Nel penultimo giorno di
questo ennesimo annus horribilis per l'umanità intera e, tutto
sommato, felice per la società del Bari che si barcamena, da un
paio d'anni a questa parte, con ferma talassocrazia nei mari
mediterranei pallonari poco dolci rischiando il naufragio da un
momento all'altro ma, per fortuna, sapientemente, diligentemente e
dignitosamente evitato dai vogatori omerici di Via Torrebella, mentre
Rita, la Fata Turchina ultracentenaria per eccellenza dalle rughe più
belle e più tenere del mondo tra i cui rivoli si incuneavan
soavemente alvei di dolcezza e di scienza allo stato puro decideva di
lasciare, per sempre, questa terra scarnificata dal dolore e
sovrastata da cattiveria, imbecillità, presunzione ed arroganza
diffuse, la più terrena E Street Band di Torrente non è riuscita ad
espugnare la Platea del "Tombolato", campo sportivo con
orizzonti palladiani in bella visione al posto delle tribune, di
Cittadella, una civitas molto simile a Palmanova, rinchiusa nel suo
cuore antico tra mura medievali di rara bellezza.
Editoriali, articoli e paturnie varie dedicate al calcio, alla cultura e non solo.
30 dicembre 2012
26 dicembre 2012
Maremma maiala: Vittoria al fotofinish
Si tornava all'antico.
Finalmente. 40 anni fa non c'era Natale o Santo Stefano che
tenessero. Si giocava e basta se coincideva di domenica. Con buona
pace degli avanzi della due giorni culinaria precedente. Infondo il
calcio è sempre stato uno spettacolo e i loro personaggi, sebbene
con le scarpette ai piedi e non con i costumi del contesto, son
sempre degli artisti (forse degli attori, calza meglio) nel quale è
previsto un canovaccio, un regista, un inizio ed un finale. Dunque,
pur comprendendo l'inopportunità di certe scelte dettate dalle tv,
trovo che si debba intravedere il bicchiere mezzo pieno in certi casi
come questo, e non demonizzarne la scelta. Infondo, non si pretendeva
di tornare ad un calcio all'antico? Eccolo!
23 dicembre 2012
Dolcenera, tra un Epode Oraziana e una piadina romagnola
Volendo analizzare le due
squadre scese in campo oggi in Romagna si potrebbe parlare di due
opposte fazioni nella loro dinamicità. Il Cesena, squadra esperta di
categoria, ma assolutamente scarsa in tecnica, vulnerabilissima, e
che una volta rimasti in 9 mai e poi mai avrebbe potuto superare i
galletti; il Bari nettamente più forte tecnicamente ma privo di quel
peso specifico in termini d'esperienza che mai, come oggi, sarebbe
servito per mettere nel tostapane le insipide piadine romagnole ebbre
di lambrusco e satolle di culatello, ultimamente in conflitto con la
vittoria da ben 9 turni, dandole il fisiologico colpo di grazia.
Dopo il primo gol subito
a freddo grazie alla solita, puntuale, disattenzione difensiva col
concorso di colpa tra Lamanna e Dos Santos i quali han fatto a gara
per non prendere il pallone sul corner, il Bari ha cominciato a
prendere campo, sia pur timidamente, senza tuttavia mostrarsi
pericoloso: solo Defendi, oggi apparso in buona forma, ha tentato il
pareggio con un tiro arquato finito, però, tra le braccia del
portiere. Buona metrica giambica a centrocampo, non esattamente
ritmica, degna, dunque, di un poeta di seconda fascia del circolo
neoterico augusteo della Bari imperiale, con un De Falco recuperato
dopo 6 mesi entrato subito in clima partita mostrandosi un gran
professionista, con Bellomo sempre lì, a dettare i tempi di gioco, e
con Romizi a far da elastico tra la difesa e l'attacco, sebbene con
qualche difficoltà.
Ma il vero problema di
oggi, apparso a tratti anche preoccupante, è stata la difesa,
soprattutto nel primo tempo, allorquando da quelle parti ad ogni
cross sopraggiunto, non saltava nessuno di testa, e quelle poche
palle, tutt'altro che natalizie, gravitanti come foglie carducciane
ingiallite e cadenti dalle parti di Lamanna, sembravano generare un
patema d'animo per tutti. Fortuna che Succi & C. han rinunciato a
colpire.
Il Cesena, poi, ha
preferito chiudersi piuttosto che riproporsi per ratificare il
vantaggio, scelta per la quale una squadra appena attrezzata (Spezia
docet) non avrebbe mai optato. E da questo atteggiamento si è capita
subito la differenza sostanziale tra le due squadre.
L'espulsione di Romizi,
poi, ha fatto suonare il campanello d'allarme al Bari anche perché,
in questi casi, è l'esperienza a fare la differenza e, come detto
prima, contro l'esperienza mista alla tecnica il Bari avrebbe perso
senza troppi indugi. Tante, infatti, le partite perse in questo modo.
Ma a causa dell'inconsistenza tecnica dei romagnoli, per fortuna, non
si è infierito.
E quando Bellomo ha
pareggiato, con una linea d'attacco la cui somma anagrafica faceva
appena 87 anni in 4, si è fatto fatica persino ad esultare tanto era
evidente il gap tra le due squadre: non era possibile, infatti,
soffrire contro questo Cesena quando, invece, si doveva vincere a man
bassa. Ma di questi tempi, grami, asciutti e densi di nubi, tutto
sommato, sia pur a denti stretti, un pareggio fuori casa non è da
buttar via se si considera che, comunque, il Cesena è squadra
retrocessa dalla A, che il Bari proveniva da un periodo decisamente
negativo e che, fino al 30 prossimo, la Torrente's Band dovrà
giocare ancora due gare. Mal comune, mezzo gaudio, insomma.
Quell'episodio da codice
penale di Rossi ha arretrato ulteriormente il baricentro cesenate di
Bisoli il quale, saggiamente, considerata la superiorità
tecnico-tattica del Bari che a tratti è risultato persino
divertente, ha levato dal campo Succi e Iori, le punte di un diamante
senza valore della squadra romagnola, per difendere il pareggio.
E solo a quel punto, la
partita è diventata molto combattuta con parecchi capovolgimenti di
fronte risultando il pareggio, tutto sommato, un punteggio giusto
anche se il Bari ha provato a fare qualcosa in più, sia con la
suddetta occasione di Defendi nel primo tempo, sia con Galano e con
Iunco, apparso in evidente sovrappeso anche se si è mosso, tutto
sommato, bene. Infatti, il Cesena si difendeva con ordine e ripartiva
senza produrre effetti particolari.
Sicuramente una reazione
c'è stata. Torrente, cambiando modulo, ha prodotto un cambio
sostanziale in campo con Sabelli, a cui un po' di riposo ha fatto
bene, libero di spaziare sulla destra ma che, però, non ha mai
affondato la lama. E con Fedato, invece (assist-gol per Bellomo a
parte) apparso, nel suo indubbio impegno, leggermente appannato. Per
lui ci vorrebbe un po' di panchina e tribuna, come per Bellomo e
Galano lo scorso anno, decisioni tanto criticate, senza ritegno, da
taluni scribani irrequieti caduti in disgrazia ed, invece, risultate vincenti
come scrivevo da tempo: solo così si matura al punto giusto. Ma,
purtroppo, le scelte forzate di Dolcenera non gli garantiscono
alternative valide da quelle parti. Speriamo non si bruci.
Scriveva Orazio che il
favore di un amico potente lusinga l'inesperto; chi ne ha esperienza
lo teme. Dunque, pareggio salomonico e buon Natale a tutti.
Si riprende a Santo
Stefano col Grosseto di Sforzini, uno dei tanti che ha scelto la
barba come nuovo look. Una volta c'erano i baffoni alla Manzin, poi è
stata la volta dei cappelloni alla Bagnato, La Torre e Braglia, poi
si è deciso per il carone cui Vialli ha fatto scuola; oggi pare vada
di moda portare la barba. Ne terrò presente.
Coraggio Dolcenera:
occorre non mollare perché un secondo miracolo, qui a Bari, è
possibile.
15 dicembre 2012
Bari Novara: ancora una volta a vincere è l'esperienza
Indubbiamente è un
momento che gira tutto storto al Bari. Non gira nessun reparto. Tutto
va male, manco quel po' di “popò”, che ci vuole sempre in certi
casi, fa capolino nella rosa di Torrente. A questo si aggiunga che
l'inesperienza non paga mai, anzi illude e danneggia quanto di buono
è stato fatto fino adesso, poi si aggiungano il solito squalificato
inopportuno a centrocampo, ed il puntuale, maledetto, mal di schiena
improvviso che ha deciso di colpire attraverso una strega beneventana la
spalla di Dos Santos in mattinata, unico giocatore che - se non altro
- avrebbe garantito sulla linea maginot difensiva un giro di lampada
tungstenata nel faro della difesa, e si tirino le somme per la terza
sconfitta in casa.
Non sarà un caso che la
squadra abbia subìto ben 9 gol in tre gare (oggettivamente troppi)
con soli 9 tiri in porta senza mai subire, nettamente, l'avversario. Fa eccezione la gara col Sassuolo che, essendo una "grande", ha dimostrato il suo valore pur senza vincere.
Errare, per questi
ragazzi, a cui manca un punto di riferimento in campo, ci sta, ma che
perseverino in errori individuali, no. Cui prodest l'ecumenismo
torrentiano? Allora vuol dire che i limiti son tanti e troppi. Al di
la del rigore preceduto da un fallo di mano novarese.
E inventarsi qualcosa
risulta oggettivamente difficile atteso che, secondo il
Torrente-pensiero, gettare nella mischia il primo “Altobello” di
turno, appare alquanto improbabile ancorchè rischioso in quanto lo stesso bravo
giocatore correrebbe il rischio di bruciarsi come un fiammifero senza
stelo: ricordate Armenise junior una decina d'anni fa? Ecco. Solo che
in quell'epoca, ad allenare, non era un Maestro di giovani, ma un
veterano. Lacune e limiti del giocatore, figlio d'arte, a parte, si
intende.
Una partita strana oggi,
d'altri tempi, con un primo tempo da sbadigli ed una ripresa più
pirotecnica; poi quei due fasciati in testa, lì, col sangue grondante ed un bernoccolo grande quanto una collina (sulla testa del novarese) han completato
l'immagine crepuscolare di un calcio antico in bianco e nero, in
stile Bari Novara, insomma, match giocato per l'ultima volta 40 anni
fa con la testa pelata di Udovicich a far da badante.
