19 agosto 2011

Bari gozzanamente a gambe aperte: per il Trofeo TIM

Editoriale per Go-Bari 19/08/2011

Bari merita la A? Giammai! E' solo una Bari americanizzata che vive sempre subordinata al potere

La Juventus
Bari - Gli antichi fasti con cui una piazza trapuntata di biancorosso guardava la fisiognomica di una squadra che l'ha fatta sognare, quasi stesse vivendo una nuova vita, son terminati. Quelli baresi di ieri, falsi, ipocriti e irriverenti, si son portati via tutto lasciando il posto agli echi malinconici vagamente carducciani e bui del San Nicola. I muri dell'impianto barese si sono riaccesi, dopo queste due partite prestigiose tra Nazionale e Trofeo TIM, di maglie color nostalgia, per dirla alla Guccini. Ma è stato un attimo.
E i tifosi giunti a Bari, come falchi, si sono appostati lassù, in ogni ordine di posto, stipati e costretti come le dita nei piedi di un mocassino due taglie in meno, ad echeggiar urla, sfottò, e slogan ora pro, ora contro le strisciate quasi a voler ribadire che qui, per baresi biancorossi, non c'è posto.

Belle le partite, a tratti anche spettacolari, del resto giocavano Milan Inter e Juve, mica Poggibonsi, Licata e Bienno-Val Camonica, ma prima dell'inizio delle gare a farla da padrone era solo il caos imperituro composto da quello stramaledetto (occasionalmente) amplificatore dello stadio da dove una voce radiofonica femminile cercava, invano e anche goffamente, di spettacolarizzare l'evento inneggiando la platea a ballare a seconda della canzone passata in quel momento. Insomma, un “Battiti” versione nicolaiano, riuscito male, anzi che ha stonato non poco meno gli avvezzi alla disco music che, abbiam ritenuto, fossero tanti, nonostante il caldo della serata.

Temevamo di non assistere ad una partita di calcio: noi che – come noto – vediamo il pallone come una metrica giambica, una regola grammaticale tipo “fore ut e il congiuntivo” o come un paradigma alla “fero fers tuli latum ferre”, temevamo di non poter più intravedere i canonici 22 calciatori in mutande a scalciarsi la vita dietro uno stupido pallone. Temevamo, altresì, che i 22 - anzi i 33 a conti fatti - colletti bianchi del calcio, alcuni veri "signori" (Del Piero, Pirlo su tutti) altri meno, a comando avrebbero divertito i 50 mila spettatori e noi, lassù, in tribuna stampa, un po' gozzanamente ad assumere idee e spunti con sarcastico distacco, pregni di malinconia e sfiorati finanche da una punta di tristezza. Lo confessiamo: abbiam cominciato a rivedere Mujesan, Rivera, Protti, Catuzzi e finanche Ladino ad un tratto, ma l'idea di dover assistere ad un triangolare di calcio spettacolarizzato e assordante, proprio, non siam riusciti a realizzarla. Forse ci mancava una birra: macchè, solo acqua calda, mentre graziose puellae dalle gambe mozzafiato travestite per l'occasioni da hostess, ci hanno servito la brochure dell'evento. Quel desiderio di trovare la felicità guardando il terreno verde che ha cozzato con quella che di lì a poco sarebbe diventata la nostra quotidianità che si sarebbe chiamata Sassuolo, Varese e Gubbio, non l'ha avuta vinta. Insomma una visione dicotomico-callimachea difficile da spiegare epistolarmente, forse molto più facile farlo verbalmente.

