29 gennaio 2012

Bari batte Lega Nord 4-0: coraggio, l'inferno può attendere




Solito Bari formato trasferta: scevro da pressioni societarie, orbo davanti alle notizie che arrivano dalle Procure di Bari e Cremona, rintanato nel bunker e sordo alle sirene del bombardamento aereo mediatico e blindato da qualche frustrazione idiota di una piccola parte della tifoseria che trova in Torrente il male di tutto e con un solo orecchio, invece, rivolto a quanti, con toni più civili e signorili, gli muovono qualche critica costruttiva a causa del non gioco prodotto nonchè di qualche cambio, secondo costoro, sbagliato, vince, convince ed ottiene la settima vittoria fuori le proprie mura nemiche percependo l'odor del sesto posto, superando la milionaria Sampdoria numericamente e non fittiziamente pur stazionando a centro classifica.


Un Bari, dunque, bello ed affascinante come Berghem alta avvolta dal suo cielo plumbeo e dal colore dei suoi colli prealpini, buono e appetitoso come la polenta taragna bergamasca servita insieme ad uno squisito tagliere di salumi, pancetta e taleggio locali ma, soprattutto, innaffiato da un calice di vino eccellente, un Bari che, finalmente, ha espresso un gioco corale e piacevole dopo il solito prevedibile e fisiologico periodo di rodaggio dovuto - come per le auto di una volta -  all'assemblaggio della Torrente's band messa su da Angelozzi con pochi mezzi questa estate a causa dalle note esigenze societarie che prevedevano far cassa piuttosto che far spese, ed innestato da quei due/tre nuovi arrivati a Bari, in ritardo, rispetto al ritiro dove, si sa, le lectiones magistrales servono ad assimilare schemi nuovi e tattiche di gioco indispensabili a mantenere un assetto preciso durante il lungo torneo ma che, ahimè - nel rispetto della tradizione barese - sono arrivati già mezzi rotti sia nel fisico che nell'anima mostrando una condizione fisica approssimativa (tanto che De Paula è dovuto tornare al mittente: ma si sa, come si spende si mangia) e, dunque, con la conseguente e fisiologica fatica nell'entrare nei meccanismi dell'allenatore barese. 

Ma quello che mi preme sottolineare e che, forse, è l'annotazione più importante della giornata trascorsa in quel di Bergamo, è la reazione che la squadra ha avuto meritando davvero da 30 e lode: non è facile, infatti, dettare legge in trasferta, far due gol, strameritare la vittoria e convincere nel gioco con quella spada di Damocle che, verosimilmente, si dovrà abbattere sulla società prima o poi rendendo, forse, vano ogni sforzo. 
E, se permettete, vorrei lanciare un semplice ma rigoroso applauso a Dolcenera Torrente il quale, incurante dei postumi di una brutta influenza che l'ha beccato in settimana per 4 giorni la cui risultante è apparsa limpida nel suo volto pallidissimo che ha fatto capolino in sala stampa, ha diretto la band prelevandoli dalle piazze rumorose della depressione rabbiosa locale per dirottarli sulla strada del lavoro. Davvero da 30 e lode. Occorre che qualcuno se ne faccia una ragione.

Strane queste sfide contro l'Albinoleffe nell'Azzurri d'Italia, grigio Herrera, con l'odor stantio pregnante al suo interno di sfide epiche, con traiettorie impazzite ancora in itinere di monetine lanciate ad Alemao, di Bonacina, di Stromberg e di Pizzaballa, insomma uno stadio poco albinoleffizzato, con  gli scolari come spettatori invitati a mettere in atto gli insegnamenti decoubertiani dei loro professori e i soliti 4 gatti valligiani, coloriti, civili albinoleffesi dal cuore d'oro a tifar giustamente per i celesti: vengono a Bari e vincono; ci va il Bari, lì, e gli rendono pan per focaccia. E in casa di due celebri pentiti del calcio sporco, bastardo, lurido come le loro facce di corno immeritevoli del benchè minimo perdono, mai avrei pensato che le sfide tra le due squadre avrebbero potuto prendere questo excursus. Un do ut des anomalo e contraddittorio.

Ormai è un dato di fatto: il Bari ha dimostrato agli atei torrentiani che dispone di un'anima, di un gioco ben preciso fatto di trame efficaci e che sa vincere e convincere. Insomma, una squadra che sa giocare a pallone: e allora, come la mettiamo? Dunque, non è vero che la colpa è di Torrente...
Un Bogliacino che, finalmente, imposta il gioco alla Bogliacino, un eccellente De Falco manovratore indefesso come non mai lì al centro, un Romizi autentica sorpresa (in positivo, si intende) a dettare i ritmi tra difesa e centrocampo, un Ceppitelli difensore-regista basso che stoppa la palla molto bene e la lancia con disinvoltura mostrando sicurezza da veterano. 

Nessuno mi dia del matto: a tratti ho intravisto il Bari di Ventura. Si avete capito bene, quello di Bonucci e Ranocchia con la linea della difesa che cominciava l'azione con intraprendenza, con quel centrocampo riconducibile ad un dipinto del Caravaggio (le cui radici sono quasi bergamasche), inedito ma efficace che contrastava ed impostava rapidamente l'azione con velocità, precisione e ritmo musicale bello come nell'Elisir d'amor di Gaetano Donizetti (anch'egli di queste parti), verso gli esterni ma anche dal centro, un centrocampo dinamico, funzionale, sempre primo sui palloni quando c'era da far legna, quando c'era da recuperarli e quando c'era da proporre il gioco, una difesa meno ballerina e più solida, più sicura di se (non me ne voglia Borghese la cui mancanza, tuttavia, si è sentita nei centimetri degli spilungoni attaccanti bergamaschi), ed un attacco che, fisiologicamente, ne ha raccolto i frutti. Insomma un equilibrio tatticamente quasi perfetto col quale nulla ha potuto la squadra dell'ex Fortunato apparsa - palo a parte - poco o nulla nei confronti di questo Bari.

