7 gennaio 2012

Gubbio: tra tartufi afrodisiaci e l'assurdo beckettiano


Confesso che ho fatto il tifo per il Gubbio affinchè salisse in B. Così come lo faccio per ogni squadra dello stesso rango che lotta per la promozione dalla C alla B. Gubbio, per me, è una di quelle trasferte dell'impossibile, una di quelle che, al pari di Licata, Pagani o Sassuolo (ma ce ne sarebbero tantissime altre, in realtà, da me vissute dello stesso target), alza il sipario del proscenio teatrale beckettiano dell'assurdo dove Estragone Torrente e Vladimiro Garzelli aspettano invano Godot passeggiando tra le foglie secche autunnali. Insomma non una trasferta qualsiasi, non una – magari – attesa da anni come, ad esempio, poteva essere quella di Taranto, di Cremona o di Ferrara e la sua mitica Società Polisportiva Ars et Labor, meglio conosciuta come Spal per i meno preparati, di cui sento parecchio la mancanza non foss'altro per la sua candida e sobria casacca estense a strisce bianco-celesti, ma una dai contorni e dalle mille sfaccettature turistico-gastronomiche che, per l'amor di dio, pure mi piaccion tanto. Ma c'è un limite a tutto. Anche nel calcio.

A Gubbio, in tutta onestà, il destino calcistico beffardo non può decidere di disputarci una partita di calcio valevole per la serie B. No. A Gubbio si deve arrivare, dopo una mezza odissea stradale uscendo da Ancona Nord, solo per passarci un romantico weekend francescano facendo una piacevole eccezione spirituale a tavola dove è lecito affondar forchette e inebriarsi dei gusti e dei sapori umbri. Ma credere che debba giocarci il Toro o il Bari, qui, no. Rimango attonito. Troppo lontana dagli stereotipi calcistici con i monti, il ghiaccio, la neve, il verde, il medioevo, le crepe degli splendidi palazzi ben mantenuti che disegnano il paese nella sua tana lupercale inserita sotto ai piedi del Monte Ingino, il teatro romano, la storia, la religione, il vino, i funghi porcini e il tartufo a farla da padroni incontrastati, tutti sotto l'egida di Sant'Ubaldo e dei suoi famosi Tre Ceri che quei “matti” dei fedeli si trasportano sulle spalle, trecento chili l'uno e tutto, correndo su e giù per la strada tortuosa zeppa di tornanti che da Gubbio porta su e, ovviamente, viceversa. E qui, con tutto il rispetto, non si può giocare una Bwin.

Ed invece si: qui, nelle taverne del lupo dove Francesco, dismessi gli abiti della famiglia ricca, parlò con il quadrupede solo fiabescamente feroce, dove Sant'Ubaldo guarda un po' tutti dall'alto dal suo eremo posto a 900 metri d'altezza, in questa città dove senza tanti corsi specifici, è facile ottenere la patente dei matti (a me l'han data d'ufficio e honoris causa), nella città più di “sinistra” d'Italia, qui dove il tartufo, i porcini e i salumi sono davvero una squisitezza, con quell'odor vagamente religioso, ci ha giocato mestamente il Bari. Come accadde a Castel di Sangro, cittadina roccarasiana o rivisondoliana ma con poco odor di francescano.
Ci ha giocato il Bari di molti ex a partire da Torrente che sin da giovedi sera, al suo arrivo al Park Hotel Capuccini, ha trovato la consueta fila di persone di varia estrazione social-lavorativa: dal tifoso qualunque al Sindaco attuale, dal vice sindaco a Gigi Simoni, dal collega giornalista locale alla barista nel cui bar consumava colazioni insieme alla sua adorata famiglia, insomma una sorta di pellegrinaggio islamico nei confronti del tecnico quasi fosse un Don Matteo a tutti gli effetti, altro che Terence Hill.

