12 febbraio 2011

Ad maiora GPV


Pubblicata su Go-Bari 11/2/2011

Quando la tristezza mista alla rabbia si impadroniscono della mia vita miscelandosi come polvere vulcanica che copre qualsiasi cosa trovi, sospinto dal vento.

Anche le intercapedini e gli interstizi della vita che conduco, più o meno, tenacemente.

Prigioniero di quella cappa di impotenza che tentacola le cose, le penne, gli accrediti, il mitico libro rosso dove ho appuntato la mia vita di viaggiatore-narratore inviato per descrivere in forma di prosa, e anche buffa, le gesta di 11-22 giocatori in mutande che si calciano la vita davanti ad una sfera di cuoio.

E di fronte, spesso, la luna ad illuminare uno stadio.

Il mio registratore pieno di voci, di fruscii, di parole. Si, di parole. Le luci, i microfoni, un caffè, una bottiglia d'acqua, un uomo, un sorriso, una voce, una domanda. Una delusione.

La polvere vulcanica scende anche sul libro rosso e se ne appropria offuscandone la vivacità del colore: le sfumature della vita, del mio credo per cui ho lottato, per cui mi sono battutto, svanisce, evapora in una nuvola rossa.

La bellezza termina. Si scende. E' finita ancora una volta. Ancora una volta.

Il potere sotterraneo colorato di forza e inumidito da unguenti striscianti, centurioni e consoli inviati qua e la nelle stanze del palazzo vestiti, trasvestiti, da normalità hanno vinto. Ancora.

Un altro colore stenta a riprendere il contorno della mia vita, languidamente, nascondensosi dietro ad una stanchezza fisica e mentale inibendomi qualsiasi slancio e sorriso. Ma dovrà colorarlo. Occorre tempo.

Son fatto così, prendere o lasciare.

La vita va avanti, deve andare avanti, ma quella cenere vulcanica ha coperto anche le palpebre: tutto è grigio.

Piangere? Si, no, forse: occorre rompere quell'incantesimo in cui son caduto.

L'anima è prigioniera da anni, tanti anni, ed oggi è finanche ricoperta di cenere vulcanica impietosamente lanciata a morte contro l'ingiustizia come in una celebre canora locomotiva che ancora sbuffa e che sbufferà sempre. Sempre.

Dignità, silenzio e rabbia si frantumano in cenere anche loro e il cuore si rifugge nell'oblio mentre dal Saind Creek barese scorre impietosamente un'altra vittima. L'ennesima. Ma la vita va avanti.

Quella sagoma non ci sarà più. Ce ne sarà un'altra. Il registratore, il libro una volta rosso, il microfono, le luci torneranno a vivere. Ma non sarà la stessa cosa. Almeno per me.

Le luci a San Siro si spengono. Definitivamente.

Ciao GP. Ad maiora

Massimo

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