Si è vista una squadra,
quella del Novara, entrata in campo con la mentalità di Rocco che ha
badato a chiudersi a centrocampo ed in difesa in maniera perfetta,
bloccando ogni iniziativa a centrocampo mostrando quell'esperienza
necessaria (che i piemontesi hanno da vendere anche se l'esperienza
non sempre fa pendat coi risultati) ma che è risultata efficace al
cospetto di una squadra che faceva tenerezza solo nel leggerla in formazione, molliccia e, di conseguenza, senza idee. E coi giocatori
contati, con ragazzi inesperti ed affidati solo all'estro di Fedato,
giocatore che non può permettersi nemmeno il “lusso” di crescere
tra panchina e tribuna, con altri ancora da far crescere, non credo
che Torrente avrebbe potuto fare di più.
Senza dimenticare che,
pur volendo reagire, bastava rivolgersi in panchina per arrendersi:
Partipilo e Visconti, generosi giocatori quanto si vuole che aspettano il loro
momento di gloria come si aspetta Godot, erano le alternative sedute lì, giocatori
bravi, ma assolutamente inadeguati per porre rimedio a situazioni
quasi compromesse. Non può mica spostare sempre il corazziere
quirinalesco Borghese in attacco. Diamine.
A questo aggiungiamoci il
fatto che la Bari di oggi è risultata la squadra più giovane del
torneo con giocatori che, mediamente, variavano dall'88 al '94 tanto
che i più anziani son risultati Borghese e Caputo. Insomma, un
Bari-Primavera gettato nella Platea della serie B, senza un
“Bogliacino” o un “Donati” quantunque al 30%. Macchè. E
senza un uomo carismatico, non si va da nessuna parte.
Qualcuno ha chiesto come
mai Sabelli non fosse nemmeno tra i convocati: facile. Il romano,
proprio in quanto tale, necessita del solito bastone perchè le
carote devono avergli fatto male. Questo il Torrente-pensiero. E fa
bene. Del resto, se Bellomo e Galano, oggi, sono in nazionale, è per
la gestione oculata dei due lo scorso anno tra panchina, tribuna e,
talvolta, in campo. Mica per altro.
Fare un gol - anzi un
eurogol - a Pescara non vuol dire automaticamente proclamarsi
intoccabile, soprattutto se si è ruspanti e si ha fretta di
arrivare. Ma questo, si sa, lo capiscono in pochi, mica tutti. Gli
altri avrebbero anteposto la bruciature dei due all'oculatezza
torrentiana. E lo scorso anno, di questa gente che blaterava autoincensandosi di sapienza calcistica, ce n'era tanta. Oggi,
la stessa gente, con la coda tra le gambe, applaude i giocatori e Torrente. A Bari funziona
così. Purtroppo.
E poi ci si lamenta sul
perchè, Torrente, non “mette” a Borghese, ultimamente
determinante per gli avversari, al posto di Ceppitelli, e Ceppitelli
al posto di Borghese: Bari Novara ha dato le risposte. Almeno per i
tifosi dotati di scorza e di un minimo di raziocinio, mica per gli
altri succitati.
Anche Lamanna sembra in
un momento involutivo, è fuori dubbio, ma è appena il caso di
ricordare che lo stesso portiere ha salvato moltissimi gol fino
adesso, oltre ad aver parato un rigore decisivo al 93' a Crotone. Ma,
chissà, qualche turno di riposo potrebbe fargli senz'altro bene.
Come per altri giocatori.
Occorre reagire. Occorre
recuperare Dos Santos per Cesena confidando sul non smantellamento
della squadra che, certamente, rimarrà così com'è, anzi, si
rinforzerà con i rientranti Iunco, Ghezzal e, soprattutto, con De
Falco, già disponibile per Cesena.
Così come occorre che
quei pochi tifosi di curva dello stadio più inutile e dispersivo del
mondo, piuttosto che pensare all'antimatarresismo, pur comprensibile,
pensi a supportare i ragazzi durante la gara e non limitarsi ad
applaudirla alla fine. Perchè così facendo, tutte le squadre si
sentiranno autorizzate ad osare nella landa desolata bitrittese, espugnandola, peraltro su un campo divenuto nuovamente di ortaggi. Si fossero
comprati, con quei 140 mila euro necessari per rimetterlo a posto, un
buon difensore ed un discreto attaccante. Almeno.
Forza e coraggio,
Dolcenera, e forza ragazzi e forza tutti i dirigenti e i dipendenti:
state attraversando un momento negativo e come per tutti i momenti
negativi ne seguirà uno più positivo: e lì che vi giocherete la
vita della salvezza, ovvero il secondo miracolo torrentiano.
8 dicembre 2012
Esperienza batte Inesperienza 3-2 davanti alla Collina dei Poeti
Sapete qual'è la
differenza tra il Bari e le altre squadre di B? Che le altre squadre,
nel momento del bisogno, sostituiscono il Sansovini di turno con
l'Okaka sempre di turno, ovvero con un attaccante (sebbene in
evidente sovrappeso) di categoria, mentre il Bari lo sostituisce con Borghese (difensore con l'hobby del gol al 95') e/o Visconti, giocatore straordinario nella sua dignità panchinara in cerca di spazi per mostrare quanto vale. Che qualcuno glielo faccia notare a quanti, ancora, nella
loro sempiterna stravagante ignoranza lessicale, son convinti che sia
colpa di Torrente. Fermo restando che lo stesso allenatore, non
essendo un messia e nemmeno un mago (tutt'al più un taumaturgo), può anche inciampare, talvolta,
in qualche fisiologico errore. Ma oggi non mi pare ne abbia commessi, così come in altre occasioni.
Si può sintetizzare così
il campionato altalenante della squadra di Dolcenera Torrente, tra
l'altro decisamente sfortunato ogni qualvolta mette piede in Liguria,
tra il 2-0 contro la Sampdoria e il 3-2 contro il "suo"
Genoa nello scorso anno in Coppa Italia, e tra lo stesso risultato, oggi, a La Spezia nel
derby geograficamente levantino. C'è niente da fare: le trofie col pesto fumanti,
proprio, non riesce a digerirle.
Peccato perché il Bari ha regalato
un tempo (il primo) agli avversari a causa del baricentro troppo basso, mentre ha cambiato passo nel secondo, entrando con l'approccio giusto,
beccando un palo e risultando più pericoloso anche senza devastare e
brillare come col Sassuolo. Insomma, non il solito Bari che piace a Torrente.
Ritengo, tuttavia, che se
Borghese alla fine avesse messo dentro quel pallone, la squadra
barese non avrebbe rubato nulla considerato che lo Spezia non è che abbia, poi, strafatto in occasioni gol. Lamanna, infatti, è risultato
inoperoso se non fosse stato per i 3 gol di troppo subiti.
Ma ormai è una costante:
gli avversari, contro il Bari, decidono di mettere in pratica la
filosofia epicurea che forse Dolcenera conosce bene essendo campano
in quanto prese corpo proprio sotto il Vesuvio. Ottenere il massimo
risultato col minimo sforzo, infatti, è il loro obiettivo: un tiro, due tiri,
tre tiri in porta corrispondo quasi sempre ad un gol, due gol, tre gol, ma soprattutto a tre
punti.
Entrando nello specifico,
guardando la partita dal Collina dei Poeti da dove si osserva uno
spettacolo unico, con Portovenere all'angolo, le isole di Palmaria e
del Tino lì di fronte a macchiar come baci perugina il confine tra i due mari, e con un
forte odor di Toscana, il Bari del primo tempo si è mostrato
imballato, duro come il marmo della vicina Carrara, che con Massa fa
pendant, perdendo quasi sempre il pallone a centrocampo con un
Romizi, oggi, poco ispirato tanto che Torrente lo ha tolto dal campo
nel secondo tempo (e ha fatto bene), e coi difensori apparsi troppo
ispirati dal poetismo del Golfo spezzino piuttosto che badare al
sodo, tanto che non sono mai saltati sull'avversario nei cross,
soprattutto su quelli che han generato i gol, rigorosamente di testa.
Se a questo ci
aggiungiamo il consueto fermo biologico del buon Ceppitelli il quale,
piuttosto che rischiare un'espulsione, preferisce dar terreno a
Sansovini (come a Castellammare e come in un'altra occasione finita,
però, bene per il Bari), allora si comprende la genesi della
sconfitta. E sia detto col massimo rispetto per il ragazzo che
risulta uno dei più affidabili in difesa.
La verità, oltre a
quella citata all'inizio, è che questa squadra, quando crede che
stia per voltar la pagina della competitività e della maturazione, fa rimanere la stessa pagina ferma sul libro.
Manca quell'esperienza
giusta per dare equilibrio alla squadra. Quello stesso equilibrio che
dava peso specifico alla squadra lo scorso anno quando, pur
mostrandosi meno belli, glielo garantivano, sia pur al 20%, i vari Bogliacino,
De Falco, De Paula e Donati i quali, insieme alla saggia gestione di
Bellomo e Galano tra panchina, tribuna e terreno di gioco, è
risultata l'arma del primo miracolo targato Torrente dal momento che nessuno, meno me, avrebbe scommesso un centesimo bucato sul dignitoso piazzamento: chi mi segue sa che ad agosto scorso scrissi e dissi da qualche parte, percependolo a pelle, che avrei previsto un piazzamento nella parte di sinistra della classifica. Scripta manent.
Quest'anno manca il
giocatore carismatico che "fa spavento" solo e leggerlo,
agli avversari. Lo scorso anno, ricordo,
quando venivano fornite le formazioni ai colleghi nelle tribune
stampa dei vari stadi, gli stessi, nel leggere Bogliacino in
formazione, rimanevano quasi intimoriti solo a leggerlo. Quest'anno,
gli stessi colleghi, leggono, invece, Fedato. Sia detto anche questo,
ovviamente, con tutto il rispetto per il funambolo ed estroso giocatore che pure, oltre a straordinarie giocate spettacolari, dà l'anima in campo ogni qualvolta è chiamato a rispondere a
Torrente ma che ha pur bisogno di crescere bene senza pressioni, pena
inevitabili passi indietro.
E poi c'è qualcuno che,
forse stimolato dal blatero dei forum dove - si sa - non se ne azzecca
mai una e dove si sfogano le proprie frustrazioni nascosti dietro
improbabili nickname, chiosa - quasi fosse colpa di qualcuno in particolare - che qualche giocatore della rosa possa essere ceduto a gennaio.
