27 maggio 2012

Grazie Dolcenera: Bari e il Joyce dei poveri ti sono grati


Non sono mai stato particolarmente attratto dal "sabato sera". Caos, confusione estrema, indisciplina stradale ed umana, pazzia, anarchia allo stato puro, tutto pare condensarsi nelle fottute ore serali-notturne del sabato italiano per eccellenza dove tutti sembrano correre, fuggire, impazzire dietro al cosiddetto svago sacrosanto dopo le fatiche settimanali, ed è proprio per questo che al crepuscolo del shabbat, giorno ebraicamente dedicato al riposo, ho sempre preferito rintanarmi al sicuro tra le mie quattro mura, lontano dalla movida incontrollata barese, magari davanti ad un libro, o ad un film, o alle interessantissime trasmissioni di divulgazione storico-scientifiche di Alberto e Piero Angela, uniche per le quali vale ancora pagare il canone, in piena solitudine o in compagnia, rigorosamente a casa, di qualche buon amico sorseggiando vino e pasteggiando qua e la senza strafare parlando del più e del meno. Pure Pippo Baudo, talvolta, non è sfuggito all'inevitabile trascorrer del tempo allorquando impazzava in Tv, anche se, in tutta onestà, è durato lo spazio di un attimo salvo cambiar subito canale. 
Ma il pensiero di doverlo trascorrere, il sabato sera, allo stadio per vedere Bari Gubbio proprio non mi è mai passato per la mente e mai avrei creduto accadesse. C'è sempre una prima volta nella vita, mai dire mai, insomma. Dopo i fasti ambigui contiani e venturiani e dopo quelli televisivi di recenti realtà europee, eccoci servito in questo sabato qualunque, in questo sabato italiano, una metafora del teatro dell'assurdo beckettiano in trasposizione calcistica, Bari Gubbio al sapor di Castel di Sangro ma in tono decisamente minore: lì in 55 mila con i 12 castellani premiati per la permanenza in B con il viaggio suggestivo a Bari affascinati dallo stadio, all'epoca più bello del mondo, accolti come amici, oggi davanti a 55 paganti e un ottavo, seppure, dei 4440 abbonati previsti a dare il commiato a questo super Bari di stasera protagonista di un'annata tra le più inquietanti dei suoi 104 anni di vita.

Acireale, Castel di Sangro, Akragas, Alcamo, Genzano, e tante altre, sono i nomi di tutte le squadre cui il calendario, forse anche pilotatamente ma nel senso buono, ha riservato il Bari in ultimo come se affrontarlo fosse un "premio" per queste squadre, un premio-passerella, insomma, per queste comparse calcistiche che potranno dire, un giorno, di aver incontrato "il Bari" sia nelle loro tane lupercali che al mitico (oddio...) San Nicola quantunque ultimamente sbiadito e decadente ma pur sempre proscenio del mitico Bari dei 30 anni di A e dei 50 di B che che se ne pensi. E il Gubbio dovrà rassegnarsi ad essere una di queste dopo i fasti di Torrente, allenatore capace di aver elevato Iguvium la città dai galloni calcistici umbri per due anni di fila, davanti alle blasonate Perugia e Ternana.

Un Bari che non è riuscito ad esprimersi come avrebbe voluto il suo condottiero, Dolcenera Torrente, che, forse, si attendeva qualcosa in più dai suoi ragazzi nonostante abbia ottenuto il massimo in rapporto alle situazioni personali e che quindi, a conti fatti, può pure ritenersi soddisfatto comunque. Bogliacino se solo fosse arrivato con le motivazioni giuste e in uno stato fisico più accettabile di quello con cui è arrivato, sono certo che avrebbe reso molto di più. E' proprio da lui, andato via Donati per far cassa, che ci si aspettava quel valore aggiunto che, invece, è venuto meno senza se e senza ma, flash a parte, del resto lo ha sempre detto pure l'allenatore, dunque non scopro l'acqua calda, nè nessuno può osare contraddirmi. 
Ovvio che non è solo il Bogliacino: se il centrocampo ha espresso una volumetria di gioco senza riuscire a fornire l'assist vincente lì davanti, senza un attaccante degno di nota se non occasionale, trovo fosse fisiologicamente impossibile ottenere il massimo. Per questo rimango dell'idea che una squadra così giovane per 3/4 della rosa, al suo primo anno di B e quindi zeppo di matricole per questo torneo peraltro modesto sia nel gioco quanto nella classifica, con un allenatore anche esordiente che pure ha sbagliato qualche volta (Torrente ha sempre ammesso i propri errori di valutazione, ci stanno), sarebbe bastato davvero poco per tentare di ottenere quei 10 punti in più persi per strada a causa dell'immaturità diffusa e strisciante nella squadra che pure, e ci mancherebbe, si è sempre impegnata al massimo. 
Facile, dunque, per Torrente incorrere negli errori di valutazione dei cambi o nella lettura di certe gare. E che si mettano l'anima in pace i 4 soliti maligni influencer sguinzagliati dalle menti perverse corrotte dai tempi contiani della ricerca a tutti i costi del gioco e dello spettacolo perchè altrimenti non sarebbe calcio, che non c'è trippa per gatti per loro, influencer identificabili in alcuni "tifosi del Bari" in chiave Joyciana i quali, ebbri delle epifanie di un tempo andato, ne hanno elaborato discussioni futili e controproducenti alla società del Bari per distorcere la realtà e sempre pronti lì a determinare la nuova informazione webbaiola senza averne titolo ma solo vantando e millantando conoscenze personali ipocrite in quanto davanti mostrano sorrisi e da dietro accoltellano. 

Per questo ho sempre difeso Torrente semplicemente perchè dopo 42 gare, più alcune di Coppa Italia, ottenere il massimo da questi ragazzi, in queste condizioni, con una immaturità diffusa nella rosa, con alcuni giocatori rottisi strada facendo, altri arrivati non in perfette condizioni e, per giunta, alla spicciolata senza la preparazione di Borno, non era da tutti, e arrivare decimi in classifica, quasi dietro il Padova, sulla colonna di sinistra della classifica da me peraltro prevista ad inizio torneo, con 47 gol fatti solo 9 dei quali fatti da un attaccante che, peraltro, non sarebbe dovuto partire titolare ma che, gioco forza, non essendo arrivati gli attaccanti richiesti, è stato gettato nella mischia insieme a Marotta, con una squadra messa su alla meglio, senza nessuna disponibilità economica, con qualche giocatore ancora allo stato grezzo, da svezzare sia caratterialmente che professionalmente ma che, vivaddio, i "piedi" hanno mostrato di averli eccome, con le sue scelte risultate obbligate, con i giocatori cardine venuti meno proprio nel momento topico in cui la squadra sembrava rispondere alle sollecitazione dell'allenatore, tra squalifiche, alcune delle quali assurde, infortuni e stangata sulla psiche dei ragazzi per le ultime penalità incorse, ritengo sia un merito per Torrente che è riuscito laddove, probabilmente, nessuno sarebbe stato capace, anche nella gestione dei giocatori essendo lui, non dimentichiamo, un allenatore di giovani e non ancora uno svezzato da categorie superiori, patentino che ha conseguito di diritto dopo questa esperienza che lo ha formato e maturato come avesse trascorso 5 anni in un "Vicenza" o "Ascoli" qualsiasi. 

