4 febbraio 2011

Bari - Inter 0-3: Crepuscolo biancorosso



Editoriale pubblicato su Go-Bari il 4.2.11

E pensare che le premesse erano altre: vittoria a Lecce stentata e fortunata - per nulla meritata - un inizio mercato di riparazione da cui attingere qualche buon innesto, possibilmente sano a buon mercato, gli eterni infortunati pronti per ritornare a giocare e soprattutto una distanza dalla quart'ultima ancora colmabile. Premesse andate alla malora. Purtroppo.
A nulla è valso, almeno per il momento, pure cambiare modulo: a Cagliari e contro l'Inter, un Bari modulo 4-3-1-2 ha sortito un solo tiro in porta su azione (quello di Gazzi ieri contro l'Inter) per l'invidiabile bottino di zero punti, nonostante una rosa più fornita. Troppo poco.
Ci viene in mente la celebre canzone ecologica che, 40 anni fa, cantava Sergio Endrigo secondo cui per fare tutto, attraverso il seme, passando per il legno e finendo alla terra, occoreva un fiore: nella trasposizione calcistica, possiamo affermare che per salvarsi occorre vincere, intanto, le partite, e per vincerle occorre far almeno un gol in più dell'avversario, quindi per far gol occorre tirare in porta più di una volta in 180 minuti. Poi si possono cambiare tutti i moduli che si vogliono, far giocare tutti i calciatori dai nomi impronunciabili, ma se i soli tiratori in porta devono rispondere ai nomi di Gazzi e Parisi - salvo casuali calci di punizioni di un Almiron in ripresa, si, ma ancora irritante - e che non sempre si potranno ottenere (un fallo su Rudolf non ha lo stesso peso specifico di un altro commesso su Del Piero o Ibra), allora sarà davvero improbabile pensare ad una rimonta già di per se impossibile.

L'Inter di ieri ha sofferto parecchio il Bari, almeno nel primo tempo, quando in campo ha regnato un equilibrio inaspettato nonostante le praterie lasciate alla squadra di Ventura (ieri in sala stampa elogiato da Leonardo il quale ha detto che "occorre ringraziarlo per il suo apporto dato al calcio italiano e di continuare a lottare fino in fondo") sfruttate poco e male tanto che solo sul finire, quando l'Inter ha cominciato a pressare il Bari anche se in modo sterile, la difesa del Bari, supportata anche dai due centrali di centrocampo, non ha più retto.
Non possiamo dirlo in quanto non si può ragionare col senno di poi ma forse - e ribadiamo forse - proprio contro i nerazzurri, paradossalmente, si sarebbe potuto giocare col vecchio modulo visti gli spazi concessi, e se avesse giocato Alvarez, spina nel fianco a destra, e un altro a sinistra quanto meno a dar fastidio a Maicon che ha avuto vita facile dalle sue parti tanto da spingersi in avanti rendendosi l'unico più pericoloso (sicuramente più di Milito Pazzini ed E'to), a quest'ora staremmo commentando un'altra partita. Ma si sa, nel calcio valgono i risultati e non si può ragionare coi se e coi ma. Ma il dubbio è legittimo anche perchè il centrocampo interista unitamente con la coppia inedita di centrocampo, era in netta difficoltà sulla pressione del Bari. Ma tant'è.
Peccato, poteva andar meglio. Occorreva anche un pizzico di fortuna, quella fortuna che da tempo sta voltando le spalle al Bari così impara a fare due campionati ad alto livello consecutivi.

Non che Rivas avesse la bacchetta magica, ma se non altro ha dimostrato ancora una volta l'inaffidabilità in questa squadra. Ventura lo ha messo alla fine perchè nonostante sotto di un gol contro la corazzata Inter, regnava ancora equilibrio, e levare sin dal 70' Glik, che non ha convinto per nulla nonostante qualche buon anticipo, quei due gol li avrebbe subiti subito e non al 95'. Dunque ha fatto bene Ventura a pensare di inserire un attaccante al 90' in quanto nei 5 minuti rimanenti se solo non si fosse intestardito coi suoi irritanti dribbling, qualcosa di importante sarebbe potuto succedere. Purtroppo in panchina c'era solo lui come uomo avanzato.

I 40 mila del San Nicola - un quarto di fede interista - hanno dimostrato ancora una volta che Bari merita ben altri scenari che quelli di un ultimo languido posto desolante in serie A. Persino i 57 Ultras, storicamente vicini a Matarrese, sono improvvisamente maturati esponendo uno striscione nel quale hanno dimostrato sia l'attaccamento alla squadra che messo a nudo le colpe un po' tutti, finalmente, andando oltre gli attributi dei giocatori.

Un dubbio, invece, ci viene per la vicenda Chivu-Rossi: ma come è possibile che i cazzotti, in area di rigore, se li becca solo e sempre il difensore del Bari? Fermo restando che riteniamo l'episodio condannabile anche se ammetterlo solo davanti alle tv, magari scoppiando pateticamente in lacrime, non è la soluzione migiore, siamo proprio certi che lo stopper barese abbia sempre la bocca chiusa? Ovvio, non vuol essere un alibi, per cairtà, ma a volte è meglio prevenire che curare e se per caso, al Sig. Rossi, gli viene in mente di dire qualche parolina di troppo, troviamo scontata una qualsiasi reazione, ovviamente proporzionata al tipo di danno. Se fosse così, crediamo che i giocatori dovrebbero imparare a contenere le proprie paturnie in campo altrimenti è finita, naturalmente sia quelle verbali che, soprattutto, quelle fisiche, perchè si è professionisti anche, e soprattutto, in campo per giunta in una squadra che ha bisogno di tutti loro, e non solo nell'accreditarsi gli emolumenti in banca, nè tanto meno chattando su facebook.

E adesso? Badare al realismo cinematografico anni 50 osservando, impotenti, all'incedere verso un lento crepuscolo biancorosso, o badare alla massima ottimistica, decisamente fuori luogo in questo momento, secondo cui, finchè c'è vita (leggi matematica) c'è speranza? Ai volti nuovi, figli di antichi fasti di una  primavera di Praga e provenienti dai fiordi norvegesi, e ai ritorni degli infortunati, vengono riposte le ultime timide speranze di ripresa.
Ma soprattutto alla Leonessa d'Italia, nella cui Piazza della Loggia zampilla ancora quella fonte rosso-strage, la prima ardua sentenza.

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