Poveri illusi: che rimangano nella loro convinzione dal momento che
trovo improbabile (per fortuna) che qualche squadra di serie A, per
rinforzarsi, possa pensare di farlo con giocatori baresi che, invece,
vogliono essere rinforzati di proprio.
La pillola di Mary
Poppins è riuscita, tuttavia, ad andar giù con maggior facilità
atteso che, quando si perde - se non altro - si perde in piedi e tra gli
applausi. Cosa che, spesso e volentieri, non accadeva in altre
epoche. E se la squadra perde tra gli applausi e i complimenti di
tutti (quantunque oggi, come scritto, il Bari non ha giocato bene nel
primo tempo), magari davanti al Golfo dei Poeti, l'idea del possibile
secondo miracolo a Bari griffato Torrente, ovvero quello della
salvezza, si può considerare ancora percorribile.
Nonostante il blatero di taluni che, magari adesso, nell'esercizio della loro arringa anti-torrentiana, diranno "ma perchè non hai messo a Borghese sin dal primo minuto?" Perchè, poi, posto che i gol li avesse pure evitati il Martin quirinalesco grazie alla sua altezza, e se Sansovini avesse segnato di piede, avrebbero detto: scusi, Mister ma perchè lo ha fatto giocare a Borghese?".
A Bari, non tutti per fortuna, son così. Per questo non si cresce mai. Imbecillità dei pochi a parte, ovviamente. Perchè questa non è critica, ma avversione, prevenzione sciocca e generata da idiozia, verso Torrente. E son due cose diverse.
Nonostante il blatero di taluni che, magari adesso, nell'esercizio della loro arringa anti-torrentiana, diranno "ma perchè non hai messo a Borghese sin dal primo minuto?" Perchè, poi, posto che i gol li avesse pure evitati il Martin quirinalesco grazie alla sua altezza, e se Sansovini avesse segnato di piede, avrebbero detto: scusi, Mister ma perchè lo ha fatto giocare a Borghese?".
A Bari, non tutti per fortuna, son così. Per questo non si cresce mai. Imbecillità dei pochi a parte, ovviamente. Perchè questa non è critica, ma avversione, prevenzione sciocca e generata da idiozia, verso Torrente. E son due cose diverse.
1 dicembre 2012
Bari Sassuolo quasi come Italia Germania 4-3
Una grande partita. E se
non fosse stato per Ciccio Caputo, poco ci è mancato che la
accomunassi ad Italia Germania 4-3. Si, davvero una gran bella gara,
una di quelle che ti riconciliano col calcio e getta dalla Rupe
Tarpea tutti i brutti pensieri, le bastardaggini e le cattiverie
accumulate fino adesso. Ben gli sta al resto degli spettatori che
oggi hanno disertato lo stadio relegando a solo 801, felici e
satolli per la pirotecnica partita, il numero dei paganti, record per
quest'anno.
25 novembre 2012
Nel "o tempora o mores" del tifo, Dolcenera vince ancora
Succede da sempre,
soprattutto nel Bari, che dalle avversità fuoriesce sempre il meglio
di ciò che il destino prevede. Per dirla alla De Andrè "dai
diamanti non nasce niente, è dal letame che nascono i fior",
laddove il letame non è certo trasfigurabile nella rosa biancorossa,
anzi, piuttosto nella situazione kafkiana che regna sovrana in Via
Torrebella ma che, con grande dignità e solerzia, si tende a portare
avanti nonostante l'imbecillità umana transustanziatasi, oggi, in
curva perché contestare i Matarrese lo si può pur capire (anche se mi
piacerebbe sapere, una volta andati via, chi potrà esserci dopo di
loro, senza con questo dimenticare gli enormi errori commessi, negli anni, dalla
Famiglia con una gestione troppo frettolosa dei giocatori e dei conseguenti treni della
gloria perduti come gli orizzonti poetici), ma contestare il Dott. Garzelli per
aver proferito frasi, secondo le quali, se la situazione finanziaria fosse continuata così, ci si sarebbe dovuto preparare al peggio (possibile cessione di
qualche pezzo pregiato volta alla sopravvivenza) - frasi peraltro
cripticamente confermate da Antonio Matarrese in una intervista
parallela sulla Gazzetta di oggi allorquando, ad una precisa domanda
relativa a cosa avrebbe fatto il Bari al mercato di gennaio, il Dott.
Matarrese ha risposto sic et simpliciter che "l'unica cosa che
può fare quando servono i soldi" - ma di fatto mai confermate ed anzi smentite dal Direttore Angelozzi, frasi che, tutt'al più, volevano suonare come un campanello d'allarme a causa della nota idiosincrasia al Bari calcio dell'imprenditoria locale, vuol dire essere arrivati
davvero alla follia umana.
Forse costoro dimenticano
che Claudio Garzelli, ex portiere si, ma soprattutto uomo colto, preparato, economista doc, uomo che sa di calcio come pochi e che in questo mondo pallonaro marcio parla correttamente l'italiano senza sbavature od espressioni banali sgrammaticate dando l'idea di essere un marziano
atterrato in questo pianeta viscido e sporco, obtorto collo, ha
salvato il Bari per tre anni consecutivi dalla sparizione certa,
grazie alla sua professionalità nel gestire una situazione
societaria divenuta impossibile.
Ben gli sta, dunque, a Claudio Garzelli, a districarsi nella selva oscura che si è presentata al suo arrivo a Bari, ad intrecciare rapporti con banche, Equitalia, Agenzia delle Entrate, Uffici del Lavoro, Procure della Repubblica varie, puntate in Lega per difendere la società dimenticando il suo lavoro principale, vale a dire, quello di Direttore Generale, prima, e di Amministratore Delegato dopo: o tempora o mores. Al peggio, davvero, qui a Bari, non c'è mai fine. E' bene che qualcuno li informi costoro.
Ben gli sta, dunque, a Claudio Garzelli, a districarsi nella selva oscura che si è presentata al suo arrivo a Bari, ad intrecciare rapporti con banche, Equitalia, Agenzia delle Entrate, Uffici del Lavoro, Procure della Repubblica varie, puntate in Lega per difendere la società dimenticando il suo lavoro principale, vale a dire, quello di Direttore Generale, prima, e di Amministratore Delegato dopo: o tempora o mores. Al peggio, davvero, qui a Bari, non c'è mai fine. E' bene che qualcuno li informi costoro.
Tornando alla gara, a
proposito di De Andrè, storico tifoso del mitico Grifone, durante un
concerto confessò la sua fede rossoblu, ma soprattutto confessò che
nella sua formazione ideale del Genoa di tutti i tempi, tra Aguilera Signorini e Skuravy, era imprescindibile la presenza di Dolcenera Torrente.
Del resto, dal poeta della canzone per eccellenza al quale, come
noto, spesso mi ispiro per i miei struggenti resoconti sul calcio
barese selettivi, dal Trenet della canzone italiana, non poteva che attendersi una affermazione saggia quale, appunto, è questa.
Ed oggi, Dolcenera
Torrente, ha colpito ancora. Soprattutto ha colpito quella sua
determinazione mista a quella felice ottusità che fa l'occhiolino
alla coerenza tipicamente torrentiana nel gettare nella mischia una
banda di ragazzuoli la cui età media variava tra il primo e secondo
tempo, tra i 19 e i 20 anni a causa dell'ingresso di Defendi che ne
ha alzato la media. Saranno rimasti male i soliti, pochi, mentecatti
tifosi eretici che vedevano la sua entrata come l'inizio della fine.
Insomma, un ritorno al
passato per Vincenzo Torrente che come nelle sue precedenti
esperienze dove ha vinto tutto coi ragazzi, dopo non aver subito gol
a Lanciano, si è ripetuto oggi mettendo a tacere, temo non
definitivamente, il macchiettismo d'avanspettacolo configurato nelle
sortite semantiche dei soliti imperturbabili tifosi da tastiera che,
pur di mostrare la loro avversità verso Torrente, blaterano ad
minchiam sostenendo che quella di Lanciano è stata una vittoria fin
troppo facile e che, dunque, non contava. Ma si sa, oltre ad essere
in malafede, dovendo sfogare le proprie frustrazioni, non sono
nemmeno informati sul cammino della squadra abruzzese e dei suoi
exploit qua e la in B.
E nella piece del derby
ornitologico coi turtlen al gusto di canarino, oggi rappresentati da
30 tifosi stipati nello spicchio consueto del San Nicola, il
Bari ha fatto il tiro a bersaglio, soprattutto nel primo tempo, alla squadra modenese allenata da Marcolin il quale ha, probabilmente, studiato la
partita rivedendosi quella con la Reggina convinto di farla franca
sul finale, magari con un golletto di Stanco, nomen omen, ed invece
ha dovuto subire due gol su rigore sacrosanti, "summa" dell'enorme
mole di gioco fatta di ripartenze da parte di Sciaudone, di un super
Bellomo e di Romizi terminate con le altrettanto numerose occasioni gol procurate
- e sbagliate - dagli attaccanti baresi.
Ciccio Caputo, dopo aver sbagliato il suo consueto gol clamoroso, ha messo tutti a tacere siglando due rigori da antologia: palla a destra, portiere a sinistra.
Ciccio Caputo, dopo aver sbagliato il suo consueto gol clamoroso, ha messo tutti a tacere siglando due rigori da antologia: palla a destra, portiere a sinistra.
Un Bari che è piaciuto
per l'approccio alla gara, per la sua determinazione nel cercare la
vittoria, riuscendo persino a commettere quei falli tattici tanto
voluti e pretesi da Torrente a causa di gol subiti proprio per troppa approssimazione in fase di chiusura e che, finalmente, han commesso,
soprattutto su Lazarevic, che, in qualche modo, hanno evitato il
peggio alla difesa imbattuta barese.
Un Bari, dunque, anche in
crescita in termini di personalità e di maturità, pane necessario
alla sopravvivenza in questo ginepraio di categoria dove non conta,
tanto, la qualità quanto l'esperienza.
E di quel funambolo di
Fedato ne vogliam parlare? Un giocatore costato zero arrivato in
comproprietà dal Catania che, complice il momentaneo out di Iunco, Albadoro e Grandolfo si sta guadagnando i galloni di titolare. Ed oggi, numero da
cineteca a parte, ha confermato personalità e maturazione. Insomma,
un giocatore che sicuramente darà il suo contributo alla salvezza e
che, come tanti, crescerà sotto l'egida del Maestro Torrente.
