2 novembre 2011

Grosseto parrà, finalmente, la sua nobilitate? Oh, maremmina maiala...


C'era il sole a Grosseto. La giornata era tersa, luminosa, calda, le foglie ingiallite dell'autunno giacenti per terra, tradivano un aspetto tipicamente primaverile. Nel giorno in cui santi e morti si tenevano la mano distanziati solo dallo iato pagano-criatiano di un momento quasi di festa colorato da qualche pezzo di carta gettato per terra nella notte tra un dolcetto ed uno scherzetto, le aspettative per la partita sembravano di quelle giuste, lontane dalle nebbie novembrine che coprono, generalmente, la Maremma di questi tempi. Anche la sconfitta con il Pescara, come da tradizione, ha fornito l'assist per una speranza di vittoria. Così è stato di fatto.

Una vittoria che avevamo previsto soprattutto dopo il ko col Pescara, una vittoria come ormai nello stile di questo Bari in rodaggio, striminzita ma non per questo immeritata: un golletto sul finire del primo tempo di Ciccio Caputo da Altamura apparso buono come il celebre pane delle sue parti (magari irrorato di un propedeutico strato di skuanta dal sapore forte come non mai), un golletto luminoso come il fanale di un boeing errante nei cieli bassi tra Civitavecchia e Tarquinia che ha già preso di mira la pista di Fiumicino in attesa di atterrare, un golletto che ha ripagato il nostro viaggio effettuato fino in Maremma per catturare sentimenti, idee, attimi, un “angulus” pallonaro oraziano capace di far capire che, infondo, ce la si può giocare con chiunque fino alla fine.

Certo, la qualità del gioco non si poteva paragonare a quella pura elegia di carne maremmana che abbiamo assaggiato nell'osteria di “Romolo”, tifoso grifone maremmano, personaggio che, effettivamente, manca a Bari (ma siamo certi che non avrebbe lo stesso successo: manca quel tipo di cultura da queste parti), tutto casa, stadio e bottega, il quale ci ha deliziato il palato - preparandoci spiritualmente - con una bistecca alla fiorentina come si deve, una di quelle che assaggiarla a Bari è decisamente improbabile, mista ad una chianina locale, anche questa incapace di esistere da queste latitudini, una di quelle che ti fanno far pace pure col peggior nemico, il tutto, naturalmente, accompagnato da uno squisito Morellino di Scansano: insomma, volendola paragonare al calcio, è stato come rivedere il gol di Kutuzov a San Siro e tutto ciò che ne scaturì quell'anno indimenticabile.

Un Bari tutto fosforo e sostanza capace, pur senza brillare, di soffrire - anche se fino ad un certo punto - al cospetto di un Grosseto molto modesto il quale andava solo bersagliato di gol ma, si sa, di questi tempi è molto difficile per il Bari, incapace ancora di imbastire trame vincenti. Un Grosseto che ha cambiato allenatore (anche se, obiettivaente, non abbiamo ancora capito il perchè), gioco e modulo pur mantenendo pressocchè intatto l'undici di Ugolotti, tutto inutilmente dal momento che ha prevalso, invece, il ritorno alle origini torrentiane, vale a dire il deposto 4-3-3 tanto caro al nostro amico fan di De Andrè (ma anche di Pino Daniele) Torrente, un modulo vincente ieri in terra torscana.

Una squadra cinica che, per l'ennesima volta, ha tastato con mano la mediocrità assoluta di questa serie B nella quale basta davvero poco per far man bassa di tutti o quasi. E ieri sul terreno variopinto tra un color rosso-mediceo come le sue mura – uniche, con Ferrara e Lucca, ad averle conservate per intero insieme ai propri bastioni - e sprizzante odor di brunellesco appena contaminato da una punta di giottesco sulle pareti del duomo, che ha fatto valere la sua espreinza coi tocchi di Donati e soprattutto grazie alle motivazioni dei cosiddetti rincalzi che mai come ieri hanno dimsotrato, intanto la loro professionalità, e poi di poter contribuire in prima persona alla causa biancorossa barese. Uno Scavone così propositivo capace di incunearsi per le vie centrali quasi fosse Corso Carducci a Grosseto, centralissima strada grossetana nella quale c'è uno straordinario “Caffè Carducci” immerso tra immagini storico-letterarie, un Defendi, uscito tra gli applausi grossetani, pericoloso quanto bastava anche se solo per fornire un assist vincente a Caputo (ma non si è limitato a quello, si intende), un Rivaldo barometro del centrocampo sia pur senza brillare, Ceppitelli perfetto su Sforzini e Gerardi, sono stati fondamentali per la vittoria. Ci piacerebbe vedere Galano: speriamo che il ragazzo trovi spazio perchè abbiamo come l'impressione che possa regalare qualche squarcio di bel gioco.

