5 aprile 2011

Bari calcio: tra la Via Appia e il West

Editoriale per Go-Bari 2/4/2011
Due cordate per il Bari. Una autoctona, l'altra estera: Stancarone dietro?

Cordate si, cordate no, cordate ferrate, di spago, autoctone, straniere, cordate un corno. Insomma siamo tra la Via Appia e il West. Intendiamoci: noi di Go-Bari, da sempre, abbiamo preso una netta posizione sulla gestione societaria dei Matarrese anche (e soprattutto) quando le cose andavano fin troppo bene proprio perché, conoscendo il trend, sapevamo perfettamente che, come per quei pupazzetti irritanti montabili con certosina pazienza - al sapor di cioccolata - casualmente trovati nelle uova di pasqua, il gioco, tanto faticosamente costruito, sarebbe durato lo spazio temporale di un solo sorriso e di una sola emozione stampati sui volti dei tifosi baresi, da sempre relegati a fruitori di un prodotto approssimativo e, spesso, umiliante.
Troppi, infatti, i contratti conclusi con discutibili “strette di mano”, troppa gestione familiare a cui è corrisposta un’assoluta mancanza di polso nel gestire la “cosa biancorossa” mista ad una netta intolleranza nel voler spendere “5” per ottenere, con un indotto da prima della classe, sicuramente “55”.

Quel timor di investire al sapor tutto meridionale ha vinto. Quel timore tanto decantato e da cui gli editorialisti locali prendono le distanze, quasi a voler invogliare gli imprenditori di queste latitudini baciati dal sole e salinati come dallo iodio dall’Adriatico, ad aver coraggio nell’investire anche per dimostrare a quelli del nord che, nonostante la presunta crisi, esiste un “sud migliore” che, nonostante le scelte discutibili e dannose del governo in materia di migrazione, vuole e sa competere soprattutto se il campo d’azione dà, senza ombra di dubbio, un grosso riscontro se solo sollecitato a dovere e non, invece, coi lupini.

Ed invece macchè: una chiara e marcata idiosincrasia verso il Bari calcio, piuttosto che verso altre aziende dello stesso ramo matarresiaco, hanno relegato la società biancorossa ad una figura di cartone animato. E quando la famiglia ha deciso pure di spendere, lo ha fatto male.

Non abbiamo mai capito, con tutta onestà, il motivo per cui i Matarrese, nei momenti di difficoltà, si rivolgono alla città ritenendola responsabile della disfatta, rea, secondo loro, di non aver fatto nulla per la stessa famiglia: già, in effetti i voti per mandare a Montecitorio e a Palazzo di Città, in più tornate elettorali – e sia pur vincendo l’oscar delle assenze - Antonio Matarrese, noto buongustaio di ricci di Polignano, generi, cognati, parenti ed affini, glieli hanno dati i vicentini, mica i baresi; gli abbonamenti sottoscritti nei momenti di felicità (casuale) li hanno sottoscritti i novaresi, mica i baresi; il lavoro in Puglia (i ponti, le strade, i capannoni, gli ospedali, i garage, i palazzi, le scuole, le strade) e nel mondo intero gli è stato fornito dai reggiani, mica dai baresi.

In virtù di ciò, conoscendo il panem e circensem imposto nei casi di magra dai Matarrese, rimaniamo moderatamente scettici sulla “cordata” autoctona quantunque, da sempre, ci siamo schierati dalla parte dei nostri imprenditori piuttosto che da quella di spaventapasseri d’oltre oceano, magari dai capelli color vermiglio e, in più, accompagnati da ambigui personaggi senza capelli.

Intanto occorre capire quanto, i vari Ladisa, Guastamacchia, De Gennaro e Di Bartolomeo - che rappresentano, nonostante qualche titubanza di troppo, forse il “must” dell’imprenditoria locale - vorranno versare per far parte del Bari calcio: e già, perché se le loro quote saranno, metaforicamente parlando, due etti di lupini il primo, un etto e mezzo di olive in calce il secondo, un quarto di ricotta skuanta il terzo, e due nocelline americane il quarto, con i Matarrese sempre lì, in maggioranza a dire “l’ultima”, allora sarà tutto inutile. La cordata si spezzerà presto e il rischio di rivedere giocatori alla Lipatin e alla Carozza sarà concreto.

Dunque, pur apprezzando l’operazione, il timore è quello che il budget a disposizione della società, per renderla competitiva, non si alzi più di tanto e le improvvisazioni con cui si è andati avanti per 35 anni, rischierebbero di tornare prepotentemente, posto che se ne siano mai allontanate.

A questo aggiungiamoci il particolare per cui, se già all’interno della famiglia i “galli” che si spennano tra loro sono tanti (troppi), figuriamoci con 4 crestati in più: c’è il rischio di un “de bello gallico” in versione pugliese. Anzi barese.

La seconda possibilità è quella della mini-cordata americana tinta di tedesco ben celata da una TV locale della Florida e che, a voler prendere informazioni su internet, in effetti, non riesce ad essere convincente. E l’idea di essere presi per i fondelli, nuovamente, dalle Iene francamente non è che ci esalti. Già l’Italia intera ha riso abbondantemente di noi. Adesso basta. Speriamo abbiano delle basi solide economiche. Lo stesso personaggio che sta subentrando alla Roma, nonostante il suo indotto è atterrato a Fiumicino con un volo charter…

E qui già qualcuno – ma era inevitabile – ha scomodato il solito Paolo Stancarone che, secondo loro, puntualmente ci ha messo lo zampino.

Noi crediamo che al di la di soggettive antipatie vantate da taluni nei confronti del nostro concittadino, Stancarone è stato l’unico a scuotere le acque stagne baresi che nel corso di 35 anni si erano lentamente putrefatte e ridotte ad un acquitrino al cui interno v’era tutto il “gotha” del potere barese che conta.

A questo aggiungiamoci il particolare per cui Stancarone - posto che ci sia lui dietro la manovra - è uno che è venuto su da solo, facendo gavetta, magari con inevitabili errori, ma è pur sempre una persona che si “è fatto da solo”; e a noi, sinceramente, contrariamente a chi viene messo nei posti che contano senza aver mangiato nella sua vita almeno un panino con la mortadella, ci piace assai.

Stancarone è un personaggio conosciuto in tutto il mondo, ha contatti ovunque, mica è come noi che, non avendo interessi personali, si e no, conosce il barista di sotto casa e il parcheggiatore abusivo sottostante, e dunque, pur comprendendo la sua scomodità per taluni (ma non per i Matarrese i quali, evidentemente, hanno capito che la prevenzione non paga), crediamo invece che, come ha dimostrato in altre circostanze (pur prendendo, a volte, inevitabili abbagli) possa essere l’uomo della svolta biancorossa tanto decantato e cercato anche dai salotti televisivi locali.

Apprezziamo il patto di riservatezza e attendiamo fiduciosi l’eventuale fumata biancorossa così potremo tutti gridare “habemus presidentem”. Perché noi, non avendo interessi particolari e né mire all’interno della eventuale nuova società, ci schiereremo sempre dalla parte dei deboli, ovvero dei tifosi.

Massimo Longo

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