Ed in effetti i tributi sono stati tanti, anche allo stadio, dove la consueta e fisiologica targa in suo onore gli è stata consegnata - al pari degli altri ex giocatori - per gratitudine del miracolo francescano riuscitogli negli ultimi due anni e di cui taluni fanno finta di dimenticare. Ma si sa (e noi baresi ne sappiamo qualcosa...) l'ingratitudine umana è superiore alla misericordia di dio.
Da queste parti, dove il pallone è solo un tartufo più o meno tondaceo, tutt'al più un involtino di carne di cinghiale, dove per assaggiare il calcio che conta ci han messo 100 anni, Torrente con la sua band è riuscito a portare il Gubbio in serie B con la supervisione di Simoni ma senza che dallo stesso attingesse nulla. E meno male, aggiungo: perchè se solo avesse attinto qualche geometria dal buon Gigi (allenatore di tutto rispetto almeno fino a quando ha allenato in A), col “non” gioco intravisto ieri dai giocatori eugubini, non so quanto sarebbe stata automatica la promozione in C e poi in B.

Un 2-2 dai risvolti incredibili, nello spirito della cittadina umbra, con un primo tempo, come al solito, inguardabile da ambedue le squadre, davvero modesto nel gioco nonosante la superiorità tecnica, almeno nell'individuale, dei baresi ma mai emersa nel corso di quest'anno, ed un secondo tempo, invece, iniziato col piglio giusto. Ma ormai è una costante questa per i ragazzi di Torrente: si siniza male, si riprende meglio ma non si regge fino alla fine. Tanto che persino il murgiano Ciccio Caputo, evidentemente stanco di mangiar solo pane di Altamura, ha deciso di doparsi di tartufi - notoriamente afrodisiaci - al punto che ha siglato una doppietta storica. Al che tutti noi colleghi stipati nella tribuna stampa, al due a zero, percependo l'odor di vittoria - anche per anticipare i tempi - abbiamo acceso i pc portatili per redigere la cronaca: ma la vita, come sempre, non sempre è scontata; quando è spuntata la luna dal monte Ingino ecco spuntare, puntuale, il destino kafkiano e pirandelliano che non t'aspetti: calcio di rigore inventato dall'improbabile arbitro, visto persino dalla brava e bella guardialinee Cini, ultimamente un attimino arrotonditasi rispetto al passato, ecco la consueta espulsione, stavolta, di Sgagliozza Polenta che con il numero 4 eugubino Boisfer hanno fatto a gara per chi affondasse più nel terreno data la loro stazza, ecco il rigore di Graffiedi messo a segno, ecco il Gubbio che prende coraggio, ed ecco Torrente che, dovendo correre ai ripari perchè conosce la reazione di questo ambiente provinciale ma soprattutto sa che la tenuta dei ragazzi è inaffidabile, vede Stoian stanco, lo chiama, gli chiede se se la sente di proseguire e lui gli risponde “Mister ho male, ho male” e non ci pensa due volte a levarlo per coprirsi con Ceppitelli, ed ecco il gol del pareggio di Buchel. Il puntuale elogio alla follia di Erasmo da Rotterdam.
E pensare che anche io, ad un tratto, ho avuto qualche perplessità sul cambio tra Stoian per Ceppitelli, perplessità fugata sul finire della gara dalle parole di Vincenzo Torrente che mi ha spiegato con la sua proverbiale franchezza disarmante la dinamica del cambio.

Una squadra, quella eugubina, il cui calcio fatto vedere è stato davvero qualcosa di straordinariamente modesto, una squadra mista di francescani e domenicani che rincorrevano Dio trasfiguratosi nel pallone, mentre il Bari ha proseguito nella sua consueta cattiva strada dell'immaturità, una squadra che non riesce ad imporre il proprio blasone forte di quei due-tre punti cardini che si trova in formazione. E qui, Torrente, ha sicuramente delel responsabilità anche se con centomila atenuanti.

