18 aprile 2011

Cesena Bari 1-0: Tra Casablanca ed Edgard Lee Master

Editoriale per Go-Bari 17/04/2011

Titoli di coda per la Bari: accasciata sulla collina di Spoon River tra carte indecifrabili, dignità e rabbia

L'obiettivo era uno solo: chiudere in bellezza il film della A, possibilmente con qualche scena memorabile alla "Via col Vento" o alla "Casablanca". Qualche scena che potesse lasciare i tifosi con le lacrime agli occhi per l'andamento del torneo e con quel retrogusto di soddisfazione regalato dagli "Humprey Bogart" Rivas e "Clarke Gable" Almiron ritornati improvvisamente protagonisti sia pur con scarsi risultati, proseguendo possibilmente con la dignità ritrovata di recente grazie ai sermoni di Bortolo Mutti. E nonostante la ventesima sconfitta, i galletti ci stanno riuscendo.

Quel film della A, della vita, i cui titoli di coda stanno già scorrendo impietosamente sulla pellicola e sui quali v'è descritta la sintesi maledetta di questo anno: dalle Luci di San Siro al regista da ricercare in Via Torrebella, passando attraverso i capricci di taluni fino a terminare in palestra ed in infermeria.
E il Bari di Mutti, oggi, è andato oltre la dignità apparendo, a tratti, pure commovente per la determinazione profusa in campo, una commozione inversamente proporzionale alla rabbia per la piega presa a causa dei noti motivi che è inutile stare a ripetere in questa sede.
La retrocessione costerà ai giocatori molto caro e a nulla varrano prestazioni più o meno decenti come quella di oggi dovute alle sapienti idee di Mutti, l'unico ad uscire tra gli applausi a fine film. Così imparano ad aver sospeso di giocare a pallone a novembre, infortuni a parte, e a reagire tardivamente. A questo si aggiungano le uscite verbali vigliacche di taluni che, ciclicamente, rilasciano davanti ad un microfono contro Ventura per accattivarsi le simpatie chissà di chi, e poi si tiri la linea. Auguriamo loro di rimanere in B col Bari per giocare a Gubbio e a Nocera Inferiore. Crediamo sia la migliore  punizione per loro. Anche se sappiamo sarà difficile.
Certo, non riuscire a far gol ad un Cesena ordinato, tutto cuore ma assolutamente modesto, vuol dire che si merita l'ultimo posto in A. Su questo non ci piove, anche se il Bari c'è andato molto vicino in qualche occasione: ma se oltre al manovratore di locomotiva Rudolf, che non fa altro che immetter carbone per far sbuffare l'undici biancorosso, c'è il nulla in calzoncini corti, coi calzettoni abbassati e col numero 9 sulla spalla, risulta difficile metterla dentro.

Una partita ruspante, giocata bene, a tratti anche spettacolare con le ripartenze di Ghezzal - oggi particolarmente sincronizzato con Rudolf - con una difesa ben messa in campo, attenta e precisa (finanche Rossi ha giocato molto bene) meno che sul gol di Bogdani, e con un Raggi in palese sofferenza nel fermare uno straordinario Giaccherini, così come a centrocampo si è faticato non poco per fermare le giocate del fantasista Rosina e ciononostante il maggior possesso di palla è stato del Bari che non è riuscito a capitalizzarlo alla meglio a causa della suddetta cronicità lì davanti, troppo macchinosa, bolsa e sterile. E nemmeno i volti nuovi del secondo tempo sono riusciti ad incidere se non col solo Rivas il quale, sfruttando il suo (limitato) momento-si, ha consegnato la palma del migliore in campo ad Antonioli, un portiere 42enne buono come il vino che più invecchia più risulta straordinario. Inspiegabile, invece, l'indulto dell'arbitro verso Alvarez per quel doppio schiaffo al difensore cesenate.

Occorre, tuttavia - ma soprattutto per dovere di cronaca -, dare atto al tecnico bergamasco di aver ridato alla squadra quell'ossigeno necessario a catapultarla in un altra tipologia di gioco, più "all'italiana" e meno spettacolare, che, considerata la posizione pregiudicata in classifica, ha sviluppato un gioco più semplice e più efficace in considerazione alle risorse umane a disposizone.
E mentre Almiron continua a passeggiare in campo, ci cominciamo a chiedere se è davvero il caso di continuare ad insistere con lui: forse sarebbe il caso di provare qualche buon centrale primavera che, sicuramente, correrebbe di più e che potrebbe rodare in vista della B.

E adesso che si faccia presto: la B è davvero alla portata. Mai come l'anno prossimo si potrebbe bissare lo splendido risultato di due anni fa con Conte dal momento che il target appare, forse, ancor minore: ma una società che al momento si muove come un automa, come uno zombi, con delle carte talmente illegibili da metterci mediamente dai tre ai quattro mesi (ma che ci sarà di tanto indecifrabile in quei bilanci?) per la decodificazione da parte delle cordate varie, può risultar capace di pronunciare il verbo "programmazione" o, se preferite, il sostantivo "progetto"?

E mentre gli ultimi titoli di coda scorrono inesorabili e gli attori sembrano uscire dal film come nella famosa scena della Rosa purpurea del Cairo, quasi a volersi scusare per quel che hanno combinato, per le sofferenze patite dai tifosi, domenica prossima, nell'uovo, il Bari potrà trovare la sorpresa della matematica retrocessione. Finalmente. Non prima, però, di aver ascoltato in settimana l'ennesimo giocatore che sparlerà su Ventura: chi il prossimo?

Il Bari adesso comincia ad adagiarsi dolcemente sulla Collina del cimitero della Spoon River biancorossa in compagnia di un malato, di un matto, di un chimico e del Suonatore Jones, tutte figure retoriche della poesia di Edgar Lee Master rivisitate musicalmente da De Andrè e che, con un po' di fantasia, si possono facilmente accostate a qualche personaggio di quest'anno.
Massimo Longo

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