5 febbraio 2012

Nocera, il logorante monotono "cambio di Stoian" e quant'altro



Sono partite, queste, che pur strameritando di vincerle, se non si riesce nell'intento, è bene pensare a non perderle, non si sa mai, come avrebbe sentenziato Boskov. Si, perchè a Nocera Inferiore dove il mitico semaforo lampeggiante continua a segnare imperterrito il confine con la parimenti celeberrima Pagani, e dove il palo che sostiene la tribuna stampa conferma la metafora esistenziale di una B dal passato ancora vivo nelle menti, se si fosse giocato un mese fa, Torrente avrebbe preso 4 sberle senza tanti se e ma. Ed invece l'ha pareggiata, o meglio, non l'ha persa: e il che, di questi tempi grami, pur col rammarico di non aver chiuso la partita nel primo tempo, va bene lo stesso. Occorre accontentarsi, talvolta, un po' come fa il Toro quando pareggia fuori casa. Mica si può vincere ad ogni gara. Non lo fa il Toro, non vedo perchè debba riuscirci il Bari per forza.

Senza dubbio il Bari di Torrente ha confermato i suoi netti progressi in termini di gioco, di resa, di fisicità e di affidabilità, ma soprattutto ha confermato la svolta intrapresa dalla partenza di Donati che, a quanto pare, dall'apparire triste e deleteria - pur senza dimenticare il suo generoso ed equilibrato apporto - si è confermata provvidenziale, tatticamente parlando, in quanto la sua presenza, evidentemente,  occludeva come un tappo le performances dei suoi colleghi di reparto.
E' bastato, infatti, un Romizi tutto fosforo e piedi pescato dalla intuizione senza portafoglio di Angelozzi per ridare ossigeno al centrocampo che, come noto, se funziona a regime fa girare tutta la squadra, difesa ed attacco inclusi. Naturalmente coi limiti del caso, perchè se Ciccio Caputo continua a sbagliare 4 gol dopo ottime manovre ed eccellenti assist, certamente non è colpa nè di Matarrese, nè del Ministro Fornero, nè di Guardiola e nè, tanto meno, di Torrente. Anzi, meno male che è ancora in rosa... di questi tempi. E non credo di dover aggiungere altro.

Ad un ottimo primo tempo e tre quarti del secondo, lasso di tempo entro il quale se il Bari segnava 4/5 gol nessuno avrebbe gridato allo scandalo, ha coinciso l'ultimo quarto d'ora del secondo, invece, nel quale il baricentro del gioco è stato fisiologicamente arretrato a causa della reazione della squadra di Auteri che - a volte si dimentica troppo in fretta - giocava in casa peraltro galvanizzata dai neo-acquisti e dal rientro, appunto, del bravo allenatore lasciato andar via, forse, troppo frettolosamente. E si sa che quando si gioca in casa è scientificamente provato che nessuno - e ribadisco nessuno, al di la della caratura modesta della squadra sparring partner (Ascoli, Gubbio,  quant'altre e scapoli-ammogliati docet) - si concede in casa, davanti al proprio pubblico, come una Parigi a gambe aperte per 100 minuti. Almeno io non ricordo di casi simili. Nemmeno in Poggibonsi contro Nazionale Italiana terminata 2-0 per i toscani (qualcuno si ricorderà, spero). Forse nemmeno noi saremmo riusciti a concedere tanto ai nostri consueti compagni di scuola, per l'occasione acerrimi avversari, travestiti da improbabili Nenè. Riva, Florio e Domenghini, con le magliette variopinte di Venezia o Chieti, Juve, quella "dù Milàn o dell'Indèr", quella della Bari di Bibi Spalazzi e di Diomedi, allorquando giocavamo sui terreni polverosamente poetico-adolescenziali del "Cimitero", del "Mauruccio" o su quello scomparso della  "Pirelli" ai limiti dell'ex bronx sanpaolino, o  in quello straordinario - forse il più tecnico - che rispondeva al nome di "Abbasce 'o Canalon", senza dimenticare quello irregolare della Pineta, rigorosamente ad "elle", in quanto, oltre a scartare gli avversari, occorreva scattare pure gli alberi piantati in mezzo, pena fantozziani crash sul tronco.

Ma tutto questo, forse, i soliti soloni cultori del calcio a 360 gradi che vedono le gesta della Torrente's Band col palato contaminato dalle papille gustative vestite dalle maglie di Almiron, Messì, Gullit, Barreto e Van Basten, magari allenati da Guardiola, Conte e Ventura, non lo vogliono capire. Speriamo per loro che lo capiscano in fretta nel loro interesse. Non si può giudicare il Bari di quest'anno, sempre, ogni santa volta, con sacche di guardiolismo, di contismo o di venturismo davanti alle palpebre. No. Ne si può sentire qua e la la solita, puntuale, precisa e ciclica nenia stantia logoramente monotona e tendenzialmente rompiballe circa "il cambio di Stoian" il quale, secondo costoro dal palato sopraffino, non andrebbe mai sostituito manco fosse Ufo-Robot o l'Incredibile Hulk.
Come se un poco più che adolescente, bravo quanto volete, debba sobbarcarsi il peso e le redini del Bari. Un ragazzino, peraltro, che ieri mi è piaciuto meno rispetto alle ultime uscite mettendosi in evidenza più per qualche tocchetto brasiliano, decisamente inutile in questa categoria, che nel supportare la squadra. Sicuramente avrà influito la stanchezza delle 3 partite in 6 giorni oltre all'arrivo nella solfatara infernale di Nocera Inferiore alle ore 23 di Venerdì dopo 15 ore di autentica Odissea appenninica. Non tutti hanno la medesima capacità di smaltimento, nessun uomo è un uomo qualunque, ognuno è diverso dall'altro: magari altri l'avrebbero smaltita più in fretta, lui, loro no.