E quando sembrava decollare, ecco puntuale quel senso di smarrimento, quasi di angoscia, di fronte all'evidenza della situazione che, forse, hanno alimentato il momento particolare della squadra al punto di compromettere quanto di buono aveva fatto fino a Pescara. Quel senso di giustizia federale percepita come ingiusta nei loro confronti, probabilmente, complice anche la loro giovane età, deve averli condotti nel pensiero kafkiano più angosciante nonostante l'insonorizzazione entro cui, Torrente e la società, li avevan protetti. Come a dire: più di questo, onestamente, non poteva fare perchè solo i soliti influencer, prevenuti, han pensato che le 14 gare perse siano state solo colpa di Torrente. Ma nessuno, però, parla dei meriti dello stesso per le altre 14 vittorie (9 delle quali fuori casa), dei pareggi prestigiosi di Torino, con la Sampdoria, e di qualche partita persa in casa immeritatamente: una su tutte quella col Verona, ma non solo quella. 

Dunque, che ci si levi dalla mente che esiste una "colpa" unica. Ci sono solo dei meriti, di tutti, da società putativa capace di gestire e di non far mancare il fiato alla rosa, ai giocatori che, sia pur poco esperta, ha dato il massimo, passando per tecnico e tecnici tutti. Perchè il merito di essere rimasti in B, sia pur al netto di possibili penalità imminenti, è merito di tutti, che sia ben inciso, nonostante le perplessità di qualcuno che, troppo frettolosamente, non bravissimo nell'interpretazione delle mie parole ma soprattutto preferendo ascoltare i giudizi poveri, ignoranti di taluni e non i miei, ha preferito concettualizzarsi autonomamente. Sbagliando clamorosamente.

Della partita di ieri, oltre a sancire l'addio per molti, già col troller pronti per rientrare a casa, non c'è molto da dire se non che il Gubbio è stato battuto non solo da un ottimo Bari ma anche da Torrente, il vero bersaglio degli eugubini di oggi perchè gli stessi volevano fargli pagare il suo addio in Umbria per una piazza blasonata: e va bene il provincialismo bieco, ma arrivare a non capire che certe scelte vengono fatte, da un professionista, per cercare di migliorarsi, allora si è davvero stolti. Poi il solito rigore sbagliato, quest'anno non ci si è fatti mancar nulla, insomma. Cos'altro dire: ottimo Scavone e bravi tutti, gli applausi sinceri dello stadio verso Torrente, un Super Forestieri, segno inequivocabile della sua gestione da parte dell'allenatore ma in generale della cura verso i giovani. Magari rimando le pagelle in un altro editoriale. Piuttosto occorre pianificare adesso, mettere le basi per allestire una squadra competitiva soprattutto alla luce di un inizio torneo, l'anno prossimo, all'insegna di quei 5/10 punti di penalità pressoché certi e per farlo occorre ripiegare non sulle giovani promesse di Prima e Seconda Divisione, ma su certezze alla De Falco o Claiton, possibilmente sin dal ritiro e non da gennaio, magari in condizioni approssimative perché a gennaio son tutti così i giocatori in vendita. Sperando vada tutto bene per l'iscrizione al torneo.

Del mio impegno professionale giornalistico al servizio di voi tutti, in una narrativa calvinistica che ho sempre messo a disposizione dei miei lettori, nessuno potrà e oserà muovere critica. Rimarrò sempre un James Joyce dei poveri in chiave barese. E pretendo di essere rispettato, da tutti.
E' che arriva un giorno in cui, per chi mi ha perseguitato, dovrei provare solo indifferenza, stanchezza della sua stupidità. E solo allora dovrei perdonare. Ma non è facile. Intelligenti pauca.
Spero di avervi regalato qualche emozione con questi miei editoriali: ci ho messo impegno solo per voi.

Ed ora pronti tutti ad erigere quel monumento a Torrente: calce, cazzuola, secchio e mattoni son pronti: chi vuole aiutarmi potrà farlo. Grazie Vincenzo, Bari e il Joyce dei poveri ti è grato.

26 maggio 2012

L'avvelenata 4: adesso basta, ve ne canto altre 4



E' finito. Finalmente questo tormentato torneo del Bari è giunto alla fine dopo 42 giornate vissute intensamente con angoscia metropolitana mista a momenti di tensione e di rabbia. 
Voglio dirvi due o tre cose a tal riguardo, però. Io sono un giornalista iscritto regolarmente all'Ordine, pago la mia retta annuale come tutti, e salvo una blanda collaborazione con una testata verso la quale, amichevolmente, invio qualche articolo qua e la, o una foto o invio una intervista, gratuitamente a mie spese, al momento non scrivo per nessuna testata in quanto nessuno mi vuole tanto risulto scomodo nella mia naturale coerenza, libertà e rispetto verso tutti, e le trasferte me le pago di tasca mia senza ringraziare nessuno, come mia abitudine, se non alla mia fantasia e alla mia scrittura, alla mia conoscenza, a quel saper accomunare poesia, letteratura al calcio - prodotto al momento latitante nel panorama calcistico - e alla mia passione. 

Viaggio per seguire il Bari, sempre a mie spese, con l'obiettivo di contribuire a dare voce e tenere alto il galletto tanto bistrattato negli ultimi tempi anche a costo di sorbirmi fischi e pernacchi da qualcuno di Verona, di Vicenza, di Bergamo ma soprattutto di Bari, e lo faccio solo per amore della mia squadra del cuore da sempre, sin da quando respiravo aria di iodio trasportata dal maestrale in zona San Girolamo, altezza Della Vittoria, fino ai tempi odierni quando lo iodio ha lasciato spazio all'humus bucolico bitrittese, laggiù nella landa della striscia di Gaza tutta barese - forse la zona più brutta di Bari - dove quell'ex astronave che fece girare la testa a tutti i calciofili del mondo ad inizio  90, par diventata una centrale nucleare bulgaro-sovietica abbandonata da 50 anni, in disgrazia, da dove sembrano essere fuoriuscite tonnellate di gray nucleari e il governo sembra come volesse tombificarlo gettando altrettante tonnellate di cemento e calcestruzzo che, come noto, da quelle parti non mancano assolutamente, anzi. 

