18 settembre 2012

Dolcenera Torrente tra intermittenze del cuore, pane e coraggio



Varese - E rieccolo. Eccolo lì il boato dei tifosi echeggiare sui cieli di mezzo mondo dall'America all'Estonia, negli anfratti più improbabili dei pub di città mittle-europee inzuppati di luppolo biancorosso sintonizzati sulla partita, sulle vette delle Alpi, da Manzanarri a Reni manzoniani, da Trieste al Gennargentu, eccolo lì il segmento zeppo di gioia e di passione ritrovata volare sulle nostre teste che riaccende entusiasmi che sembravano foscolanamente insepolcriti.


A Varese, in terra leghista, la Torrente's Band prosegue nel suo cammino, pur senza vincere, al cospetto di quel velodromo biologicamente malinconico dai fasti più o meno colorati, là dove il Bari trascinato da Pierpaolo Scarrone che aveva colpito per ben tre volte i legni della porta varesotta, fu punito - come da tradizione - da Giacomino Libera che di lì a poco sarebbe diventato attaccante (sfortunato) biancorosso barese, il quale trafisse Franco Mancini, il primo sfortunato Franco Mancini che con Cazzola, Galli, Marongiu e Sigarini stupirono Masnago 40 anni fa al cospetto persino di Bruno Pizzul, riparato in un cabinotto rai monoposto, che dopo un'oretta avrebbe trasmesso nella consueta differita il secondo tempo di una gara di B, nella fattispecie, proprio questa. 

Un velodromo, uno stadio, l'Ossola, sospeso sulla brughiera acida della zona dove la squadra barese ha giocato una gara d'altri tempi, una gara grintosa e determinata risultando padrona del campo per oltre 80 minuti ma che, come spesso accade in questi casi, ha beccato due gol, peraltro molto belli, dal Varese - che, è appena il caso di rammentarlo, era, col Bari, prima in classifica e giocava in casa - e rimontando nel recupero dal 91' al 95' con una scelta pericolosamente coraggiosa, peraltro già collaudata a Gubbio (e chi vi scrive è stato l'unico a ricordarla nei suoi scritti corsari dello scorso anno) gettando nella mischia il corazziere quirinalesco Martino Borghese di cui si è parlato in fase di conferenza stampa nel pre-gara, con disposizioni di giocare "in attacco", un po' come facevamo noi, attempati, nei vecchi e scomparsi campi polverosi baresi, appena periferici, quando piuttosto che badare a difendere, preferivamo andare a far gol: solo che allora non c'era nessun allenatore ad imporcelo. E Dolcenera Torrente ha avuto ancora una volta ragione. La sua mossa vincente ha fatto il giro del web con lui, Borghese il gigante buono ancora alla ricerca della perfezione in difesa, voluto e preteso dall'allenatore, che pazzo di gioia mette in riga i compagni per scattargli una foto mentre la panchina salta di irrefrenabile e comprensibile gioia per aver acciuffato un risultato, fino al 90', apparso compromesso. Persino Antonio Matarrese, seduto in tribuna accanto a Garzelli,  nascosto nel suo sguardo canuto, non riesce a trattenere l'entusiasmo. Immagini emozionanti che fanno breccia nei cuori dei romantici tifosi baresi alla ricerca proprio di risultati dalle dinamiche avvincenti come queste per far ribollire il magma spento della loro anima.

Ed è emozionante questo sottobosco di entusiasmo che si è riacceso intorno al Bari che oggi, quasi come in una storia manichea, subirà l'ennesima umiliazione come un condannato a morte. Innocente. 
Utenti, tifosi in fermento, pronti al richiamo biancorosso guidati, finalmente, da un po' di ottimismo e che digitano speranze, fino a qualche settimana fa, sopite. Il Bari ne fa di queste intermittenze del cuore: una sconfitta, un dolore, rassegnazione della tifoseria, una penalità, un'umiliazione, poi basta fumare una sigaretta su un balcone o nervosamente sul marciapiede, su e giù, per riprendere fiato man mano che si arriva al turno successivo dove ogni dolore sembra evapori in una nuvola. Biancorossa. E l'attesa, la vigilia ricomincia come ai vecchi tempi. Da Cagliari a Termoli, passando per tutta Italia, dal Quebec a Kabul, da Tartu e Tallin fino ad arrivare a Bari.

E questa squadra bellissima, questa Madame Bovary decantata in Fiera, stesa con una molletta sul filo del lungomare abusivo di Pane e Pomodoro ad essiccare le ferite provocate da 4 sprovveduti balordi (che dio li punisca e non abbia pietà di loro), una donna che voleva farsi amare e che voleva amare e che, invece, è stata violentata e stuprata, torna pian piano a splendere di bellezza sia pur vagamente acerba, che col suo condottiero Torrente cerca di trasformare l'illusione in sogno incoraggiato dalla bellezza dei colori e soprattutto dalla grinta dei suoi soldati tutt'altro che disorientati dalle bizze mediatiche.

E allora coraggio Dolcenera, continua a travolgere di entusiasmo questa piazza con le tue acque nere di fango colorato che portan via umiliazioni ed imbecillità cialtroneria e bullismo mediatici diffusi, coraggio Dolcenera, porta via la via che non si vedeva da una vita intera, e nel tuo cammino picchia forte sulle porte, buttale giù senza pietà, e spazza via l'ipocrisia e la falsità di cialtroni travestiti da tifosi e fa tornare l'entusiasmo a tutto l'ambiente. Pane e Coraggio ci vogliono ancora per sradicare il passato e tuffarsi nel presente. Pane e coraggio nelle intermittenze del cuore.

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