Peccato per l'ennesima nota stonata di Forestieri. E' evidente che il ragazzo ha qualche problema di stile e, si sa, con questi giocatori il proprio destino è segnato. Sarà difficile per il ragazzo farsi strada nel calcio che conta se la testa è quella nonostante qualche bella giocata. Fortuna che siamo in B perchè in una partita omologa di serie A, con un Forestieri espulso sia pur sul finale, il Bari non solo avrebbe subito il pareggio subito dopo ma avrebbe corso il rischio persino di perdere al 99'. Ma c'era il Grosseto di Sforzini, fortunatamente, appena illumintato da un Crimi lasciato andare, forse, con troppa fretta e, dunque, la vittoria sia pur tra qualche momento di sofferenza prevedibile, è tornata a casa.

Una vittoria che conciclia con la felcità e dimostra quanto basti poco per ottenere un sorriso. Speriamo solo che quanti, troppo frettolosamente, hanno cantato il de profundis a Vincenzino Torrente si siano ravveduti ma non perchè “da mo' vale” - come direbbe qualcuno - ma perchè occorre capire, una volta per tutte, che questa – signori - è la serie B: si assiste ad un Bari ancora in pieno restauro, per i noti motivi, che perde al cospetto di squadre già in piena forma i cui giocatori hanno seguito gli schemi dei vari Zeman e Ventura sin da luglio e non, come altri, che hanno seguito quelli di Torrente da settembre inoltrato, magari con una preparazione fisico-atletica approssimativa; così come, poi, si assiste ad un Bari cinico e tutta sostanza che espugna Grosseto, Crotone e per ben due volte Modena con un golletto. E i venti punti fin qui ottenuti, per giunta andando a vincere in casa della terza in classifica, non sono stati ottenuti per caso, anzi, fanno capire molte cose.

Attendiamoci, probabilmente, in questo autunno sonnolento, qualche altra battuta d'arresto - sia pur facendo tutti gli scongiuri di questo mondo - ma non facciamone un dramma: la luce del giorno irromperà veloce nelle menti dei tifosi come una metafora della vita. Questa è la squadra, voluta in parte o meno da Torrente, che coi mezzi messi a disposizone della famiglia Matarrese si poteva allestire; più di Bogliacino, De Falco e De Paula, onestamente, non si poteva ottenere. Prendere o lasciare. In attesa di tempi migliori.
E chi non crede alla favola Bari, perchè a questo punto ci sono tutti gli ingredienti affinchè si possa parlare di favola, si occupi di altro. Non serve star lì a far paragoni con Conte, Zeman e Guardiola: gli antichi fasti, origine e “pater vitiorum” degli incontentabili tifosi baresi, è bene che li dimentichino in fretta: per il loro bene. La realtà, da adesso in poi, è un'altra. Non si andrà, forse, in A perchè, infondo nessuno lo ha mai sbandierato dall'inizio, ma siamo certi che Dolcenera Torrente dirà la sua con questa rosa allestita - ci duole dirlo ma è la verità - coi fichi secchi. E non certo per colpa né di Torrente, né di Angelozzi e né, tanto meno di Garzelli. Che che ne dica il solito personaggio locale da bagaglino, in cerca di riflettori, paillettes e cose varie, che tende a destabilizzare l'ambiente vedendo ancora qualche ingenuo e sprovveduto tifoso barese ancora con l'anello al naso. Ma se ne faccia una ragione: il tempo di una vita passata a succhiar linfa come un parassita alla società del Bari, per lui, sta scadendo. E insieme a lui, quello di altri celebri parassiti.

La strada per proseguire il cammino sarà adrua come l'Aurelia che, tra una doppia corsia stretta come le dita dei piedi in un mocassino, e tra una sola corsia pericolosissma con l'aggiunta di qualche buca di troppo nonché contaminata qua e là da qualche incorcoio pericoloso, bomba o non bomba, farà giungere il Bari da qualche parte che nessuno, all'inizio, preventivava. E Grosseto, chissà, parrà la sua nobilitate
Chi mostra impazienza o chi si mostra destabilizzante, è bene che si rinchiuda in casa ad attendere il suo Godot, magari facendo qualcosa: tanto, prima o poi, qualcuno busserà alla loro porta. O forse non busserà nessuno...

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