Detto ciò, tutto ciò che scrivo qui dentro, nel mio blog, nel mio spazio, laddove tutti sono autorizzati a lasciare un commento, una critica, un pernacchio, un bacio, un applauso, un complimento, un insulto, un'offesa (ma queste ultime, poi, le cancello), posso scrivere che cavolo mi pare senza dare conto a nessuno, svincolato da qualsivoglia diktat sovietico e fascista riconducibile a linee editoriali, metafora del bavaglio mediatico, perché, appunto, qui dentro scrivo che cavolo mi pare in piena libertà, nel rispetto di tutti e senza offendere nessuno.

Semmai potrei criticare tizio, caio, dirigenti (ma soprattutto talune scelte) del Bari Calcio, giocatori, mia moglie, mia nuora, la mia presunta commara, mio padre, mia madre, mio fratello, il parcheggiatore abusivo di giù a casa, il salumaio, il giornalaio, la mia amica di banco dei tempi del liceo, chi cazzo mi pare, ma non spingermi oltre negli insulti o nelle offese men che mai quando ne senta la necessità di rispondere a qualche imbecille non riconducibile ai personaggi appena citati, ai quali invece preferisco la spada mortale della mia penna. 
Forse è appena il caso di precisare ai numerosi diversamente abili nella comprensione interpretativa lessicale, ma in generale a chi si diverte puntualmente a girare ai latori i miei scritti debitamente distorti nel loro significato visto che ora non perderanno tempo nel divulgare questo mio scritto, che NON mi riferisco al Dott. Garzelli, al Sig. Angelozzi, a Don Vincenzo Matarrese appena genetliacato, alla Famiglia verso la quale ero, sono e sarò sempre moderatamente critico per la gestione del Bari Calcio, all'Ufficio Stampa, alla Segreteria, ai quadri tecnici e a tutti gli impiegati del Bari che, invece, da sempre antepongo pasolinianamente nei miei pensieri rispetto ai giocatori, soprattutto quest'anno dove tra centomila difficoltà, hanno svolto bene il loro lavoro dignitosamente, senza alzare la voce, forse pure piangendo per le sorti della loro squadra, sotto il fuoco bellico della giustizia mediatica e non solo, ma sempre con professionalità e dedizione, e quell'incontro in Fiera di due anni fa da me organizzato ne è stata una prova, allorquando pretesi tutta la società, anche i custodi del San Nicola e il mitico cane Linda zingaro felice e fortunato della landa nicolaiana, per tributar loro l'applauso della città ancor prima di lasciare che lo tributassero a Barreto, Ventura, Perinetti & C. facile preda dei tifosi, né mi rivolgo alle figure retoriche seguenti, ma a certi balordi webbaioli ben individuabili e che, come sapete, ultimamente non me ne son fatti mancare, e prima di scendere al loro livello così da lasciarmi battermi dalla loro esperienza, mi piace colpirli a morte letteralmente, se il caso, così, poi, da evitarli per sempre. Poi li sto aspettando, adoremus, ma questo è un altro discorso.

E su quanto scrivo, siccome non offendo nessuno, né nel Bari calcio, né in ogni contesto, salvo, appunto, puntare l'indice, metricamente, verso chi usa violenza nei miei confronti, PRETENDO che ogni mio scritto di qui VENGA RISPETTATO da tutti così come io rispetto i vostri, e se non siete capaci di interpretare bene il mio pensiero, prima di copiare ed incollare il tutto e consegnarlo nelle fauci dei latori debitamente storpiato a vostro piacimento così da tentare di mettermi in cattiva luce ignobilmente e goffamente (almeno ci riusciste, teste di rapa: non siete nemmeno capaci di farlo, grandi testicoli masturbatori androgeni invidiosi che non siete altro), vogliate consultarmi preventivamente, prima che la vostra irrefrenabile voglia malvagia di mettermi in cattiva luce abbia la meglio sulle vostre povere e vacue menti, per spiegarvi bene, ad litteram, il senso del mio pensiero, vista la vostra tracotante, atavica, ignoranza e malafede nell'afferrarlo, così, poi, potrete presentarlo, a prodotto finito, naturale, sgombro da interpretazioni errate e balorde privo della vostra consueta corruzione bastarda, al vostro amico - mio latore - di turno così da spiegargli che il sottoscritto non voleva offenderlo, né insultarlo, né tanto meno dimostrare che ho una "seconda faccia" perché la mia coerenza, tutt'altro che care balorde emerite teste di mentule, la si taglia a fette,  ma si è limitato a descrivere, dopo tanti applausi sinceri che ho descritto col cuore a tutti, solo una sana critica, col suo modo di scrivere, col suo taglio e con la sua impronta da scrittore non giornalistica, al vostro "amico" ciceroniano verso il quale davanti vi mostrate sorridente e lacchè mentre da dietro lo pugnalate come vigliacchi.

Perchè NESSUNO, e ripeto, NESSUNO E' E SARA' AUTORIZZATO A CHIAMARMI PER FARMI ROMANZINE perché intanto ho 50 anni, mille difetti e centomila lacune, un nome in città, un volto rispettato e stimato persino dai miei "nemici" (se così si possono descrivere i miei amici di correnti opposte), poi perché il mio non è un articolo di giornale dove ci sono da seguire regole ferree, ma una considerazione personale, poi per il suddetto taglio non esattamente giornalistico-cronachistico ma più narrativo, oltre ad essere sempre privo di offese ed insulti come quelli che, invece, ricevo io quotidianamente e per i quali ho da tempo dato mandato ai miei avvocati per tutelare la mia immagine. 
Perchè, poi, dopo tutto quello che ho fatto e che faccio per il Bari non credo di meritarmelo atteso che il Bari, soprattutto quest'anno quando ci sarebbe stato da affondare nella lama della critica senza pietà (e mettete mano a me... son cavoli amari per tutti), ho cercato, invece, anche nel rispetto delle regole giornalistiche, di portarlo sempre sul palmo di una mano in tutta Italia, per tentare di tenerlo ancora in vita, per non abbandonarlo, per tentare di levarlo dalle fauci dei media che già avevano cantato il de profundis da tempo, arcobalenizzandolo col mio proverbiale amore trasudante dagli scritti interi, meno da alcuni concetti critici inevitabili ma sempre rispettosi, facendola conoscere in tutte le città d'Italia e nel mondo perché con internet arrivo dappertutto, atteso che c'è chi, invece, usa la critica e le offese di default, anche negli articoli giornalistici e non negli spazi privati (non è il mio caso). 

Dunque, utenti virtuali, latori, Bari Calcio, rispettatemi, accettate le critiche in maniera silente, dignitosa e con signorilità senza assumere atteggiamenti bellicosi, puerili, perché, poi, risultereste maleducati oltre che passare dalla parte del torto, e perché criticare è anche, forse soprattutto, amare: se non avete studiato, compratevi un Bignami invece che una birra o andare a puttane. Sicuramente vi impreziosirà il lessico e l'anima e saprete accettare le critiche col sorriso, senza cattiveria e risentimento imparando a rispettare il prossimo che, come me, vi rispetta senza se e senza ma salvo, appunto, quando mi violentate nell'anima e nel cervello.