Ed ora sotto col Sassuolo
del presidente di Confindustria nella rappresentazione teatrale del
Davide contro Golia, economicamente parlando si intende, perché
Golia rimane e rimarrà sempre il Bari.
17 novembre 2012
Il Bari risorge in Terra d'Abruzzo. Con buona pace dei Bravi manzoniani locali
C'erano 14 gradi a
Lanciano, a due passi dalla pineta dannunziana, e nello stadio Guido
Biondi rimesso a nuovo per poter disputare la Serie B, il cielo era plumbeo, tutt'altro che carducciano, sin dall'inizio tanto che i riflettori sin da subito han fatto capolino sul rettangolo di gioco fino a
formare i giochi d'ombra sulle sagome dei calciatori. Ed erano le 15
di un sabato italiano. Sperando che il peggio potesse essere
passato...
Certo, questi stadi con
la pista velodromo, un po' d'antan, lasciano sempre quel retrogusto
di calcio ancora genuino sebbene, in questo caso, contestualizzato in
un ambiente di provincia a misura d'uomo. E il Bari di questi stadi
ne ha visitati tanti e quasi sempre li ha espugnati. E Lanciano non è
stata l'eccezione.
Era la prima partita ufficiale per il Bari a Lanciano in quanto ad agosto scorso c'era stata un'amichevole in occasione del Trofeo Majo vinto ai rigori dal Bari per 4-2, e chissà se nel passato ne ha giocate altre, magari ai tempi di Mujesan o di Tontodonati ma ieri è stata la prima ufficiale in assoluto, quella che va a finire di diritto negli almanacchi così come lo son finite le sfide col Rende, col Foligno, col Licata e con l'Alcamo in illo tempore.
Molti i tifosi baresi presenti al Biondi oggi: certo la vicinanza chilometrica ha aiutato il mini esodo, quasi fosse un Roma Bari in miniatura, ma quei 200 baresi stipati lassù sulla curva del velodromo non sono passati inosservati: si son fatti sentire. E pure tanto.
Sul proprio campo, con sullo sfondo i colli teatini ed un infinito quasi leopardiano, essendoci il mare a 10 chilometri da qui, ma senza passeri solitari, il Lanciano allenato da Carmine Gautieri, che in conferenza stampa nel ricordare la sua parentesi barese con estrema gioia ed un pizzico di malinconia salutando i tifosi baresi, ha ammesso con serena e disarmante obiettività la superiorità del Bari, non aveva ancora vinto mentre il Bari di Torrente aveva bisogno di tornare a far punti anche per evitare di scivolare in fondo alla classifica e, possibilmente, pensare di riprendere il cammino con più serenità d'animo alla luce di recenti sciocche polemiche infrasettimanali, tipicamente webbaiole e, dunque, inattendibili.
Detto fatto: alla fine ha prevalso la logica biancorossa di Dolcenera Torrente, capitano coerente e coraggioso che, in solo colpo, ha messo a tacere persino i Bravi manzoniani baresi che, puntuali come gli orologi dei campanili delle chiese protestanti svizzere, travestiti da corvi parlanti, gli han remato contro alle prime negatività fisiologiche manifestate da una squadra giovanissima ma già con la testa sulle spalle.
E stravincere qui a Lanciano al cospetto di una squadra modesta quanto si vuole e che ha fatto letteralmente solletico ai ragazzi baresi, ma pur sempre una delle 22 di B livellata in basso (un po' come la Ternana, pessima al San Nicola, da primato successivamente e, dunque, non si può escludere che possa risorgere prima o poi anche se, a naso, lotterà per non retrocedere), schiacciarla e metterla alle corde per quasi 100 minuti non credo possa dipendere solo dalla scarsezza degli avversari: piuttosto credo che sia stato davvero bravo il Bari, occorre guardarne i meriti della squadra barese piuttosto che i demeriti di Gautieri apparso impotente davanti a cotanta forza in campo.
Se una squadra sa mantenere ritmi così alti per tutta la gara, manifestando superiorità totale, vuol dire che ha un'anima, un'anima tenace insita in ogni giocatore che san quel che vogliono, ma soprattutto si vede la mano del suo condottiero Ulisse Torrente. Infondo, fino adesso, sembrano averla lasciata negli spogliatoi solo nel secondo tempo con l'Empoli, mica per tutte le 14 gare. Dunque, va bene che il Lanciano fosse ben poca cosa ma bravo il Bari a saperne approfittare commettendo, nonostante tutto, i soliti errori di precipitazione e di poca cattiveria nei momenti topici. Una squadra con margini di miglioramento notevoli composta da giocatori, fondamentalmente, dai piedi buoni.
E le scelte di Torrente di mettere sin da subito un super Fedato che ha margini di miglioramento notevoli ("quel pallonetto ha significato – ha detto Torrente in sala stampa – che i numeri ce li ha: deve solo perfezionarsi") con Caputo e Galano in attacco, con il rientrante Bellomo a supporto qualche metro dietro, con Sciaudone e Romizi a dominare il centrocampo, mentre Sabelli, fresco di Nazionale under 20, e il terzetto Borghese, Claiton e Polenta davanti a Lamanna a svolgere un compito di normale amministrazione là dietro, è stata vincente.
Il Bari è sembrato avere sempre il pallino del gioco, guadagnando sempre più campo, sempre in anticipo sugli avversari mettendoli praticamente alle corde fino allo stremo sbagliando tanti, troppi gol: solo un paio di volte, infatti, quelli del Lanciano si sono affacciati dalle parti di Lamanna, per giunta in modo sterile.
Un super Caputo tutto
sostanza ha fatto la differenza: un giocatore ritrovato che ha saputo
mantenere alta al squadra, sgomitando lottando e suggellando la
prestazione del primo tempo con un gol dei suoi grazie ad un assist
perfetto di Bellomo (non nella sua migliore partita a cui, tuttavia, gli son bastati due-tre giocate luminari per meritare la sufficienza piena) e mettendoci la firma definitiva col rigore al 6'
del secondo tempo.
Ma prima del gol
dell'altamurano, al 30', forse nel momento meno proficuo della
squadra biancorossa, il Bari è passato in vantaggio con Sciaudone
che ha ripreso una ribattuta del portiere lancianese causata da un
tiro ravvicinato dello stesso Caputo, oggi decisamente il migliore in
campo, gol a parte ovviamente.
Un Bari romanzesco grazie alla caparbietà e alla coerenza del suo allenatore che cocciutamente, non ha cambiato nulla nel modulo andando avanti col suo credo, rispondendo sul campo a tutti e mettendo i puntini sulle i laddove andavano messi. Premiato, dunque, il coraggio di Dolcenera così i Bravi manzoniani baresi se ne faranno una ragione.
Alle prime tenebre abruzzesi è terminata la gara con la vittoria strameritata di Bari nettamente più forte del Lanciano per 3-0: insomma un risultato come i vecchi tempi, come il Venezia Bari 0-3 di 45 anni fa allorquando il Gazzettino scrisse “il Venezia soccombe davanti ai leoni baresi”, o come il Vicenza Bari 0-3 di qualche anno più tardi: un risultato che non fa una grinza e che fa salire il Bari in classifica di tre punti facendolo allontanare, per adesso, dalla zona calda facendogli abbandonare la quartultima posizione. Che poi, è la cosa più importante.
Da affezione
psicosomatica la sensazione che si prova davanti ad un tre a zero
fuori casa. Una sindrome di Stendhal in chiave calcistica, non a caso
quelli del Lanciano avevano pure la maglia rossonera... un Rosso e
Nero come il celebre romanzo di Standhal.
Così Torrente a fine
gara: “Reazione c'è stata, la aspettavo. Non abbiamo preso gol e
son contento della prestazione ma soprattutto per i ragazzi che lo
meritavano. Abbiamo avuto – ha proseguito il tecnico - anche gli
applausi degli avversari che han trovato un grande Bari. Penso
bisogna dare più meriti a noi che demeriti al Lanciano.
Si ritorna a Bari col
pensiero al derby ornitologico di domenica prossima.
16 novembre 2012
Capitolo Rosso: Quei Bravi manzoniani baresi
Adoro questa tipologia di
gare, poco "sansiriane" e molto trash inteso come compagine
priva di blasone - è bene chiarire - dunque con tutto il rispetto
per la simpatica squadra abruzzese allenata, peraltro, dal buon
Carmine Gautieri a cui auguro di salvarsi, lì dove il Bari "non
può" perdere, anzi, "deve" vincere a man bassa visto
lo spread storico tra le due compagini perché volete mettere, mo',
il Bari dei due gol di Biagio Catalano a San Siro, di Mujesan, di
Iorio, di Protti, di Joao e di Barreto, benedetto iddio, col
Lanciano, per giunta pure preceduto dall’aggettivo Virtus?
E Lanciano, ennesima
location beckettiana dell'assurdo calcistico, potrebbe essere
“L'ultimo metrò” truffautiano per Torrente accompagnato dalle
prime note del de profundis, debitamente supportate dai Bravi
locali già in azione da qualche giorno.
Così impara, Dolcenera,
a compiere un primo miracolo lo scorso anno quando, indossando vesti
a campana di più figure professionali necessarie al metaforico
orfanotrofio di Via Torrebella, ha dedicato solo i ritagli di tempo
al mestiere che gli riesce meglio visti i risultati fin qui ottenuti,
ovvero a quello dell’allenatore, riuscendo tuttavia a salvare la
squadra dalla C e allontanarla dalla palude dell’indifferenza mista
a rabbia e depressione sacrosante derivanti dalla retrocessione amara
e velenosa di due anni fa, facendola arrivare addirittura decima in
classifica incorniciandone il traguardo persino da qualche numero
lusinghiero.
Un traguardo prestigioso conseguito quando tutti - e ribadisco tutti - tranne me la davano
per spacciata, badando, contrariamente al suo credo calcistico,
quello con cui ha vinto per due anni di seguito in Umbria e pressoché
sempre nelle giovanili del Genoa, al sodo senza tanto spettacolo per
quanto lo desiderasse anch'egli, sbagliando fisiologicamente in buona
fede come Conte con il Chievo, l’Avellino e il Sassuolo ma che
però, al pari delle figuracce rimediate da Perotti, Carboni, Pillon
e Maran con giocatori sicuramente più esperti e di categoria
quantunque alcuni fossero davvero imbarazzanti, non sono mai stati
contestati e criticati al pari di Torrente, con giocatori arrivati un
po' forzosamente a causa della mancanza di denari, ed altri scelti,
sì, da lui ma tra un ventaglio di personale abbordabile a costo
zero.