Ma allora, siamo sicuri che la partenza di Donati sia stata dettata solamente da questioni economiche? Facile dirlo a posteriori, lo so, ma i ritmi dell'epoca di Donati risultavano terribilmente lenti e, talvolta, pure prevedibili senza dimenticare, onestamente, l'equilibrio che l'ex giocatore barese riusciva a dare. I centrocampisti si scoprono improvvisamente scevri da responsabilità, appaiono più intraprendenti, più dinamici e soprattutto dimostrano la loro indubbia personalità che con Donati non riuscivano a secernere. Forse il suo carisma, forse la troppa luce emanata dal suo faro che accecava gli altri, fatto sta che adesso sembra che il motore del centrocampo appare meno marmittico. Anzi. Eppure ricordo che a tutti gli avversari, fin qui incontrati, incuteva timori.

Ma un dubbio mi ha scervellato le mie meningi stanche, in volo al ritorno a Bari ieri sera: non sarà mica che la Bari abbia qualche conto in sospeso con la Lega di Bossi visto che Flagellum Dei Torrente, prima a Varese, poi a Berghem, non ha lasciato nemmeno l'erba verde dei campi di gioco, colore tanto caro al leader leghista, Maroni e compagnia cantando? 
E poi c'è il timore che tutto ciò sia tremendamente inutile: speriamo solo di non star lì, sul palco del teatro greco platonico, a cantare come i proverbiali cigni nell'ultima puntata della farsa, forse la più fatale, di quest'ultimo lembo di vita dell'ultra secolare Bari, una farsa dal finale drammaticamente scontato...

Infine due pensieri. Il primo per Castillo, professionista serio ormai al tramonto di una carriera esaltante, sfortunato, silente e paziente che, come una spugna, ha signorilmente assorbito tutte le cattiverie che gran parte della tifoseria gli ha profuso reso di essere stato un acquisto sbagliato di Perinetti: qualcuno mi spiegherà come mai, solo a Bari, si riesce ad incolpare qualcuno per qualcosa che non ha commesso. E' davvero un mistero questo. Nacho, gol a parte, ha dimostrato che la sua esperienza potrà essere determinante ai fini del risultato finale considerato che riesce a mantenere il pallone alla grande, a smistarlo senza perderlo e a dare quel peso specifico necessario in attacco oltre che a creare spazi; il secondo va a tal Guglielmo Scapini (immortalato con me nella foto), genovese doc e amante di De Andrè come me e come Torrente, che dal 20 settembre 2002, data di uno dei mitici Genoa Bari (0-0) - non sa nemmeno lui il motivo - ancora dodicenne, invece che tifare Sampdoria o Genoa, ha deciso di diventare tifoso del Bari. E in un momento davvero gramo e difficile per la Bari, vederlo, da solo, a Bergamo ieri col suo cappellino biancorosso, in attesa dell'apertura dei cancelli, ascoltare il suo slang tipicamente genovese ma con una preparazione enciclopedica sul Bari calcio, non mi ha lasciato indifferente. Varrebbe la pena girare quest'ultima immagine alla famiglia Matarrese. Pensate si possa lasciar commuovere?

Un po' carduccianamente, ma con la consapevolezza che - quantunque il de profundis non sia stato ancora cantato - la  celebre Antologia di Spoon River scritta da Edgard Lee Master e tradotta dall'amica per eccellenza di Fabrizio De Andrè, Fernanda Pivano, è lì pronta per essere letta, Dolcenera Torrente prosegue in direzione ostinata e contraria a traghettare il suo Bari credendoci forse più di qualche altro che "schettinamente" ha abbandonato le speranze, e cominciando, pure, a raccogliere i frutti del suo lavoro. Dimostrando tutto il suo valore.

Sperando di invertire la rotta in casa a partire sin da martedì sera contro il Padova di Bentivoglio  quando occorrerà incitare i ragazzi per la maglia che indossano, per la loro professionalità, per il loro impegno profuso, per il blasone della squadra barese contaminata dalle gesta bastarde di 4 farabutti che, se confermati colpevoli, spero siano radiati a vita e che paghino fino all'ultimo centesimo per quello che hanno combinato, senza dimenticare di applaudire il suo allenatore il quale ci mette l'anima: fotografia, questa, di una squadra che impersona, in questo periodo di discredito calcistico, la faccia pulita del calcio, magari un po' grezza, ma assolutamente pulita ed onesta, con la speranza che quei 4 incontentabili tifosi di serie D lascino, possibilmente per sempre, altrove le proprie frustrazioni personali che, come noto, hanno la sua genesi in ben altre cause. Perchè criticare ci sta, mostrare prevenzione e frustrazioni, no.
Insomma, tutti di nuovo in pista martedì sera coi giocatori carichi di adrenalina, di rabbia, di umiltà e di sicurezza nei propri mezzi: mix ideale per tornare a sognare come bambini alla nostra prima partita del Bari al Della Vittoria.
Coraggio Bari. L'inferno può attendere.

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