Il mio linguaggio non è da forum e né da curva, sia chiaro. Forse sarà il vostro, non il mio. Imparate ad interpretare bene il senso delle mie parole; comprendo che il mio linguaggio vagamente forbito (anche se non è vero) non sia per tutti, ma io non mi rivolgo a tutti, sicuramente non a certi cialtroni minus habens influencer che ormai spopolano sul web come spermatozooi impazziti itineranti nel vortice virtuale dei siti, scribani amanuensi sclerotizzati in cerca di potenti da leccare condensati dei più malvagi pensieri autoctoni generati da sola prevenzione, invidia e bastardaggine e nemmeno, purtroppo, ai miei più semplici, veri, fidi, tosti, leali, amici di curva nord ai quali, invece, avrei voluto rivolgermi anche se non sempre sono stato, e tuttora non sono, d'accordo con le loro gesta ma, come noto, li rispetto sempre, pur criticandoli talvolta come è inevitabile che sia tra persone civili. 
Attenti, dunque, signori: nel vostro interesse, perché non la farete franca. Costo poco, posso dar lezioni gratuite a voi, mentule flaccide webbaiole megalomani internauti. Perché altrimenti, la prossima volta so io come muovermi e tanto saranno cavoli amari per tutti. Questo è l'ultimo avvertimento bonario. Avete abbondantemente scocciato.

21 maggio 2012

Palladio, le tartine al baccalà vicentino e la marmellata biancorossa


"Col tempo, poi, le voci hanno avuto la meglio sulle motivazioni dei calciatori". Così Andrea De Falco, giocatore arrivato a Bari con un paio di mesi di ritardo, con il solito problema fisico da riparare nelle officine sanitarie del San Nicola perchè a Bari funziona così, ma poi risultato forse l'innesto più azzeccato, oggi sicuramente il migliore in campo a Vicenza - gol a parte - una frase che sintetizza un po' tutto il torneo di questo Bari e che dimostra ai 4 riottosi guardoliani prevenuti (e non ai critici), a quelli che o si gioca come il Barça o non è calcio, che le colpe non siano di Torrente che da 10 mesi, tra enormi sacrifici, difficoltà e in perfetta solitudine, sta tentando di tirare  sulla mulattiera della transumanza barese la rosa messagli a disposizione impermeabilizzandola da tutto quanto accade attorno alla società ma dalla quale, evidentemente, nulla ha potuto fare nell'ultimo mese, mese e mezzo, da quando i giocatori, che pure si sono impegnati al massimo, non sono riusciti evidentemente ad evitare strappi e fori agli impermeabili attraverso i quali è penetrata l'aria pesante che aleggia intorno alla società del Bari. 

Ovvio che alla luce di ciò, considerando l'evolversi del torneo, trovare motivazioni in una rosa che Torrente, per 9 mesi, pure ha tentato di trasmettere, in una rosa che per 3/4 è in solo prestito secco, che per un'altra frazione pende verso la società d'appartenenza, e che solo per uno-due sono "made in Bari", che alla luce di quanto sta accadendo, non vede l'ora di tornare a casa, diventa impossibile recepirle. A questo aggiungeteci la morte delle speranze del calcio barese causate dalla gestione di Matarrese che continua, come sta facendo da 35 anni, a voltare le spalle ai tifosi anteponendogli il cemento. Per non parlare dei loro colpevoli ed eloquenti silenzi. Ma son cose che dico da sempre, peccato che nessuno le ascolta. Del resto se ho il bavaglio un motivo ci sarà.

Per questo continuo a stupirmi come abbia fatto un allenatore che non è San Nicola, nè San Francesco, nè tanto meno un taumaturgo ma solo un allenatore al suo primo anno in B in una categoria prestigiosa dopo i fasti localizzati eugubini e dopo tanta gavetta da cui ne è uscito sempre vincitore, in una piazza altrettanto prestigiosa come è Bari in cui lo stesso tecnico credeva tanto che, si ricorderà, alla presentazione si lasciò trascinare dall'emozione quando disse che questa "piazza è storia, leggenda e non un'avventura", ad aver conquistato 53 punti (con una partita ancora da giocare) con una rosa composta per grossa parte da giocatori non esattamente descritti nella lista della spesa fatta da Torrente a luglio e che il signor Dante Alighieri versione siciliana, Guido Angelozzi, col suo dolce stil novo, avrebbe dovuto fare sia pur, come noto, coi fichi secchi mandorlati catanesi (ottimi), con giocatori troppo grezzi per essere raffinati in sole 42 gare nelle praterie verdi della B, con Marotta e Caputo rientranti dai rispettivi prestiti - e non, invece, scelti da Torrente - come personale da manovalanza in attacco che avrebbero dovuto crescere sotto l'ombra di altri due attaccanti di categoria di cui, purtroppo, almeno alle nostre latitudini, non se n'è vista traccia al contrario di tutte le altre 21 società che, dati alla mano, potevano contare sull'apporto tra campo e panchina - e, talvolta, pure in tribuna - di quei 5/6 attaccanti degni di nota, giocatori, dunque, Marotta e Caputo che, invece, causa forza maggiore è stato costretto a gettare nella mischia come veri agnelli sacrificali andando incontro a scottature dolorose come è stato per Marotta e con la stravagante e riduttiva consolazione dei 7 gol di Caputo incoronato niente di meno che "bomber" capocannoniere del Bari. A questo si aggiungano i numerosi infortuni, puntuali quando si parla di Bari calcio, di giocatori arrivati alla spicciolata per apportare esperienza ma che invece hanno solo affollato l'infermeria del San Nicola (addirittura per De Paula si è reso necessario il rientro in sede, insomma un deja-vu, alla Jadid, alla Pisano, alla Sestu e a tanti altri mille giocatori sbolognati al Bari per smaltire i postumi di infortuni sia fisici che, soprattutto, psicologici: e che nessuno osi smentirmi), le squalifiche, alcune delle quali assurde come quella di Caputo, oltre a quelle fisiologiche che, però, in una squadra "normale" sarebbero state assorbite bene, ma che in una come quella barese debole e precaria, si son rivelate fatali. 

E siccome in questa squadra non ci si fa mancare nulla, nemmeno la marmellata tanto cara al Sig. Angelozzi, alle ignobili vicende del calcio scommesse, a quelle appena descritte sulla rosa a disposizione e le sue sfaccettature, si sono aggiunte alla torta anche le penalità subite nel corso di questo torneo per i dispettucci puerili fiscali dei Matarrese i quali, nel levare il disturbo, hanno scelto il modo peggiore per farlo, ovvero ricattando la città attraverso le istituzioni coi deferimenti (ed anche qui, nessuno osi smentirmi: e bravo il sindaco a non aver ceduto ai loro ricatti: mal comune mezzo gaudio).

