera - quella descritta da De Andrè nell'omonima canzone in cui
descriveva le improvvise inondazioni torrentizie che spazzavan (e che
spazzan tuttora) tutto ciò che capita sotto tiro a Genova durante i
disastrosi celeberrimi acquazzoni - è riuscita a travolgere i
veneti, nonostante fosse per l'ennesima volta in superiorità
numerica.
Stanchezza collettiva uno
dei motivi che - è appena il caso di precisare - non è simile a
quella delle altre squadre tra le cui fila combattono, tout-court,
opliti spartani abituati alle Maratona e alle Termopili di una B
ultracentenaria per la quale non si è mai sentita la necessità di
fermarsi per un mese, ma trattandosi, di fatto, di una stanchezza di
soldatini, forse, più ateniesi e, dunque, poco abituati alla
μάχη, a cui va ad
aggiungersi quella partenza a razzo, inusitata, resasi peraltro
necessaria per azzerare subito l'odioso gap di classifica generato da
colpe altrui, riuscendoci alla grande, anzi, stabilendo un record
unico tra tutte le partenti con penalità.
Poi
ci sarebbe, tra le responsabilità, la mancanza del tasso
d'esperienza necessario per vincere certe gare come quella di oggi
(ma anche quella di Cesena), tasso latitante che pesa come un macigno
nell'economia della gara perchè in campo, oggi, ci saranno andati,
pure, gli "over" 27 ma, di fatto, non son riusciti ad
illuminare d'immenso l'infinito torrentiano necessario per uscire
vincitori. Come altrove, quando si sarebbero potuti espugnare campi
di battaglia con meno sofferenza.
Ed
in ultimo, vi sono i limiti vistosi nei reparti misti ad improvvisa
ed inopportuna individualità personalistica di taluni: l'attacco, ad
esempio, dove, buona volontà, impegno, apporto più che sufficiente
ed alibi vari a parte, non sembra, fino adesso, nei loro personaggi
rappresentativi, risultare determinante nel rapporto
costruzione-resa: Caputo, ad esempio, manifesta i soliti limiti nei
momenti topici, salvo casi eccezionali, mostrandosi, sì, un buon
centravanti da media serie B ma che, al pari di Iunco, da tempo
troppo individualista e che non tira quasi mai in porta, viene meno
ogni qualvolta c'è da lasciare il segno; così Galano, anch'egli
egoista, che appare in un momento di chiara involuzione dopo una
buona partenza, assist per Bellomo in complicità col portiere Cordaz
a parte.
Con
il centrocampo che, da tempo, non riesce a reggere il ritmo nel
secondo tempo, ed una difesa solo a tratti affidabile ma, spesso,
disattenta, priva di un vero leader a suonare la carica e a regalar
sicurezza là dietro. Errori a parte, si intende.
Ecco,
se si sommano tutte queste caratteristiche, alla fine, si comprende
il motivo per il quale, la squadra barese, rivisitata con saggezza ed
anche con parecchio coraggio nei suoi cambi e nei moduli alternativi
proposti da Torrente, non riesce quasi mai a dare il colpo di grazia
ogni qualvolta ne capita la possibilità. Non si può mica sperare di
giocare fino a giungo in superiorità numerica, d'altronde.
Del
resto, quello che doveva fare, Dolcenera, lo ha fatto. Doveva
mettere Galano, lo ha messo; ha levato Claiton apparso in difficoltà
su Maah il quale è arrivato al tiro per ben cinque volte, le uniche
del Cittadella, oltre all'occasione pericolosa sul finale di
Schiavon, e per ben quattro volte Lamanna, finalmente superlativo, ha
mostrato la sua indiscussa bravura. Ha osato nel secondo tempo
mettendo 4 punte cambiando qualcosa a centrocampo rendendolo ancor
più dinamico avanzando il baricentro in avanti ma purtroppo, più di
tanto, solo i taumaturgi riescono a fare. E Torrente, già di per se
in odor di santità per quel che sta facendo a Bari in un momento
difficile per il club del galletto, deve attendere la giuria del
Vaticano per l'aureola definitiva.
Era, come a Cesena, una partita da vincere anche per le dinamiche
susseguitesi (espulsioni e superiorità numerica). Ma non è parso
che Torrente abbia avuto responsabilità. Quella è la squadra,
ragazzi, e ha ragione l'allenatore a mostrarsi contrariato per la
prestazione ma soddisfatto, si fa per dire, per il solo risultato
che, se non altro, incasella il terzo utile consecutivo dopo un
periodo nero. Una mini serie da perfetta media inglese che per una
squadra i cui obiettivi striminziti sono quelli di una salvezza
dignitosa con sguardo sulla finestra del cortile della zona che
conta, è tantissimo.
Mentre il Lanciano si
aggiudicava l'ennesima, forse la sesta, vittoria con una squadra
prestigiosa dopo le due vittorie e i due pareggi altrettanto
prestigiosi fuori casa.
Speriamo che il 2013 sia meno oneroso del 2012 per tutti tanto da non doverlo rimpiangere, ma soprattutto, speriamo che porti agli amanuensi difficili che han sminuito il valore di quella
vittoria, insieme a qualche altro poco normo dotato di scorza, un
anno di redenzione.
Ho, tuttavia, i miei
dubbi.
Auguri a tutti. O quasi.
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