E alcuni di loro, soprattutto i panchinari entrati in campo per sostituire chi era apparso stanco in campo non concedendo più filtro e birra, non ha reso come avrebbe dovuto. Evidentemente fa bene, Torrente, a continuare a trattenere in panchina i vari Bellomo & C in attesa della completa maturazione: non sono ancora in grado, evidentemente, di sostituire degnamente Bogliacino & C. impegno e bravura a parte, si intende.
Ma c'è tempo per recuperare e, soprattutto, non è il caso di fare drammi per un pareggio conseguito in casa dell'ultima in classifica. Del resto non è mistero che certe partite, giocate in altre epoche anche recenti, venivano regolarmente perse dai biancorossi che, come noto, quasi godevano nel provare il gusto di risolvere la crisi altrui, quella di squadre moribonde, magari facendo resuscitare persino i cadaveri di goleador all'asciutto da anni: di esempi ne potrei elencare centomila. Ed invece le cose sono andate diversamente.
Gioco e padronanza di campo per 65 minuti, freno arretrato per il resto della gara a causa della prevedibile suddetta reazione della squadra di casa con inevitabile gol subito nonostante un'ottima difesa, fotografia questa che ha fatto sfumare l'ottava vittoria fuori le mura di casa.

Mancanza sicuramente di cattiveria, di cinismo e di esperienza che in una squadra dove i soli Bogliacino e De Falco fanno la differenza anagraficamente, stenta a materializzarsi di colpo: occorre tempo. Il resto dei ragazzi, infatti, è composto da giocatori poco più che ventenni allenati e plasmati, peraltro, da un allenatore bravo, capace di stupire in Umbria per due anni di seguito coi giovani (alcuni, guarda caso, gli stessi di oggi) e capace di lasciare il segno anche nelle giovanili in cui ha allenato, un allenatore, guarda caso, poco più che quarantenne e, pertanto, non esente da errori.

Vogliamo, dunque, dar loro il tempo di sbagliare in santa pace e di farli crescere serenamente dal momento che non gli si chiede nulla in questo torneo? O dobbiamo star lì a sbucciar cortecce a ringhiere arrugginite, magari con il fucile spianato pronto ad usarlo ad ogni stramaledettissimo Baudelairesco cambio di Stoian?
E nonostante tutto, questa rosa ha realizzato 38 punti stazionandosi sulla parte sinistra della classifica, a due passi dalla zona playoff che andrebbe, possibilmente, raggiunta senza troppe pressioni ma accarezzando i ragazzi e supportandoli anche per tamponare eventuali punti di penalizzazione così da evitare il peggio, verosimilmente, in arrivo dalla giustizia sportiva.
Ma questo lo capiranno i soliti soloni del calcio  illustrato, medializzato e corrotto da immagini di un altro calcio agli antipodi di Bari? Capiranno che questo è un anno sabbatico i cui protagonisti sono diversi da qualunque altra rosa allestita dal 1908 a quella dello scorso anno? Capiranno che questa squadra ha solo margini di crescita e che star lì col fucile spianato è controproducente alla causa? O continueranno a prendersela con il pirandelliano "cambio di Stoian" o dando del difensivista all'allenatore, quasi ne fosse una colpa?

Anche in questo odisseaco pareggio ho intravisto una lezione utile alla crescita. Perchè, ricordatevi bene: chi arriva con le proprie gambe e coi propri mezzi a conseguire una maturità in qualunque ambito della vita, deve farlo attraverso gli errori. Se poi si predilige chi vuol bipassare gli ostacoli mostrando arrivismo senza troppi compromessi, allora è meglio che cambiate squadra e vi occupiate di altro. I ragazzi del Bari di oggi stanno dimostrando al mondo intero di saper reagire alla grande ad una mazzata beccata incolpevolmente che li ha lasciati pieni di lividi in testa, e che nella loro immaturità stanno trovando, candidamente sporchi di fango inzuppatosi nel sudore delle loro maglie, quella linfa elaborata vitale per crescere insieme e diventare dei bravi giocatori. Senza vendersi partite e senza chiedere aiuto a nessuno, manco ai quarantamila tifosi occasionali baresi che snobbano lo stadio di questi tempi.

Pur consapevole di aver detto tutto, ma nella terribile inquietudine e nello sforzo di aver scritto, ciò che mi sostiene è la certezza pavesiana che in questa pagina resta qualcosa di non detto: ah ecco cosa: Forza Bari. Semper.

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