Ieri Vicenza Bari, biancorossi allo specchio, una partita giocata in un'atmosfera quasi leopardiana con il tetto del campanile, fortunatamente integro dopo la scossa di terremoto di ieri, sporgente dalla curva nord del Menti, quasi a voler fotografare una dimensione provinciale, quella giusta, sana, per la B, quella di uno stadio ubicato ancora in città e non in estrema periferia, dopo l'ennesimo minuto di raccoglimento disposto durante questo anno maledetto, con la necessità da parte del Vicenza di vincere per tentare di restare agganciato al treno playout indipendentemente dal risultato che avrebbe conseguito il Livorno, ed il Bari alla ricerca del punto salvezza. Macchè.

E proprio all'andata ci furono le prime avvisaglie di malumori da parte di qualcuno verso Torrente reo di aver sostituito il tanto discusso Marotta sul 2-1 per Kopunek visto l'incedere del Vicenza. Perchè a Bari, gli scienziati conversanesi del pallone, son così: prima vogliono Marotta sempre in campo, poi lo contestano dandogli del bidone. Siamo a Bari, mica a Vicenza o a Lecce.
E ieri a Vicenza il Bari di Torrente ha sviluppato pure gioco a tratti anche dignitoso, offrendo, insieme ai biancorossi palladiani, uno spettacolo godibile: ecco, dunque, la prova che il gioco c'era e c'è stato. Sempre. Ma certi tifosi, purtroppo, col dente avvelenato verso Matarrese, dovendo trovare un capro espiatorio, lo trovano in Torrente reo di non aver dato uno straccio di gioco. Ovviamente puntualmente smentiti. Perchè il gioco c'è sempre stato, sono le terminalizzazioni ad essere venute a mancare e, di conseguenza, il "bel gioco"; e se lì davanti i terminali rispondono al nome di Kutuzov e Castillo, reperti archeologici pallonari pregni d'esperienza e di professionalità quanto si vuole, ma assolutamente inadeguati alla causa, di Stoian rumeno imbaresitosi troppo frettolosamente, indisciplinato, e appena appena montatosi la testa per colpa di alcuni tifosi che lo hanno eletto idolo al primo dribbling, come ho sempre detto e come l'evidenza ha confermato, di Ciccio Caputo che, ripeto, catapultato suo malgrado titolare, non riesce nemmeno a colpire con un'anca un pallone d'oro arrivato dal fondo, lì, ad un centimetro dalla linea di porta (per non parlare di altre mille gol sbagliati) e che pure la mia unghia incarnita riuscirebbe, d'inerzia, a spingere in gol, di Galano e Bellomo che tutto fanno fuorchè quello che decide l'allenatore intenti come sono ad ascoltare più Lippi Junior che il loro tecnico, mi dite, orbene, che colpa ha il buon Torrente? 

Meno male che tutta la stampa, all'unisono, una volta tanto, è d'accordo con me sul fatto che Torrente ha compiuto un miracolo a tutti gli effetti. Fatevene una ragione, ragazzi. Così anche, meno male, che il torneo sta volgendo alla fine. Tormento finito per tutti. O non ancora...
Ho visto Pinardi tra i vicentini: un grande giocatore che ieri ha dato tutto, anima e corpo, giocando una partita magistrale. Ho pensato che è arrivato a gennaio qui al cospetto del Palladio dando quel valore aggiunto necessario alla squadra di Cagni, mentre al Bari è arrivata solo la marmellata di Dante Alighieri Angelozzi.
Palladio me lo aveva detto che sarebbe stata dura oggi, tra una tartina di baccalà e una cioffa di bigoli gustosa: aveva ragione.

20 maggio 2012

La fine dei sogni dei soloni di Conversano

                                                           foto di article.wn.com

Eccolo, come un lampo, il gol di Drogba che ha spento entusiasmi adolescenziali di canuti calciofili, azzerato languide convinzioni di testardi uomini da tastiera e abbattutto ogni velleità insulinistica di diabetici del pallone convinti, forse troppo frettolosamente, ingenuamente e azzardatamente, che il binomio belgioco-spettacolo fosse l'unica forma mentis del calcio senza la quale era inutile assistere a partite di calcio. Ed invece quel bischero di Drogba, sia all'87 che all'ultimo rigore, han fatto cadere l'impalcatura della convinzione sulle teste dei soloni del calcio inscatolati nella tracotanza webbaiola e agguerriti come tanti piccoli soldatini della tastiera.

12 maggio 2012

Costellazioni biancorosse, tra Sagittario Scorpione e Gemelli


Seduto al solito posto della decadente tribuna stampa dello stadio San Nicola, ormai a tutti gli effetti metafora del tempo barese attuale, ieri sera dopo l'imbrunire, quando il desktop azzurro del cielo lasciava, man mano, il posto ad un pdf notturno, guardavo impallato le stelle fino alla linea ellittica dell'orizzonte grazie anche ai vari squarci scheletrici dei teloni volati via durante il maestrale barese millenario e traslati, d'ufficio, nei testi di archeologia ingegneristica. Una linea sorda, quasi misteriosa, che sembrava prender corpo là, dietro ai campi di ulivi bitrittesi da cui fuoriesce humus terrestre e che, ahimè, da 23 anni circa ha preso il sopravvento sul mitico odor di iodio e sale che dolcemente riempiva i bronchi ai 40 mila del Della Vittoria in un'altra vita.

7 maggio 2012

"Chi sposa Conte sposa il suo progetto": Ipse dixit



I tifosi baresi devono apprezzare quello che noi continuiamo a fare per questa città, e come nel passato quando abbiamo chiesto aiuto ai baresi, oggi è il momento in cui continuiamo a chiederlo di nuovo ai baresi. Sosteneteci perchè non è facile, è un impegno notevole, sotto tutti gli aspetti, un impegno più grande, uno sforzo economico perché la serie A non si fa coi giocatori sconosciuti ma con quelli importanti: Conte e Perinetti hanno le idee chiare e Perinetti le ha ancora più chiare di Conte, so che mi metteranno in difficoltà, ecco perchè è necessario che tutta la città, all'invito della famiglia di aiutarci, mi auguro possa rispondere. E' inutile dirvi come, lo sapete benissimo, dobbiamo dimostrare di essere compatti, forti, affinchè poi dal Governo Centrale possa arrivare l'aiuto necessario a sostenere il Bari calcio. Sapete benissimo l'aiuto che vogliamo noi: è solo il lavoro, e  attraverso il lavoro noi  sosteniamo il Bari calcio. L'ho sempre detto nel passato lo dirò sempre. Quindi mi raccomando a tutti quanti, mio fratello Antonio non è qui ma è come se fosse qui, fate attenzione, noi ci teniamo da andare avanti, ma bene. Per il resto lascio a voi la responsablità. Grazie”.
Così Vincenzo Matarrese, ottavo o nono – non ricordo – discepolo di una famiglia zeppi di fratelli dediti all'imprenditoria con grande passione e professionalità, nonché con particolare piglio, con qualche ramo purpureo, non si sa mai, ipse dixit il 2 giugno dell'anno domini 2009, giorno dedicato alla festa della Repubblica, presso una sala conferenze di un Hotel a Palese, l'indomani della super promozione in A con Antonio Conte.