E vedere la nostra città, a gambe aperte come nel suo atavico vizio, pronta a ricevere gli squadroni (e non solo: ci mancava solo la consueta donazione delle celebri chiavi emilanee) solo per la gloria, quasi fosse una cittadina di provincia, coi baresi che, vigliaccamente, hanno per l'occasione voltato le spalle a Torrente per applaudire Gasperini & C., proprio, non siamo riusciti a digerirla. Brava Bari, per carità (ma anche bravi quelli della Master Group ad organizzare meticolosamente l'evento), come sempre ad accogliere questi show anche se non tutto ha funzionato a dovere, ma per favore, che non si dica che Bari merita la A: Bari, ieri, non c'era. Bari era ancora in panciolle a godersi gli ultimi spiccioli di vacanza, magari in barca a vela o da qualche parte del mondo o nella loro villa a Rosa Marina, sulla Selva o a Sharm El epoinonsappiamocomesiscrive, o chissà dove (alla faccia della crisi: Bari vuota dal 13 agosto, poi magari da settembre in poi piangeranno miseria) e al loro posto si son dati appuntamento mezza Italia del Sud, Provincia di Bari e Regione Puglia inclusa. Mentre Bari era intenta, comoda, in TV o a trangugiar birra calda e carne di dubbia provenienza dagli abusivi dei vari lungomari. Insomma antropologia culturale vera e propria su cui, forse, è meglio sorvolare.

Una città che non vuol schiodarsi di dosso quella patina di subordinazione ai potenti che pur di realizzare 50 mila spettatori non riesce a dir di “no” al potere. Una Bari eternamente americanizzata nonostante la guerra sia terminata da quasi 70 anni, che non vuol camminar da sola. Trieste, Pescara e Ancona - oltre che occasionalmente Milano e Torino - le sedi di questo evento estivo, e Bari appunto. Non a caso. Eppure Bari, eterna città “minore” italiana, è la settima città d'Italia, mica la 33esima, e talvolta alzar le spallucce e saper di di “no, grazie” sarebbe opportuno anche per una questione di dignità. Abbiamo motivi validi per ritenere che quando la casta deciderà di non organizzare più a Bari il Trofeo Tim, solo allora vorrà dire che la città avrà fatto un passo enorme verso la crescita avvicinandosi più all'Europa. Tutt'al più, quando Bari saprà di di “no”.

Antonio Conte errava come uno zombi, ieri, nel guadagnare il suo posto in panchina: credeva di ricevere 50 mila applausi perchè ad un personaggio come lui, dopo quello che ha “combinato” da queste parti, era il minimo che gli si potesse tributare: ed invece solo gli applausi – sacrosanti per carità - generati, però, dall'animus juventino e non quello barensis. C'è rimasto male Antonio. Vederlo sbracciarsi, agitarsi e muoversi come ai tempi d'oro baresi ci ha generato emozioni a non finire e una piccola cascata di gozzanismo. Fortuna che ogni tanto qualche magia griffata Cassano, Pirlo, Del Piero e Alvarez (da non confondere con l'hondurenho barese, ahinoi), quell' immagine vagamente musicale in re bemolle e in mi, rigorosamente, minore settima, sviscerate da una canzone di Tom Waits trasudante dall'inzuccata di Ranocchia che ha anticipato Bonucci per poi far gol, quell'incedere di un crepuscolare Zambrotta, ci hanno rivitalizzato facendoci tornare nel mondo reale.

Ad un tratto, quando Gozzano e Tom Waits si erano, ormai, impossessati di noi, e quando San Nicola e San Siro si sono contesi la Madonina sul terreno di gioco in occasione dell'anomalo derby milanese, ecco, tra una magia di Cassano ed un assolo dell'inossidabile Zanetti, spuntare lassù, davanti a noi, come d'incanto la luna (in foto). Non pienissima ma straordinariamente bella e luminosa: abbiamo realizzato una consecutio temporum ma anche una vaga perifrastica (naturalmente attiva) relativamente a quello che sarebbe accaduto dalla fine del Trofeo fino a giugno prossimo. Naturalmente col Bari di Torrente. La luna, infatti, ci ha accompagnato con eccellenti risultati in B con Conte e nella prima A di Ventura: da qui la nostra realizzazione in merito al luminoso satellite e ai suoi buoni auspici per la stagione che sta per iniziare. 

Addio, per adesso, ai 63 scudetti scesi in campo, alla spettacolarizzazione, e al traffico: da domani solo Bari. Quella distanza che si accorcia facendoci ritornare la gioia e il rispetto per le piccole cose, quelle alla nostra portata, quelle della nostra quotidianità che lascia il posto al crepuscolo e ai tramonti, lassù, al nord, quella che, opinabilmente, rende orgogliosi d'appartenere a Bari.

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