Fermo restando che per tutti c'è stato l'impegno – e ci mancherebbe – sugellato, a tratti, persino da un buon calcio, succede che Borghese appare come una fontana di petrolio, oro nero quanto si voglia, ma assolutamente grezzo e da raffinare, prigioniero delle sue paturnie miste a paure, dunque inadeguato, al momento, per un torneo di B, Claiton appare meno deciso rispetto ad inizio torneo, Polenta a tratti è irritante, Crescenzi così così anche se appare il più ruspante di tutti da quelle parti, Lamanna che, nel gioco altalenante delle prestazioni eccellenti, persevera nelle sue uscite a pugno anche laddove i pugni non ci vogliono dando insicurezza lì dietro, Defendi inguardabile, De Falco al di sotto delle sue potenzialità come sempre ormai, Donati che si affanna ad accendere la lampadina del suo faro ma spesso si fulmina pure lui, di Caputo e dei tartufi afrodisiaci ho già detto, Scavone la solita piacevole sorpresa: non sarà un caso che dai suoi piedi e dalla sua mente siano stati generati i gol di Caputo. Levarlo, così tanto per levarlo, non avrebbe avuto granchè significato, ma levarlo, secondo me, sul 2-1, quando il coraggio eugubino stava prendeno quota nonostante la sua pochezza geometrico-tattica, si. A volte bisogna vedere oltre i presunti errori. Anche Fascetti lo avrebbe fatto. Forse Conte no, ma occorre che taluni si stropiccino gli occhi, una volta per tutte, e guardino la realtà che non è fatta di Antonio Conte, Giorgio Perinetti, Giampiero Ventura, Ventrone e di una società solida, ma di tutt'altra cosa.

Purtroppo molti tifosi non credono a Torrente e alle motivazioni dei cambi ritenendolo colpevole dei punti persi tra Vicenza, Cittadella e, appunto, Gubbio. Allora che ve le dico a fare queste cose?
Torrente è un allenatore giovane, al pari di Conte, emergente che ha fatto un miracolo in Umbria, fortunatamente senza ascoltare il diktat di Simoni - sebbene tutelato dalla sua egida protettiva di cui sarà sempre grato - che si è trovato catapultato in una realtà di spessore maggiore, più pretigiosa, convinto che qui avrebbe potuto bissare quanto di buono aveva fatto. Purtroppo, un po' l'inesperienza, un po' le prestazioni di taluni da cui ci si attendeva maggior peso specifico, un po' l'arrivo alla spicciolata dei cosiddetti “rinforzi”, rivelatisi, ahimè, tutt'altro che tali, un po' la scelta di certi giocatori imposti dalla società perchè “gratuiti” al posto di altri, tutt'altro che costosi, che aveva scelto inserendoli nella lista, un po' l'eterna immaturità di taluni... hanno fatto si che questo pazzo Bari raccimolasse, ad oggi, ben 28 punti - due in più della Sampdoria miliardaria - e che si piazzasse, al momento, in basso si, ma sulla sinistra della classifica, a 5 punti dai play off.
Se solo... si lavorasse sulla psiche... si potrebbe osare. Ma i tifosi webbaioli, purtroppo, non lo capiscono. Preferiscono puntare l'indice verso Torrente reo, secondo loro, di sbagliare i cambi e di non dare una fisiognomica di gioco dimenticando, molto frettolosamente, che questa “non” società, a breve, poterebbe scomparire per sempre e con essa la passione dei tifosi, senza che i giocatori, allenatore e soprattutto dipendenti vengano pagati.

Ma il gioco e la non credibilità delle parole di Torrente circa il cambio di Stoian, si sa, è più importante della vita. E pensare che, a dimostrazione dell'assurdo di questa gara e dei suoi risvolti e di quanto i tifosi umbri si sentano gratificati da questa tipologia di partite, per loro un palmares difficilmente da bissare, ho sentito con le mie orecchie, quando Torrente è uscito dallo stadio nel momento in cui le tenebre lupercali eugubine si erano impossessate del territorio, un tifoso rossoblu che, andano incontro al mister per salutarlo ed abbracciarlo, gli ha detto testualmente: “Su coraggio, Mister, stavolta abbiamo avuto “culo” noi...”. Così è se vi pare.

1 commento:

  1. Bello Massimo, bello davvero.
    Chissà se un domani non rimpiangeremo anche i pareggi di Gubbio e con il Cittadella.
    Forza, Bari.

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