Ieri l'allenatore leccese, abituato a vincere solo nel maggio nicolaiano barese come tre anni fa tornando da Piacenza e come lo scorso anno tra le contrade di Siena, ci ha fatto emozionare ancora facendoci sentire, sia pur con sfaccettature diverse e al di la dei meriti indiscussi per un campionato giocato alla grande pur senza una punta da Champion's, un po' tutti tifosi della Juventus anche chi, come me, simpatizza da sempre per il Toro. Certo, in buon Antonio da Lecce oltre a dimostrare di saperci fare, è stato anche fortunato (non a caso audaces fortuna iuvat, mica tutti) non avendo conosciuto, a differenza di qualche altro suo collega di nostra conoscenza, cosa fosse esattamente la gavetta, cosa fossero gli anni duri, i campi polverosamente erbacei coi tifosi a punzecchialo con gli ombrelli o con le punte attraverso le maglie slabbrate dei recinti, le paturnie dei presidenti di quarta serie, le discussioni dei cortili di società sconosciute, e non ha avuto nemmeno la necessità di raddrizzare i ragazzini indisciplinati di Bari vecchia o quelli come Stoian e Forestieri ai quali, secondo me, Torrente farebbe bene ad assegnare come compito a casa ogni giorno lo spezzone del video di ieri sera relativo alla discesa di Zanetti che a 40 anni non riesce proprio a bloccarsi, cadendo a terra, sin dal 20' del primo tempo per toccarsi la coscia dando l'idea di essere già stanco, no. Il buon Antonio, di cui vado fiero di essergli amico, non ha lavorato per levare i ragazzi dalle strade che altrimenti sarebbero finiti con una pistola in mano a rapinar banche o a combinare qualche casino pregiudicandone la loro vita, o sui vespini ruspanti a scippar nonnine, no. 
Antonio Conte dopo aver fatto il secondo di Gigi De Canio a Siena da dove, poi, una volta giunto a Bari, si sarebbe ricordato di Bianco e Volpato, e dopo una parentesi ad Arezzo dove non riuscì, purtroppo, a salvarsi a causa di una penalità che, di questi tempi, sembra aver preso il posto dei numeri nelle classifiche, fu chiamato a Bari da Perinetti (dunque in una società blasonata con 30 anni di A ed altrettanti di B, mica in un Albinoleffe o in un Cittadella qualsiasi, dove tutti - e ribadisco tutti - vorrebbero venire a lavorare perchè da lontano “vedono” Bari come una grande città in cui l'equazione grande città=grande calcio è default senza sapere, invece, che le cose non stanno esattamente così), dopo la sciagurata Waterloo barese in casa con gli odiati cugini leccesi targata Materazzi. Il resto è storia compresa la parentesi negativa di Bergamo.

A Bari, tuttavia, pur strabiliando con i numeri, coi risultati e col gioco, non riuscì a trasformare in oro tutti i giovani arrivati alla sua corte presi come al supermercato zeppo di offerte: Lanzoni, Bianco, De Pascalis, Donda, lo stesso Lanzafame, Ladino, Monteiro, Siligardi, Maric, Volpato, per non parlare di Galano e Bellomo, insieme ad altri, ad oggi, tranne qualche eccezione peraltro tutt'altro che prestigiosa, non mi pare si siano confermati, anzi, taluni son scomparsi dal panorama calcistico nazionale e mondiale. Almeno questo hanno sancito i dati fino adesso. E la promozione in A, non a caso, è stata ottenuta con risorse umane più adeguate alla categoria, con Guberti, Kamata (stranamente sparito), Barreto, Colombo, Gillet, Masiello ed Esposito, vale a dire con l'esperienza, insieme, ovviamente, a tanti altri.

E proprio in quella conferenza stampa Vincenzo Matarrese disse che il contratto con Conte era stato già firmato anche se non ancora depositato tanto che quando fu il mio turno per porre domande, gli chiesi espressamente quanto tempo c'era voluto per trovare l'accordo e se, per caso, nell'accordo era compreso anche la conferma dello staff tecnico di Ventrone & C. e lui mi rispose spalancandomi la mano: “5 minuti, pacchetto completo". E fu allora che intersecai le parole di Conte secondo cui, chi avrebbe sposato lui, avrebbe sposato un'idea, un'ambizione e un progetto. Però! Mi dissi, va a vedere che qui è davvero la svolta per il calcio, cavolo. Ma dopo un secondo ci riflettei su ed arrivai alla conclusione che c'era qualcosa che non quadrava: troppo strana la cosa. Poi realizzai che il giorno dopo ci sarebbero state le elezioni comunali a Bari capendo un po' tutto.

Io credo che la famiglia Matarrese sia stata l'unica proprietaria di una squadra di calcio ad essere riuscita attraverso, peraltro, un mezzo davvero sciocco, a farsi sfuggire un tesoro fatto in casa. Le elezioni, infatti, andarono male per Antonio Matarrese e l'altro Antonio, due minuti dopo gli exit pool, non potendo essere accontentato nelle sue richieste, lasciò immediatamente Bari.
Qualcuno, nel tentativo di cercare una giustificazione plausibile, sostenne che le cause erano da ricercarsi in dissapori con Perinetti quasi a voler difenderne l'indifendibile, ma al di la dei fisiologici dissapori tipici che pure ci saranno stati (con Matarrese non è mai facile mantenere le attese), i due si son ritrovati d'amore e d'accordo un anno dopo a Siena. Con tanti saluti verso chi sosteneva questa tesi.
Ricordo che fui il primo a scriverlo questo fatto ma, essendo “io” e non “quell'altro”, in pochi prestarono ascolto, come è giusto che fosse del resto. Così come tante cose che scrivo quando sono certo dei risvolti che puntualmente hanno riscontro. Ma a volte dimentico della mia proverbiale  scomodità che, a quanto pare, infastidisce anche, e soprattutto, chi la pensa come me. Onorato, ovviamente.