Detto papale papale, mai e poi mai, Torrente, se solo avesse
avuto qualche garanzie economica in più, avrebbe pensato di dare una
seconda possibilità al desaparecidos Rivaldo nello spirito
dell’autogestione proprio perché, arrivando a Bari, si trovò
davanti ad una situazione diversa da come gliel'avevan descritta, pur
sapendo dei problemi societari ma che mai e poi mai credeva dovesse
assumere tali proporzioni, in un macramè infernale tra passaggi di
tempo nell'Agenzia delle Entrate e di Equitalia, tra puntatine
all'Ufficio del Lavoro e alle Procure varie, e tra mille altri
problemi quando invece il solo obiettivo doveva essere rafforzare la
squadra di calcio. Arrivare a Bari, per Torrente, voleva dire toccare
il cielo con un dito, arrivare ad un traguardo prestigioso che gli
avrebbe permesso di sbarcare in A quanto prima, mica voleva dire
sedere sulla panchina del Foligno o della Ternana.
E insieme ai due acerbi,
ma non per questo potenzialmente forti, Bellomo e Galano e ad altre
scommesse (alcune delle quali azzeccate ma, ahimè, destinate a far
ritorno alle basi a fine anno: Forestieri e Stoian su tutti) e con
l'apporto d'esperienza sia pur al 20-30% di Bogliacino, De Falco,
Donati, insieme a De Paula, ha allestito una squadra dignitosa
accettando Bari che, lo ricordo, secondo lui, "non è
un'avventura ma storia, leggenda". Ma questo, certa stampa e i
Bravi lo dimenticano. O, meglio, lo sanno ma fa comodo non ricordarlo
al momento opportuno dovendo trovare in fretta un colpevole.
E così impara, Torrente,
ad aver fatto maturare, grazie alle domeniche passate saggiamente tra
tribuna e panchina, Nicolino Bellomo, scelta non condivisa dagli
analfabeti amanuensi baresi del calcio (a differenza di tanti altri
che, pur storcendo il naso, han capito ed apprezzato la scelta)
arrampicatisi come volpi esopiane sulle uve acerbe della discussione,
e giunto, invece, ai giorni d'oggi maturo e pronto al lancio nel
calcio che conta. Al pari di Romizi, Ceppitelli e di qualche altro
ben gestito dal Magister di Cetara.
E così impara, Torrente,
ad azzerare il gap dei 7 punti in tre partite sole, con una squadra
priva pure del 20% della suddetta esperienza (Bogliacino, De Falco,
Donati e De Paula) innestata da dilettanti, dalle solite belle
speranze, da personale della Primavera e supportata da qualche
giocatore d’esperienza ma il cui peso specifico non è esattamente
pari a quello dei suddetti dello scorso anno sia pur al 20% (perché
Bogliacino e De Falco han reso più o meno su quelle percentuali),
ottenendo fino adesso 19 punti piazzandosi idealmente in zona playoff
ma di fatto in zona playout rimanendo, adesso, senza attaccanti di
peso e dovendo far affidamento alla Madonna delle Mura megalitiche di
Altamura affinché il suo figliolo prediletto possa sbagliare qualche
gol in meno e a qualche intuizione di Grandolfo e di Fedato che, si
sa, non possono competere con gli omologhi attaccanti delle altre
squadre in termini di esperienza. Ma per i Bravi "bisogna che
faccia giocare Grandolfo! Diamine".
E siccome alla fine, come
sempre, a vincere saranno le minoranze etniche, quei pochi che sin
dall'inizio non lo hanno mai potuto digerire a causa della mia difesa
ad oltranza (dunque per mero spirito di patate) e perché abbagliati
ancora dalle giocate di Kamata, Swarowsky Barreto e Mr. Muscolo
Almiron, non riuscendo a far divertire le loro cloache optometriche
perché, secondo la loro dottrina, o ci si diverte o si caccia via,
vedrete che Torrente salterà subito. In un momento - è appena il
caso di ricordare - in cui gli amministratori del Bari calcio che si
stanno facendo, nel vero senso della parola, “un mazzo così”
(quando ci vuole, ci vuole) dopo le dismissioni dei Matarrese che
attendono, forse, segnali più precisi dalla politica, sopravvivendo
tra mille peripezie in autogestione, cosa unica nel panorama
calcistico italiano. Con questa resa, ovvero rimanendo ancora in B e
risultando, di fatto, sesti in classifica sia pur in momentanea
caduta libera.
Ma la colpa è solo di
Torrente. Lontano da me sperare che il Bari perda a Lanciano, cosa
peraltro da mettere in preventivo, ma semmai dovesse perdere,
malauguratamente, fossi in Torrente, dopo tutto quello che ha fatto
per il Bari rinunciando a società più sicure e sposando la causa
Bari sia per convinzione sia per sfida, abbandonerei la panchina. Si
avete capito bene. Spero si dimetta e torni nei quartieri dove il
sole del buon dio non dà i suoi raggi, in quella Via del Campo tanto
cara a Faber. Perché l'ambiente locale non merita un Signore come
lui indotto ad errori fisiologici e sempre sotto pressione. Del
resto, "bisogna lasciare qualcosa alle persone per farsi
ricordare, per far capire che stare con me non è come stare con
chiunque". Peccato che Torrente, però, per quanto ne so,
essendo un Ulisse del terreno verde, dunque un combattente nato, non
abbandonerà mai la nave. Semmai verrà buttato giù.
Ho la coscienza in
ordine, almeno quella, visto che altre cose sono in palese disordine:
nella vita ci vuole dignità e coerenza; io avrò mille difetti,
diecimila lacune e non son mica certo se ci voglia coraggio perché
la paura non ha mai avuto la meglio su di me sebbene, talvolta, abbia
avuto il timore di cedere. E' che non ho mai rinunciato a collegare
la testa al cuore. A differenza di altri. Tutto qui il mio segreto.
E poi, scusate, ma la
stupidità degli altri mi affascina molto – mutuando Flaiano - ma
preferisco la mia.
"Ab uno disces omnes", diceva, infine,
Virgilio a proposito dei greci secondo cui bastava vederne uno per
capire che eran tutti traditori e bugiardi.
E domani vado a Lanciano.
Ritorno in campo. Speriamo definitivamente.
Capitolo Blu: Quei Bravi manzoniani baresi
A Bari, si sa, è sport
olimpico mettersi in competizione col giornalista di turno, me in
particolare, attraverso la tastiera e, nascosti da improbabili
nickname, tendono, senza grande successo anzi risultando parecchio
ridicoli, a screditarlo(mi) attraverso storie fasulle costruite a
dovere come quella dei panzerotti che avrei consumato con Torrente,
oltre che insultarmi ed offendermi perché incapaci nell'interloquire civilmente col sottoscritto; ed è soprattutto sport olimpico saltare
su e giù dal carro dei vincitori.
Prima, lo scorso anno, i
Bravi baresi ne sono scesi delusi dalla retrocessione e dai
tradimenti di quattro balordi, poi, timidamente, in un estremo
cialtronesco gesto di coerenza, piuttosto che salirvi alle prime
striminzite vittorie e ai primi risultati prestigiosi di Torrente a
Torino e contro la Sampdoria o a Genova in Coppa Italia (mi piace
chiamarla così e non storpiarla in timcup), si sono aggrappati come
quei ragazzini baresi nemmeno decenni - si ricorderà - in canottiera
dietro le filovie che conducevan a Carbonara fino agli anni 70
scendendo definitivamente all’altezza delle prime ville patrizie in
stile liberty disseminate qua e là sulla “via di Carbonara”,
oggi nascoste dalla globalizzazione, e dove le famiglie baresi dal
nomen gentilizio importante di fine ‘800 inizio ‘900 si
rifugiavano per respirare aria pura quando in città si soffocava.
Si tratta di personaggi
che, dopo essersi immortalati in qualche instagram ipocritamente rappacificatore ad Alfedena e subito pubblicate su facebook, dopo
quante gliene hanno dette al povero Torrente nel corso dell’anno
trascorso, son risaliti sul carro ad inizio anno per "la maglia,
per la birra, per la città", salvo, poi, riscendere di nuovo
adesso a causa dei "cambi sbagliati", come se tra Fedato,
Grandolfo, Ristovski Hysembelliu, meglio conosciuto sotto il nome di
Fatmir, e Partipilo ci sia un abisso di differenza. Oppure criticando
l’uso di Defendi che è arrivato a Bari nel "pacchetto"
Masiello e che starà pure subendo un periodo di indubbia
involuzione, ma ai grezzi amanuensi sfugge il piccolo particolare che
coi suoi 28 anni garantisce, forse, un certo peso specifico in
termini di esperienza avendo incasellato circa 200 partite in B. Come
Claiton: non farà la differenza in difesa non essendo un
fuoriclasse, ma garantisce un minimo di esperienza necessaria là
dietro in una squadra garibaldina che, a detta della società, non
solo non verrà rinforzata a gennaio ma addirittura, per
sopravvivere, dovrà, forse, privarsi di qualche giocatore. Ma
nell'analfabetificio mediatico-giornalistico volto a cercar il capro
espiatorio ad ogni costo, la colpa è sempre e solo di Torrente.
Puntuale, dunque, come un
orologio svizzero ecco che s'ode il primo scoccar del cronometro che
segna l'inizio del travaglio dell'allenatore, già bello e infilzato
nel girarrosto mediatico barese in quanto unico responsabile del male
del calcio locale. Sicché come una bomba ad orologeria dei film di
James Bond, allo scoccare dello "00-00" visualizzato sul
display del cronometro, Torrente verrà indotto ad abbandonare. Ormai
qui a Bari funziona così. E di esempi ne potrei fare molti, non
ultimo Ventura costretto a dimettersi per la terza volta (e
definitiva) a gennaio dal rumor sinergico tra tifosi esagitati e
stampa, mica per voler di Matarrese che respinse ben due volte le
dimissioni volontarie a ottobre e a novembre 2010. Come noto: ma a
loro forse non era noto. Fermo restando che, secondo me, pur
rispettando i giudizi negativi (ma non condividendoli) di taluni
tifosi nei suoi confronti e pur sorvolando sull'antipatia di taluni
verso l'ex tecnico quali motivazioni sufficienti per spodestarlo,
Ventura andava sollevato dall'incarico sin da novembre, come ho
sempre scritto pur difendendolo dalle ingiuste critiche di parecchi
tifosi che lo vogliono per forza coinvolto nel calcio scommesse, a
differenza della giustizia.
