23 dicembre 2012

Dolcenera, tra un Epode Oraziana e una piadina romagnola




Volendo analizzare le due squadre scese in campo oggi in Romagna si potrebbe parlare di due opposte fazioni nella loro dinamicità. Il Cesena, squadra esperta di categoria, ma assolutamente scarsa in tecnica, vulnerabilissima, e che una volta rimasti in 9 mai e poi mai avrebbe potuto superare i galletti; il Bari nettamente più forte tecnicamente ma privo di quel peso specifico in termini d'esperienza che mai, come oggi, sarebbe servito per mettere nel tostapane le insipide piadine romagnole ebbre di lambrusco e satolle di culatello, ultimamente in conflitto con la vittoria da ben 9 turni, dandole il fisiologico colpo di grazia.

Dopo il primo gol subito a freddo grazie alla solita, puntuale, disattenzione difensiva col concorso di colpa tra Lamanna e Dos Santos i quali han fatto a gara per non prendere il pallone sul corner, il Bari ha cominciato a prendere campo, sia pur timidamente, senza tuttavia mostrarsi pericoloso: solo Defendi, oggi apparso in buona forma, ha tentato il pareggio con un tiro arquato finito, però, tra le braccia del portiere. Buona metrica giambica a centrocampo, non esattamente ritmica, degna, dunque, di un poeta di seconda fascia del circolo neoterico augusteo della Bari imperiale, con un De Falco recuperato dopo 6 mesi entrato subito in clima partita mostrandosi un gran professionista, con Bellomo sempre lì, a dettare i tempi di gioco, e con Romizi a far da elastico tra la difesa e l'attacco, sebbene con qualche difficoltà.

Ma il vero problema di oggi, apparso a tratti anche preoccupante, è stata la difesa, soprattutto nel primo tempo, allorquando da quelle parti ad ogni cross sopraggiunto, non saltava nessuno di testa, e quelle poche palle, tutt'altro che natalizie, gravitanti come foglie carducciane ingiallite e cadenti dalle parti di Lamanna, sembravano generare un patema d'animo per tutti. Fortuna che Succi & C. han rinunciato a colpire.
Il Cesena, poi, ha preferito chiudersi piuttosto che riproporsi per ratificare il vantaggio, scelta per la quale una squadra appena attrezzata (Spezia docet) non avrebbe mai optato. E da questo atteggiamento si è capita subito la differenza sostanziale tra le due squadre.

L'espulsione di Romizi, poi, ha fatto suonare il campanello d'allarme al Bari anche perché, in questi casi, è l'esperienza a fare la differenza e, come detto prima, contro l'esperienza mista alla tecnica il Bari avrebbe perso senza troppi indugi. Tante, infatti, le partite perse in questo modo. Ma a causa dell'inconsistenza tecnica dei romagnoli, per fortuna, non si è infierito.
E quando Bellomo ha pareggiato, con una linea d'attacco la cui somma anagrafica faceva appena 87 anni in 4, si è fatto fatica persino ad esultare tanto era evidente il gap tra le due squadre: non era possibile, infatti, soffrire contro questo Cesena quando, invece, si doveva vincere a man bassa. Ma di questi tempi, grami, asciutti e densi di nubi, tutto sommato, sia pur a denti stretti, un pareggio fuori casa non è da buttar via se si considera che, comunque, il Cesena è squadra retrocessa dalla A, che il Bari proveniva da un periodo decisamente negativo e che, fino al 30 prossimo, la Torrente's Band dovrà giocare ancora due gare. Mal comune, mezzo gaudio, insomma.

Quell'episodio da codice penale di Rossi ha arretrato ulteriormente il baricentro cesenate di Bisoli il quale, saggiamente, considerata la superiorità tecnico-tattica del Bari che a tratti è risultato persino divertente, ha levato dal campo Succi e Iori, le punte di un diamante senza valore della squadra romagnola, per difendere il pareggio.
E solo a quel punto, la partita è diventata molto combattuta con parecchi capovolgimenti di fronte risultando il pareggio, tutto sommato, un punteggio giusto anche se il Bari ha provato a fare qualcosa in più, sia con la suddetta occasione di Defendi nel primo tempo, sia con Galano e con Iunco, apparso in evidente sovrappeso anche se si è mosso, tutto sommato, bene. Infatti, il Cesena si difendeva con ordine e ripartiva senza produrre effetti particolari.

Sicuramente una reazione c'è stata. Torrente, cambiando modulo, ha prodotto un cambio sostanziale in campo con Sabelli, a cui un po' di riposo ha fatto bene, libero di spaziare sulla destra ma che, però, non ha mai affondato la lama. E con Fedato, invece (assist-gol per Bellomo a parte) apparso, nel suo indubbio impegno, leggermente appannato. Per lui ci vorrebbe un po' di panchina e tribuna, come per Bellomo e Galano lo scorso anno, decisioni tanto criticate, senza ritegno, da taluni scribani irrequieti caduti in disgrazia ed, invece, risultate vincenti come scrivevo da tempo: solo così si matura al punto giusto. Ma, purtroppo, le scelte forzate di Dolcenera non gli garantiscono alternative valide da quelle parti. Speriamo non si bruci.

Scriveva Orazio che il favore di un amico potente lusinga l'inesperto; chi ne ha esperienza lo teme. Dunque, pareggio salomonico e buon Natale a tutti.
Si riprende a Santo Stefano col Grosseto di Sforzini, uno dei tanti che ha scelto la barba come nuovo look. Una volta c'erano i baffoni alla Manzin, poi è stata la volta dei cappelloni alla Bagnato, La Torre e Braglia, poi si è deciso per il carone cui Vialli ha fatto scuola; oggi pare vada di moda portare la barba. Ne terrò presente.
Coraggio Dolcenera: occorre non mollare perché un secondo miracolo, qui a Bari, è possibile.

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