E poi qualcuno si lamenta come mai i baresi tifino per le quadre strisciate: ne ho già parlato a perdifiato altrove, ma è bene talvolta rammentarlo: se le ambizioni calcistiche prestigiose per una città metropolitana come Bari, ottava in Italia, che avrà pure i suoi indubbi problemi tipici di tutte le grandi città ma che rispetto a Catania, a Verona Chievo o a Parma non ha nulla di cui sentirsi inferiore, debbano essere disposte da messaggi subliminali diretti al popolo barese coi quali si invita, in qualche modo, a votare Antonio La Trippa detto Matarrese così il Governo centrale lo lascia lavorare come vorrebbe lui, senza tanti intoppi burocratico-amministrativi, trovo fisiologico, poi - pur non giustificandoli ovviamente - che tanti ragazzi preferiscano insciarparsi di colori bianchi, neri, blu e rossi piuttosto che di quelli biancorossi e gettarsi nella fontana della Banca d'Italia la sera dello scudetto. Non trovate? 
E a nulla vale insegnare ai nostri figli la cultura del Della Vittoria e della genuinità del tifo biancorosso se poi le attese sono altre.
I Matarrese volevano ampliare le loro ambizioni imprenditoriali - la politica dell'epoca tra l'altro glielo permetteva – e, come nel carpe diem oraziano, la morte di De Palo spalancò loro le porte alla città sicché, attraverso il calcio e con le consuete promesse da politicanti volte ad accattivarsi le simpatie dei  tifosi, riuscirono ad insediarsi in città mettendo radici ma, di fatto - calcisticamente parlando - tranne che per qualche fisiologica annata positiva, naturalmente non studiata a tavolino ma solo occasionale per poi, puntualmente, snaturala al primo vagito di grandezza, non si è mai andati oltre. Anzi oltre a tre retrocessioni in C, adesso hanno cominciato pure ad usarlo (il Bari calcio) come arma di scambio lasciandolo alla deriva.
E quella conferenza stampa ne è la prova. Ed anche la controprova.

Bari città minore, dal piglio provinciale ma che vuol mostrarsi grande, una Madame Bovary in eterna lotta con lo specchio, costretta come dita nei piedi in un mocassino targato Matarrese dal quale non riesce a sfilare il piede dolorante e zeppo di bolle, una Parigi minore che se non riesce a spiccare il volo europeo è anche per la mentalità superata, troppo familiare, dei Matarrese i quali, proprio, non vogliono capire che investendo sole cento lire equivarrebbe, matematicamente, ad ottenerne centomila senza tanti affanni, senza ricorrere a sotterfugi di elezioni politiche, senza adunare giornalisti per improbabili conferenze stampe e senza la necessità di attendere i risarcimenti europei che pure, di questi tempi, fanno bene alla famiglia la quale sicuramente accusa, sia pur a suo modo, la crisi. Infondo i tifosi non pretendono finali di Champion's ma stazionare laddove gli compete. Ed il bacino di utenza che si ritrova la città e la passione dimostrata dai tifosi nell'anno di Conte, oggi primo in A, e di Ventura, oggi primo in B, evidentemente non basta e non serve a fargli capire che il calcio, almeno qui a Bari, se solo gestito a dovere e senza particolari esposizioni economiche, può risultare un prodotto vincente senza ricorrere a pagliacci edulcorati d'oltre oceano, d'oltralpe e d'oltremare. E poi volete mettere una presidenza autoctona, tifosa del Bari ad una forestiera? E chiacchiere non ce ne vogliono.

5 maggio 2012

Alla ricerca dell'alba dentro l'imbrunire della panchina


Il Cittadella, squadra modestissima di mediobassa serie B in eterna sopravvivenza calcistica in una categoria nella quale ci sta - per carità, dignitosamente - come il parmigiano sulle cozze, cercava i punti della tranquillità per ripartire dai nastri di partenza di un altro anno di B e li ha trovati, come sempre accade con chi gioca col Bari di questi tempi grami, in modo epicureo vale a dire ottenendo il massimo risultato col minimo sforzo. Del resto basti vedere il primo tempo: la squadra di Foscarini, una sorta di santone da 'ste parti, mi pare si sia affacciata in area barese solo in occasione dell'affondo di Di Roberto colpito e messo giù da Garofalo (da cui, poi, ne è scaturito il sacrosanto rigore) a cui Torrente aveva affidato i compiti di una parte di centrocampo visti gli ottimi precedenti soprattutto col Torino, ma purtroppo, come accade dall'inizio, non sempre è Natale per questo Bari ed occorre farsene una ragione senza sbraitare come iene in calore o come smanettatori morsi dalla tarantola della competizione e del giustizialismo ad ogni costo.

Quante ne ho viste di queste gare in cui il Bari fa la partita, non riesce praticamente a tirare in porta, e poi la perde per un rigore. Potrei elencarvene duecento ma evito per amor di lettura.
Si, come avete visto tutti, in questa ennesima Beresina poetica e prosaica del 5 maggio manzoniano, la partita l'ha fatta il Bari pur senza attraversare Alpi e Piramidi sia nel primo tempo che nel secondo risultando, tuttavia, sterile (come sempre) sia pur accorciando in avanti con il pressing dei centrocampisti. Del resto, se si escludono i primi canonici 15-20 minuti in cui il Bari è abituato a partire sparato (almeno avesse segnato...) procurandosi 5 occasioni-opportunità gol, l'evidenza ha detto che finché c'è stato Forestieri, la linea d'attacco è rimasta bassa dal momento che l'argentino, amante del tango piazzolliano - un po' alla Rivas - ama tentare il dribbling senza, però, costruire gioco e, soprattutto, senza rendersi utile nell'unica cosa che ci si aspetta da uno come lui, vale a dire quella di dispensar palloni alle punte laterali: chissà perché (e mi riferisco a chi capisce di calcio, non ai soliti pochi prevenuti), quando è uscito, pur nella sterilità disarmante, la linea del gioco si è spostata di almeno 20 metri facendo arrivare i palloni in area cittadellese. Questa, ripeto, è l'evidenza, non chiacchiere e balzelli corrotti intuibili ed immaginabili da forum che non fan testo.

Creare vivacità senza ottenere nulla, solo per la mera gloria di sorpassare un avversario non porta a nessun risultato: lo dicono le enciclopedie del calcio, non io. Soprattutto se, poi, a provarci è uno che si chiama Forestieri, ovvero un ex signorin nessuno, simpatico ragazzino fighettino, bravino col pallone ai piedi ma nulla più, bizzoso prigioniero del suo passo tangheros piazzolliano senza nemmeno un "caschè" a cui santificarsi, e all'ennesima strigliata di Torrente di venerdì che, giustamente, pretende da lui più costrutto e meno edonismi leziosi troppo personalistici per l'economia di questa squadra che di tutto ha bisogno fuorché dei suoi dribblings. Di Italo Florio ce n'è uno solo. Ed inimitabile.