A Bari la simpatia è parente alla goccia. Dicitur
nella suburra barese. E qui si vive di simpatie ed antipatie. Mica si
valuta il lavoro o si analizzano le scelte. Del resto all'ateneo di
Conversano i docenti spiegano così il calcio. Conversano non è
Coverciano quantunque la radice etimologica possa sembrare identica.
Capitolo Bianco: Quei Bravi manzoniani baresi
La Luna nei miei stadi
“A prima vista si
davano a conoscere per individui della specie de’ bravi”.
Così scriveva Alessandro Manzoni seduto nel suo studio con vista sul
celebre ramo del Lago di Como che volge a mezzogiorno quando
descrisse il rustico ciarpame soldatesco che difendeva i feudatari
campagnoli dell’Italia del Nord, meglio conosciuti nel romanzo più
importante della Letteratura Italiana dei Promessi Sposi come i
Bravi.
Gli stessi Bravi, tutt'altro che comasco-lecchesi - diciamo maldestramente levantini
- che con puntualità svizzera, han cliccato sul cronometro che
sancisce il countdown per Dolcenera Torrente.
Domani pomeriggio, a
proposito di letteratura italiana, in terra più o meno dannunziana,
sugli ameni colli teatini dalle parti di Lanciano, se il Bari dovesse
malauguratamente perdere, i Bravi mediatico-internauti baresi lo
faranno virtualmente saltare: tutt'al più attenderanno in extrema
ratio il mezzogiorno (e mezzo) di fuoco sergioleoniano della
domenica successiva allorquando il Bari se la vedrà col Modena nel
derby ornitologico per eccellenza (galletti contro canarini) nella
landa bitrittese abbandonata da dio e dagli uomini tra la via
Appia-Traiana e il West, là dove l’humus agreste e bucolico ha
preso definitivamente, prepotentemente e, soprattutto,
infruttuosamente, il posto di quell'aria spensierata pregna di
iodio e di maestrale misto all'acre odor di piscio e cemento che
trasudando dai muri, spirava sui gradoni del Della Vittoria, Tempio
Dorico del Dio Pallone, pronipote di Iuppiter, di un calcio antico,
color Mujesan, pulito e genuino che alla sola idea di riaprire i
battenti a questo sporco calcio moderno proposta da qualche audace
personaggio locale, diciamo poco incline alle letture della Historia
Barensis del Tateo o alle segnalazioni descritte sulla Tabula
Peutingeriana o, se preferite, a quelle spiegate all’Ecole
Barisienne del mio amico Beppe Vacca, si ribella con tutte le sue
forze mostrando i muscoli peuceti, messapi, bizantini, angioini e
francesi affinché questo calcio trainato da Bravi manzoniani
italioti e seguito con particolare attenzione da nani e ballerine
viziati amanuensi di siti carnascialeschi trasudanti di luppolo,
questo calcio volgare, bastardo, e in odor di malavita, non entri mai
entro quel perimetro ellittico. Per nessuna ragione. Il Tempio Dorico
di Viale Maratona, canuto come nessun altro, saggiamente, vuol
continuare a vivere serenamente gli ultimi anni che gli rimangono coi
soli ricordi, gli unici per i quali si mantiene ancora in piedi.
Dunque, se domani a
Lanciano al cambio di Fedato per Pelè-Ibraimovich-Grandolfo
(Francesco, che è un bravo ragazzo che sa usare il congiuntivo e che
sa parlare come pochi, oltre ad essere un bravo giocatore ha, in
realtà, tre nomi), o viceversa, non effettuato o effettuato
tardivamente, o se Torrente perseguirà nel far giocare Defendi che, se non ricordo male, secondo la plebaglia webbaiola (non leggo più i forum da mesi) “porta sfiga” piuttosto che Aprile il
quale chissà per quale arcano motivo non viene considerato da Torrente al grido "e ci u hann pigghiate a fa???" senza conoscere i reali motivi,
o Sabelli appena rientrato dalla Nazionale e quindi stanchissimo –
motivi, questi, decisamente sufficienti per i cospiratori per
metterlo sulla graticola - dovesse corrispondere la quarta sconfitta
consecutiva, potrebbe scoccare la sua ultima ora in quanto i Bravi
levantini baresi, che già mal lo digeriscono, prenderanno a pretesto
il cambio non effettuato di Fedato o la scelta di Defendi, perché,
diciamocelo, la chiave della sconfitta sarà esclusivamente
attribuita a questi cambi.
Un po' come lo scorso anno quando le prime
cellule dei Bravi baresi immatricolate, oggi perennemente fuori
corso, all’Università di Conversano che, notoriamente, di calcio
non hanno mai capito un tubo, cavalcando l'onda
dell'analfabetizzazione mediatico-giornalistica travestiti da tifosi
nella loro cialtronesca singolar tenzone contro il sottoscritto, lo
accusavano per il mancato gioco espresso trovando le cause nei
mancati cambi tra Defendi e Stoian o tra Caputo e Bellomo.
Non mi rivolgo ai critici convinti e civili ai quali, anzi, stringo la mano pur non condividendone i loro motivi, ma chissà se
i suddetti frustrati analfabeti del carrozzone del calcio italiano
malato dove il migliore personaggio è un autentico maleducato
permaloso ed il peggiore è un delinquente analfabeta, pezzente
arricchito, ma espertissimi a digitare periodi preconfezionati di
ipocrisia e falsità, avranno notato che l'uso centellinato tanto
discusso dai Bravi degli stessi giocatori ragazzini sbarbati da parte
di Torrente presi e lanciati come paracadutisti sul campo dolomitico
di Borno, lassù, in Val Camonica senza, magari, nemmeno aver
salutato i propri cari, ora giocano l'uno in serie A col Chievo e
l'altro è diventato il trascinatore del Bari perché nessuno come
Bellomo riesce ad impersonare il Masaniello per questa squadra, oltre
ad aver fatto entrare nelle casse esigue della società tanti bei
soldini serviti per iscriversi al campionato in corso altrimenti
domani si sarebbe giocato a Poggiorsini (seppure) e non a Lanciano.
Forse non se ne sono ancora accorti questi signori grezzi, ebbri di
mediocrità, grillini impazziti al pari dei più quotati Bravi
manzoniani discendenti di Gutenberg. Del resto la mediocrità, mista
alla falsità e all'ipocrisia, col solito pizzico di malvagità,
malizia, furbizia e bastardaggine, fa bene a certe persone.
L'abitudine le rende sicure, le fa sentire protette. Ed io che
accomuno la mente al cuore a differenza loro, e dunque non parlo
attraverso le sole intermittenze coronariche che pure battono
biancorosso, son contento per loro. Soprattutto adesso che,
puntualmente, hanno cambiato idea - o han fatto finta di cambiarla -
dando l'impressione di supportare il tecnico campano almeno fino all'ultima vittoria.
30 settembre 2012
L'incoscienza di Zeman
foto di aliquamscripto.wordpress.com
L'allenatore boemo, come
ho sempre scritto e detto, non potrà mai diventare un grande
allenatore in serie A. Troppi i gaps da superare per poter essere
competitivo coi soldati di regime che si prostrano al potere seduti
sulle panchine di squadre militanti nel campionatificio zeppo di
palloni sempre meno tondi e sempre più trapezoidali, ipocriti e
giudei per i miei gusti, palloni che brillano di luce non propria rotolanti
spinti da vite artificiali, da automatismi troppo vertiginosi perché
si possa parlare ancora di gioco del calcio.
29 settembre 2012
Peccato! Tutto sommato una sconfitta terapeutica
Una gran bella partita,
un gran bel Bari. Forse il migliore visto, fino adesso, tenuto conto
della consistenza degli avversari fin qui incontrati. Per giunta
fuori casa. A Verona, non a Castellammare. Con tutto il rispetto per
la Juve Stabia, si intende. Peccato però: perdere all'ultimo minuto
fa sempre male e il Bari ne sa qualcosa. Fino adesso ne ha dati di
dispiaceri agli avversari all'ultimo secondo. Con questa squadra si può osare.
26 settembre 2012
Slancio per i galletti: battuta anche la Pro Vercelli
Intanto un sincero benvenuto nel calcio che conta,
dopo quasi un secolo, alla Vercelli calcistica, alla mitica “Pro”.
Una città decantata persino da Dante Alighieri nell'Inferno (nel
descrivere la sua straordinaria posizione geografica, il Sommo
diceva: “O tu cui colpa non condanna e cu'io vidi su in terra
latina, se troppa simiglianza non m'inganna, rimembriti di Pier da
Medicina. Se mai torni a veder lo dolce piano che da Vercelli a
Marcabò dichina”),
24 settembre 2012
L'Avvelenata 5. Ogni tanto ci vuole
Ammetto di provare un particolare
piacere, con una punta di sano sadismo in certi casi particolarmente
aspri, ogni qualvolta leggo determinate notizie che confermano certe
mie previsioni o, comunque, certe mie idee con cui ho portato avanti
battaglie mediatiche epistolari con amanuensi scribani webbaioli,
tendenzialmente minus habentes, ma anche con idioti allo stato puro,
e da personaggi strambi,
bizzarri, talvolta anche dotati
di scorza e, dunque, capaci, ma cicaleggianti come roditori
squittenti sul rostro dell'orgoglio e della competizione col
sottoscritto, sempre e puntualmente, colpiti ed affondati dalle mie
parole e soprattutto dall'evidenza.
23 settembre 2012
A Crotone prosegue la marcia del Bari
Crotone - Gioia e
felicità al 93'. Questa l'istantanea del Bari negli ultimi 6 giorni.
Due emozioni a confronto dal peso specifico identico ma dalle diverse
dinamiche: Borghese che entra, gioca da attaccante a Varese, segna
due gol e regala un pareggio al 93' (siamo convinti che se solo fosse
durata un altro minuto avrebbe vinto) e Lamanna che, al 93' para un
rigore (mica di un tiro qualsiasi), ovvero ad un attimo fuggente
dalla fine. E poi, volete mettere il pathos, il fascino, l'emozione
di un rigore parato, fuori casa, ad un secondo dalla fine con un
altro parato nel corso della gara? Chiamatele come volete,
battistianamente emozioni, o come vi pare, ma questi sono segnali ben
precisi del destino causato da una semina eccellente quantunque
effettuata con gli aratri in legno considerate le difficoltà dello
scorso anno supportate dai noti imbecilli di troppo a bagnarci il
proverbiale pane per mera idiozia ma soprattutto per risibile
protagonismo. E da una semina così peculiare non si poteva che
raccogliere un'ottima "annata". Del resto lo dicevamo sin
da settembre post Borno.
