12 maggio 2011

Non c'è pace per la Bari: e Don Rodrigo è sempre lì

Editoriale per Go-Bari 11/05/2011
Ultrà baresi agli allenamenti: qualche schiaffo e minacce per tutti se non si vince il derby
foto: calciomercato.it
 Non c'è pace in casa Bari. Mai ci saremmo aspettati, dopo tre anni vissuti da leonessa peraltro occasionali, un finale così tumultuoso e pecoresco.
Nel pomeriggio, infatti, come se non bastasse il mezzo flop della spalmatura degli emolumenti, in quell'intercapedine della periferia barese-bitrittese dove Santa Fara e San Nicola, quasi, si danno la mano, laggiù, nel centro di allenamento meno blindato ed intimo del mondo dove spie 007 con tanto di taccuino, facinorosi di varia natura e persino coppiette in cerca di intimità la fanno da padrone, un gruppo di pelìdi ultrà baresi ha deciso di sfogare la loro ira funesta nei confronti dei calciatori del Bari, rei - secondo loro - di non aver aderito alla spalmatura degli ingaggi, invadendo il terreno di gioco non si sa bene come: c'è chi sostiene che fossero già all'interno del campetto seduti innocentemente sulla tribunetta antistante la porta di gioco, chi invece li ha visti entrare nel campo tagliando la rete del recinto di protezione; fatto sta che, ancora una volta, hanno avuto la meglio riuscendo ad avere il solito incontro ravvicinato del "quarto" tipo coi giocatori come quello avuto qualche tempo fa, allorquando  riuscirono ad accedere, chissà come, negli spogliatoi dello stadio, ovvero laddove per accedervi, a noi addetti ai lavori, non bastano nemmeno dieci genuflessioni agli addetti stampa che pure fanno bene il loro lavoro.

Petardi lanciati in campo, striscioni con scritte eloquenti del tipo "vincete il derby altrimenti saranno (più o meno) cavoli amari", qualche schiaffo volato in direzione Belmonte  che pure, ultimamente, ne merita eccome (ma sempre metaforicamente parlando, si intende), cori di "mercenari" per tutti e minacce generali nel caso in cui si fosse perso il derby col Lecce.
Fortuna che le forze dell'ordine, in collaborazione con la Digos, sono risucite ad allontanare i pelìdi  facinorosi, non prima, però, di aver preteso ed ottenuto un colloquio con Mutti, e a far riprendere regolarmente gli allenamenti.
Si percepisce l'aria pesante che grava sulla squadra e lo spirito con cui i ragazzi dovranno affrontare la partita di domenica ma, in generale, il finale di questo tormentato torneo. Davvero qualcosa di incredibile che mai avremmo potuto prevedere.
Mentre invece prosegue senza sosta il lavoro prezioso del Dott. Garzelli, forse l'unico dirigente che, insieme al personale tutto della società sportiva, riesce a muoversi con abnegazione e circospezione per il bene del Bari. Garzelli ha detto che, nonostante il "no" della maggior parte dei giocatori, verranno erogati entro il 16 prossimo tutti gli stipendi, rassicurando così i tifosi che cominciavano addirittura a mettere in dubbio l'iscrizione al campionato di B per il quale Angelozzi sta lavorando per reperire soldati adeguati non prima, però, di aver venduto tutta la rosa. O quasi.
E siccome noi crediamo in Garzelli, uomo raffinato, laureato (cosa non da tutti in quell'ambiente), capace e preparato come pochi - forse sprecato a questo tipo di Bari - ci chiediamo, dunque, a cosa sia servita questa sceneggiata kafkiana da parte della proprietà che ha rasentanto l'umiliazione con quella capatina all'Ufficio del Lavoro manco la Bari fosse una azienda agricola locale, con tutto il rispetto per le aziende agricole, ovviamente.
Insomma, tutto quello che di buono viene sviluppato all'interno della società da parte dei lavoratori (impiegati, funzionari e dirigenti tutti) dell'AS Bari, viene sistematicamente vanificato da azioni mirate a dissolvere tutto come la neve al sole. Cui prodest, dunque, lavorare bene, e per il bene del Bari? A cosa serve fare il proprio dovere in ogni mansione all'interno della società se poi l'ordine dall'alto è quello di distruggere tutto?
Tutto questo clima incandescente, come nella tradizione della società del Bari ogni qualvolta si respira aria amara, è generato dalla necessità, probabilmente, di trovare un (ennesimo) capro espiatorio da immolare, come fu per Ventura, pian piano riabilitato dal tempo: stavolta è toccato a tutti i giocatori. Con la benedizione di Don Rodrigo Matarrese.
Massimo Longo

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