E dopo un rigore netto non concesso dall'arbitro per un fallo del portiere veneto su un irritante Stoian nonostante le costanti strigliate di Torrente volte a farlo tornare sulla terra, nell'unica cosa buona che aveva combinato nella gara, ho rivisto i fantasmi di precedenti gare nelle quali la necessità di gettare nella mischia un attaccante, mai così impellente come oggi, ha lasciato il posto alla disperazione disarmante di Torrente, già di per se stanco e provato da un torneo maledetto che sperava diverso e più armonioso, nel dover cercare l'alba dentro l'imbrunire della scarna panchina dove albergavano Castillo e Kutuzov, 70 anni in due, e Galano che, come per i due canuti attaccanti, è più croce che delizia nella rosa: e ragionare con questo materiale a disposizione in un momento della gara dove, invece, occorre essere sereni nelle scelte avendo a disposizione come il pane almeno un attaccante valido, si comprenderà, tutto diventa terribilmente difficile fino alla pazzia.

Ancora non mi capacito come abbiano fatto in società a non accontentare Torrente almeno con un attaccante  di razza dal momento che, come noto, è stato costretto ad ottimizzare le risorse a disposizione con Marotta e Caputo - tornati dai prestiti e non voluti dallo stesso - che avrebbero dovuto partire dalla panchina e non come titolari. Poi mi fermo e rifletto come davanti ad una scena di un film di Tornatore, o come davanti ad un Van Gogh o come davanti alla prosa di Pasolini, di Properzio e di Lucrezio e ripenso a quanto scritto da me in altri recenti editoriali e al rispettivo riscontro ottenuto nonostante l'invidia scema di taluni a cui non va giù il fatto che abbia previsto certe cose: penso alle panchine delle altre squadre dove si son seduti tra le riserve Pozzi, Bertani, Ferrari, Antenucci, Meggiorini, Sgrigna, Tavano, Papa Waigo, Soncin e mille altri, e penso a quelle languide del Bari. Un'angoscia metropolitana che non vi dico. Insomma.

E non sarà un caso che a tirare in porta, a provarci anche da lontano, siano stati i soliti Claiton e De Falco. Del resto i 42 gol segnati dal Bari sono eloquenti quanto le orazioni politiche di Cicerone. Infondo, assomiglia al Bari di 30 anni fa quando Libera e Gaudino furono messi ko da interventi assassini e il Bari rimase senza attaccanti ma si salvò lo stesso, con la differenza che all'epoca due attaccanti, peraltro di razza, ce li aveva, ed anzi si ricorse persino al primavera Mariano, sia pur con scarsi risultati, per sopperire, oggi c'è il nulla re tra il campo e la panchina. Ed anche in tribuna. L'unico che avevamo è a La Spezia. Preciso che non è un rimpianto relativo alle capacità, peraltro tutte da dimostrare, del giocatore ma uno relativo alla carenza di attaccanti, e senza uno straccio di attaccante si va nella città dolente.

Mi domando, al di la dei limiti di taluni, dell'appagamento di altri che tra 20 giorni torneranno alle rispettive case come passeggeri itineranti per Bari scesi dai vari transatlantici attaccati il martedi al porto, come si possa gestire una gara senza attaccanti sia nel farla che nel contenerla ma soprattutto, nello specifico, nel pareggiarla? Per fortuna Torrente è riuscito a racimolare 52 punti col range dei 34 gol fatti da giocatori non attaccanti coi quali il miracolo di una salvezza inusitata ad inizio torneo, nonostante io fossi più fiducioso in quanto non avevo fatto i conti, ahimè, con le penalità, sta prendendo forma.
E sempre a proposito di domande, sono ancora qui, dondolato e sbattuto tra autobus, aerei e mezzi vari, a domandarmi e, forse, a far finta di nulla di come abbia fatto Torrente a conquistarli e a far segnare 42 gol senza attaccanti, con infortunati e giocatori bizzosi. Mistero.
Ah, dimenticavo: con la mannaia che, finalmente, si sta per abbattere sulla squadra e dalla quale, Torrente, era riuscito a tener lontano tutta la rosa fino a qualche settimana fa e la sua espulsione è un chiaro messaggio di stanchezza psicofisica dopo tutto quello che ha fatto soprattutto come pedagogo e psicologo visto che laggiù, di questi tempi, non serviva esattamente un allenatore.
Se c'è qualcuno che ritiene di essere più bravo nella resa, alle stesse condizioni però, tra risorse umane a disposizione e situazione societaria barcollante, è pregato di bussare al Dr. Garzelli: mi ha detto, in via riservata, che valuterà proposte serie a patto, però, che si abbia il diploma di laurea di Conversano e non quello di Tirana.

3 maggio 2012

I cazzotti di Rossi: mala tempora currunt

                                                                 (foto calcioblog.it)
Intendiamoci e sgombriamo subito il campo da equivoci: Rossi ha ragione senza il benchè minimo dubbio e Adem Ljajic ha torto. Ma l'esagerazione c'è stata e pure ingiustificata. E poi non lo so: forse sarà il mio modo di ragionare diverso dal vostro, notoriamente un po' fuori dagli schemi e dai dogmi consacrati, che prende le distanze da qualunque giustizialismo mediatico (forse sono l'unico, ancora, a non aver inveito contro Masiello quantunque un cazzotto nei denti, mo' ve lo dico, probabilmente glielo darei molto volentieri semmai dovessi incontrarlo ma non lo scrivo, semmai lo penso), forse sono l'unico ancora a resistere alle insistenze perpetue di qualche vigliacco, ormai noti a tutti, anche se talvolta, quando il gioco si fa duro, non le mando a dire a nessuno stroncando sul nascere attraverso miei messaggi subliminali ogni azione, forse sarò pure un pizzico qualunquista e populista (del resto come non esserlo con questi politici che ormai, a prescindere se si chiamino Bersani, Alfano e persino Vendola, vengono fischiati da tutti? Provate a chiederlo ai garantisti eterni del PD e poi ditemelo) e sempre, ovviamente, nel rispetto delle regole perchè io le leggi e le regole, quantuque possa ritrnerle ingiuste o inique - finchè posso - le rispetterò sempre nonostante strane idee rivoluzionarie che, di tanto in tanto, fanno capolino nella mia mente, ma in tutta onestà non riesco a trovare un solo pretesto per applaudire Delio Rossi.

2 maggio 2012

Dolcenera Torrente e Cesare Pavese



Un'immagine crepuscolare, quasi pavesiana, ha fatto capolino nella mia mente oggi al San Nicola sin dal pre-partita, una di quelle immagini che, probabilmente, col calcio non centrano granché ma che per il mio modo di vederlo, di fatto, centrano eccome, un'immagine che però ha lasciato il passo, a fine gara, ad un'altra più speranzosa, luminosa e astronomicamente più albeggiante rispetto alla prima e che non era dovuta al sole quasi a picco di questo primo maggio barese torrido decisamente più da mare che da Ascoli Piceno, cittadina straordinaria al sapor di Alfredo Hoffman, nonostante fossero le 17, ma a quella più sana e malinconica di uomo solo, uno di quelli che non appena prova a mangiar una mollica di pane, torna subito nell'indifferenza carceraria a bere acqua fredda e pane raffermo.