18 settembre 2012
Dolcenera Torrente tra intermittenze del cuore, pane e coraggio
Varese - E rieccolo. Eccolo lì il boato dei tifosi echeggiare sui cieli di mezzo mondo dall'America all'Estonia, negli anfratti più improbabili dei pub di città mittle-europee inzuppati di luppolo biancorosso sintonizzati sulla partita, sulle vette delle Alpi, da Manzanarri a Reni manzoniani, da Trieste al Gennargentu, eccolo lì il segmento zeppo di gioia e di passione ritrovata volare sulle nostre teste che riaccende entusiasmi che sembravano foscolanamente insepolcriti.
8 settembre 2012
FIERAmente BARI - Il Bari in Fiera anche quest'anno
FIERAmente Bari. All'insegna di questo spot la Fiera del Levante, per il terzo anno consecutivo, ospiterà tutta la squadra del Bari composta dalla rosa intera (dunque anche i nuovi Aprile e Filkor), lo staff tecnico e i dirigenti, artefici di questo piccolo grande miracolo che da due anni stanno compiendo per mantenere la squadra biancorossa nel professionismo nonostante i noti problemi e soprattutto tenuto conto che le altre squadre blasonate pugliesi, al momento - chi per meriti, chi per sentenze giudiziarie -, sembrano sparite dalla geografica calcistica. Dunque un Bari il cui cuore, comunque, continua a battere forte e deciso.
20 agosto 2012
La banda bassotti colpisce ancora
Pensavo alle delusioni, alle tante delusioni, ricevute nell'ultimo periodo della mia vita da giornalista. Ma anche ad altre delusioni in altri campi.
Finiti i tempi brillanti di Barisera a cui devo tutto, è cominciato il mio calvario con le varie testate e coi vari siti forum ai quali ho dato tutto me stesso, sempre, rimettendoci persino di tasca mia per supportare cause, giornali, siti, per dare il mio piccolo, modesto, contributo allo sviluppo delle idee di questi giovani ruspanti in odor di giornalismo o, comunque, vogliosi di "apparire" invitandoli, tutti, aspiranti giornalisti ed utenti aspiranti amministratori e moderatori, a rimanere sempre coi piedi per terra e a non pensare tanto ai riflettori quanto alla penna, all'inchiostro, e a sviluppare le idee che, magari, avrebbero urtato la suscettibilità del "potere" ma che, però, li avrebbero nobilitati e resi "liberi", svincolati dalle lobbies, cercando di mantenere un profilo basso e rispettando tutti persino il nemico storico, mostrandogli un sorriso piuttosto che una sottile bestemmia "licenza giornalistica", un po' come storicamente faccio io col mio nemico di sempre che non è l'imbecille di turno, si intende: nemico ed imbecille son due cose diametralmente opposte, rispettabile il primo, da denigrare il secondo.
13 luglio 2012
Un Bari giovane verso Alfedena
I giocatori che stanno arrivando sono, senza dubbio, il meglio che un Direttore senza portafoglio come Guido Angelozzi possa reclutare. Giovani di nazionali "under", altri ritenuti i "migliori" delle relative Primavere d'appartenenza ed altri, probabilmente, tra i più rappresentativi della Lega Pro. Oggettivamente, più di questo target, al momento, non credo si possa ambire, né pretendere. Ma questo, i veri tifosi del Bari, lo sanno pur rimanendo arrabbiati con la presidenza. E questo è un altro discorso.
8 luglio 2012
Il pallone tra marrò fango e azzurro cielo
foto: inviaggioconnina.blogspot.com
Sono stato invitato, ieri, dalla Testata "Pugliacalcio24" al primo appuntamento dell'Oscar del Calcio Pugliese e il direttore, il mio amico Ludovico Calabrese, mi aveva chiesto qualche tempo fa di dare un contributo alla serata scrivendo qualcosa per arricchirla.
Una manifestazione riuscitissima iniziata, però, sotto una cattiva stella con l'incubo di un maledetto generatore di corrente che, forse, piuttosto che fare il suo dovere, ha deciso di adagiarsi in riva al mare che dal "Veneziani" dista uno schioppo, per attendere Minosse. Ma la determinazione di Calabrese e di tutto il suo entourage, ha fatto si che lo spettacolo potesse proseguire, come dico sempre, in direzione ostinata e contraria. Bravo Ludovico.
Relativamente a qualche intervista post gara, a qualche notizia fornita, per tempo, circa le formazioni o quant'altro di utile potesse servire ai validi, giovanissimi, collaboratori di Pugliacalcio24, ho prestato - sia pur saltuariamente - il mio modestissimo, piccolissimo, contributo soprattutto dai vari stadi in cui il "mio" Bari si è esibito quest'anno in quello che ritengo, a tutti gli effetti, un anno in cui si è verificato un vero "miracolo" grazie, ovviamente, non solo all'allenatore Torrente che coi giovani ci ha sempre saputo fare (e sono certo che quest'anno stupirà) e che tra mille attenuanti è riuscito a piazzarsi decimo con 56 punti, con la quarta difesa meno battuta e ben 47 gol siglati da tutti fuorchè da attaccanti (tranne quelli di Caputo), traguardo che a luglio dello scorso anno nessuno degli addetti ai lavori si sarebbe sognato, ma anche grazie a tutto lo staff dirigenziale-tecnico-calciatori che hanno lavorato coi tappi alle orecchie e alzandosi le maniche tenacemente.
Sono onorato di aver partecipato alla serata e spero di aver, come dire, "completato" la serata con questo ultimo mio contributo che vi propongo. Insomma, un'avanzata di giovani: quel che ci vuole per spazzar via il torbido passato recente affinché il pallone torni a diventare tondo e non più trapezoidale.
2 luglio 2012
Azzurri, Per niente facile: ma c'è ottimismo
foto: tuttomercatoweb.it
Per niente facile, a voler parafrasare Fossati. Troppo forti. Il “fenomeno” calcio spagnolo ha dimostrato di essere ancora in piena efficienza, senza sbavature e senza sbandamenti alcuni, stavolta alle spese dell'Italia. Un concentrato di Real Madrid e Barcellona, il tutto amalgamato da Del Bosque, che ha continuato a dare spettacolo giocando al gatto col topo contro di noi.
Per niente facile, a voler parafrasare Fossati. Troppo forti. Il “fenomeno” calcio spagnolo ha dimostrato di essere ancora in piena efficienza, senza sbavature e senza sbandamenti alcuni, stavolta alle spese dell'Italia. Un concentrato di Real Madrid e Barcellona, il tutto amalgamato da Del Bosque, che ha continuato a dare spettacolo giocando al gatto col topo contro di noi.
Ma nonostante tutto ho visto una buona Italia, una nazionale che ha tenuto bene il ritmo, andando incontro ai palloni, facendo persino pressing talvolta, con buona personalità, una buona circolazione di palla e dei buoni movimenti tanto che, se vogliamo, il gioco spagnolo – almeno in occasione dei gol - è parso essere quello italiano.
3 giugno 2012
Quando Torrente diventa addirittura un "lusso" per Bari
E allora, adesso, come la mettiamo? Alla fine, Vincenzo Torrente risulta addirittura un "lusso" per il Bari; un tecnico giovane con tanti difetti - perché tutti noi ne abbiamo - ma assolutamente bravo, onesto, umile, forse sognatore quanto basta come quelli che piacciono a me (detesto, infatti, la gente che non sogna), amante persino di De Andrè e Fossati e tutto il cantautorato genovese anche se questo particolare è solo una semplice considerazione, opinabile, ma assolutamente significativa - almeno per me - che cerco più l'introspezione che la cronaca nell'economia del giudizio di una persona, un uomo capace di dire in conferenza stampa per ben 4 volte "ho sbagliato", nonostante qualcuno, riottosamente, cialtronescamente, furbescamente e con la solita dose di malafede perpetua, continui a sostenere il contrario (ho le registrazioni con me, ma basta leggere qualche quotidiano; ma si sa, certa tifoseria "legge" a comando, solo e sempre le solite cronache, mica legge a 360 gradi), un allenatore arrivato a Bari convinto che qui fossimo in una sorta di "leggenda, storia, e non un'avventura", arrivato nel calcio che contava dopo 15 anni passati nelle gavette minori a differenza di Antonio Conte il cui destino, come noto, era già segnato dopo un solo anno e mezzo di "ossa" (si fa per dire: con Guberti, Barreto, Kamata e quant'altri, sfido chiunque a ritenere ancora "ossa" un torneo, peraltro modestissimo, giocato con una rosa simile).
1 giugno 2012
Bari calcio, tra certezze ed incertezze
E' arrivato il rompete le righe, quello ufficiale, ordine perentorio con cui, da oggi, tutti saranno autorizzati a dare un calcio definitivo nel sedere al pallone flaccido fino a farlo arrivare il più lontano possibile, laggiù, nell'infinito leopardiano ai confini con il nulla. Almeno per un po'.
E con esso è arrivato anche l'addio alle armi baresi per molti giocatori i quali, chi per fine prestito, chi per fine contratto, lasceranno la capitale pugliese - verosimilmente per sempre - dopo aver avuto la loro buona opportunità per mettersi in mostra dopo i fisiologici anni trascorsi sui campi minori.
27 maggio 2012
Grazie Dolcenera: Bari e il Joyce dei poveri ti sono grati
Non sono mai stato particolarmente attratto dal "sabato sera". Caos, confusione estrema, indisciplina stradale ed umana, pazzia, anarchia allo stato puro, tutto pare condensarsi nelle fottute ore serali-notturne del sabato italiano per eccellenza dove tutti sembrano correre, fuggire, impazzire dietro al cosiddetto svago sacrosanto dopo le fatiche settimanali, ed è proprio per questo che al crepuscolo del shabbat, giorno ebraicamente dedicato al riposo, ho sempre preferito rintanarmi al sicuro tra le mie quattro mura, lontano dalla movida incontrollata barese, magari davanti ad un libro, o ad un film, o alle interessantissime trasmissioni di divulgazione storico-scientifiche di Alberto e Piero Angela, uniche per le quali vale ancora pagare il canone, in piena solitudine o in compagnia, rigorosamente a casa, di qualche buon amico sorseggiando vino e pasteggiando qua e la senza strafare parlando del più e del meno. Pure Pippo Baudo, talvolta, non è sfuggito all'inevitabile trascorrer del tempo allorquando impazzava in Tv, anche se, in tutta onestà, è durato lo spazio di un attimo salvo cambiar subito canale.
Ma il pensiero di doverlo trascorrere, il sabato sera, allo stadio per vedere Bari Gubbio proprio non mi è mai passato per la mente e mai avrei creduto accadesse. C'è sempre una prima volta nella vita, mai dire mai, insomma. Dopo i fasti ambigui contiani e venturiani e dopo quelli televisivi di recenti realtà europee, eccoci servito in questo sabato qualunque, in questo sabato italiano, una metafora del teatro dell'assurdo beckettiano in trasposizione calcistica, Bari Gubbio al sapor di Castel di Sangro ma in tono decisamente minore: lì in 55 mila con i 12 castellani premiati per la permanenza in B con il viaggio suggestivo a Bari affascinati dallo stadio, all'epoca più bello del mondo, accolti come amici, oggi davanti a 55 paganti e un ottavo, seppure, dei 4440 abbonati previsti a dare il commiato a questo super Bari di stasera protagonista di un'annata tra le più inquietanti dei suoi 104 anni di vita.
Acireale, Castel di Sangro, Akragas, Alcamo, Genzano, e tante altre, sono i nomi di tutte le squadre cui il calendario, forse anche pilotatamente ma nel senso buono, ha riservato il Bari in ultimo come se affrontarlo fosse un "premio" per queste squadre, un premio-passerella, insomma, per queste comparse calcistiche che potranno dire, un giorno, di aver incontrato "il Bari" sia nelle loro tane lupercali che al mitico (oddio...) San Nicola quantunque ultimamente sbiadito e decadente ma pur sempre proscenio del mitico Bari dei 30 anni di A e dei 50 di B che che se ne pensi. E il Gubbio dovrà rassegnarsi ad essere una di queste dopo i fasti di Torrente, allenatore capace di aver elevato Iguvium la città dai galloni calcistici umbri per due anni di fila, davanti alle blasonate Perugia e Ternana.
Un Bari che non è riuscito ad esprimersi come avrebbe voluto il suo condottiero, Dolcenera Torrente, che, forse, si attendeva qualcosa in più dai suoi ragazzi nonostante abbia ottenuto il massimo in rapporto alle situazioni personali e che quindi, a conti fatti, può pure ritenersi soddisfatto comunque. Bogliacino se solo fosse arrivato con le motivazioni giuste e in uno stato fisico più accettabile di quello con cui è arrivato, sono certo che avrebbe reso molto di più. E' proprio da lui, andato via Donati per far cassa, che ci si aspettava quel valore aggiunto che, invece, è venuto meno senza se e senza ma, flash a parte, del resto lo ha sempre detto pure l'allenatore, dunque non scopro l'acqua calda, nè nessuno può osare contraddirmi.
Ovvio che non è solo il Bogliacino: se il centrocampo ha espresso una volumetria di gioco senza riuscire a fornire l'assist vincente lì davanti, senza un attaccante degno di nota se non occasionale, trovo fosse fisiologicamente impossibile ottenere il massimo. Per questo rimango dell'idea che una squadra così giovane per 3/4 della rosa, al suo primo anno di B e quindi zeppo di matricole per questo torneo peraltro modesto sia nel gioco quanto nella classifica, con un allenatore anche esordiente che pure ha sbagliato qualche volta (Torrente ha sempre ammesso i propri errori di valutazione, ci stanno), sarebbe bastato davvero poco per tentare di ottenere quei 10 punti in più persi per strada a causa dell'immaturità diffusa e strisciante nella squadra che pure, e ci mancherebbe, si è sempre impegnata al massimo.
Facile, dunque, per Torrente incorrere negli errori di valutazione dei cambi o nella lettura di certe gare. E che si mettano l'anima in pace i 4 soliti maligni influencer sguinzagliati dalle menti perverse corrotte dai tempi contiani della ricerca a tutti i costi del gioco e dello spettacolo perchè altrimenti non sarebbe calcio, che non c'è trippa per gatti per loro, influencer identificabili in alcuni "tifosi del Bari" in chiave Joyciana i quali, ebbri delle epifanie di un tempo andato, ne hanno elaborato discussioni futili e controproducenti alla società del Bari per distorcere la realtà e sempre pronti lì a determinare la nuova informazione webbaiola senza averne titolo ma solo vantando e millantando conoscenze personali ipocrite in quanto davanti mostrano sorrisi e da dietro accoltellano.
Per questo ho sempre difeso Torrente semplicemente perchè dopo 42 gare, più alcune di Coppa Italia, ottenere il massimo da questi ragazzi, in queste condizioni, con una immaturità diffusa nella rosa, con alcuni giocatori rottisi strada facendo, altri arrivati non in perfette condizioni e, per giunta, alla spicciolata senza la preparazione di Borno, non era da tutti, e arrivare decimi in classifica, quasi dietro il Padova, sulla colonna di sinistra della classifica da me peraltro prevista ad inizio torneo, con 47 gol fatti solo 9 dei quali fatti da un attaccante che, peraltro, non sarebbe dovuto partire titolare ma che, gioco forza, non essendo arrivati gli attaccanti richiesti, è stato gettato nella mischia insieme a Marotta, con una squadra messa su alla meglio, senza nessuna disponibilità economica, con qualche giocatore ancora allo stato grezzo, da svezzare sia caratterialmente che professionalmente ma che, vivaddio, i "piedi" hanno mostrato di averli eccome, con le sue scelte risultate obbligate, con i giocatori cardine venuti meno proprio nel momento topico in cui la squadra sembrava rispondere alle sollecitazione dell'allenatore, tra squalifiche, alcune delle quali assurde, infortuni e stangata sulla psiche dei ragazzi per le ultime penalità incorse, ritengo sia un merito per Torrente che è riuscito laddove, probabilmente, nessuno sarebbe stato capace, anche nella gestione dei giocatori essendo lui, non dimentichiamo, un allenatore di giovani e non ancora uno svezzato da categorie superiori, patentino che ha conseguito di diritto dopo questa esperienza che lo ha formato e maturato come avesse trascorso 5 anni in un "Vicenza" o "Ascoli" qualsiasi.
E quando sembrava decollare, ecco puntuale quel senso di smarrimento, quasi di angoscia, di fronte all'evidenza della situazione che, forse, hanno alimentato il momento particolare della squadra al punto di compromettere quanto di buono aveva fatto fino a Pescara. Quel senso di giustizia federale percepita come ingiusta nei loro confronti, probabilmente, complice anche la loro giovane età, deve averli condotti nel pensiero kafkiano più angosciante nonostante l'insonorizzazione entro cui, Torrente e la società, li avevan protetti. Come a dire: più di questo, onestamente, non poteva fare perchè solo i soliti influencer, prevenuti, han pensato che le 14 gare perse siano state solo colpa di Torrente. Ma nessuno, però, parla dei meriti dello stesso per le altre 14 vittorie (9 delle quali fuori casa), dei pareggi prestigiosi di Torino, con la Sampdoria, e di qualche partita persa in casa immeritatamente: una su tutte quella col Verona, ma non solo quella.
Dunque, che ci si levi dalla mente che esiste una "colpa" unica. Ci sono solo dei meriti, di tutti, da società putativa capace di gestire e di non far mancare il fiato alla rosa, ai giocatori che, sia pur poco esperta, ha dato il massimo, passando per tecnico e tecnici tutti. Perchè il merito di essere rimasti in B, sia pur al netto di possibili penalità imminenti, è merito di tutti, che sia ben inciso, nonostante le perplessità di qualcuno che, troppo frettolosamente, non bravissimo nell'interpretazione delle mie parole ma soprattutto preferendo ascoltare i giudizi poveri, ignoranti di taluni e non i miei, ha preferito concettualizzarsi autonomamente. Sbagliando clamorosamente.
Della partita di ieri, oltre a sancire l'addio per molti, già col troller pronti per rientrare a casa, non c'è molto da dire se non che il Gubbio è stato battuto non solo da un ottimo Bari ma anche da Torrente, il vero bersaglio degli eugubini di oggi perchè gli stessi volevano fargli pagare il suo addio in Umbria per una piazza blasonata: e va bene il provincialismo bieco, ma arrivare a non capire che certe scelte vengono fatte, da un professionista, per cercare di migliorarsi, allora si è davvero stolti. Poi il solito rigore sbagliato, quest'anno non ci si è fatti mancar nulla, insomma. Cos'altro dire: ottimo Scavone e bravi tutti, gli applausi sinceri dello stadio verso Torrente, un Super Forestieri, segno inequivocabile della sua gestione da parte dell'allenatore ma in generale della cura verso i giovani. Magari rimando le pagelle in un altro editoriale. Piuttosto occorre pianificare adesso, mettere le basi per allestire una squadra competitiva soprattutto alla luce di un inizio torneo, l'anno prossimo, all'insegna di quei 5/10 punti di penalità pressoché certi e per farlo occorre ripiegare non sulle giovani promesse di Prima e Seconda Divisione, ma su certezze alla De Falco o Claiton, possibilmente sin dal ritiro e non da gennaio, magari in condizioni approssimative perché a gennaio son tutti così i giocatori in vendita. Sperando vada tutto bene per l'iscrizione al torneo.
Del mio impegno professionale giornalistico al servizio di voi tutti, in una narrativa calvinistica che ho sempre messo a disposizione dei miei lettori, nessuno potrà e oserà muovere critica. Rimarrò sempre un James Joyce dei poveri in chiave barese. E pretendo di essere rispettato, da tutti.
E' che arriva un giorno in cui, per chi mi ha perseguitato, dovrei provare solo indifferenza, stanchezza della sua stupidità. E solo allora dovrei perdonare. Ma non è facile. Intelligenti pauca.
Spero di avervi regalato qualche emozione con questi miei editoriali: ci ho messo impegno solo per voi.
Ed ora pronti tutti ad erigere quel monumento a Torrente: calce, cazzuola, secchio e mattoni son pronti: chi vuole aiutarmi potrà farlo. Grazie Vincenzo, Bari e il Joyce dei poveri ti è grato.
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