24 marzo 2012

Bari Juve Stabia, tra memorie corte, Virgilio e D'Annunzio


La Juve Stabia mi mancava come avversaria. Dopo tante squadre beckettiane viste e che hanno calpestato prima l'erbetta ondeggiante del Della Vittoria pregno di humus salino e dopo quella più lineare del San Nicola intrisa, però, di graminacee di ulivi dal sapor bucolico virgiliano, ecco quella di Castellammare di Stabia, vivace città pre-partenopea, cancellata dal Vesuvio all'epoca in cui si chiamava solamente Stabia le cui acque avevano del miracoloso, mentre Plinio il Vecchio, seduto sulla spiaggia, ne ammirava affascinato l'ultima eruzione ignaro che di lì a breve sarebbe stato investito dai lapilli e dalla lava rimanendoci sul colpo impietrito.

Complice la sopraggiunta primavera che, come noto, non bussa entrando sicura dai buchi della serratura senza troppi convenevoli, nonostante qualche goccia di pioggia di troppo che, come nello stile barese, ha fatto sobbalzare i 34 abbonati irriducibili di tribuna facendoli salire di qualche provvidenziale gradino, nell'arnia del San Nicola le vespe giallonere della Fiom hanno affrontato le api operaie biancorosse della CGIL, entrambe incazzate come non mai e, dunque, unite nella rabbia a causa di una sorta di art. 18 devastato, tutto calcistico, per le squalifiche ingiuste di Cau e Caputo che hanno generato, alla fine, nelle apposite celle un gioco tutt'altro che mieloso. E meno male che ad arbitrare non c'era la Fornero.

Una partita priva di emozione dove gli undici di Torrente, messi in campo un po' per forza un po' per necessità a causa di quattro infortunati e tre squalificati, non ha sfigurato nonostante gli "zero" tiri in porta: gli operai di Castellammare scesi in campo accompagnati da tifosi vispi (nomen omen) come non mai, grintosi, orgogliosi dei loro colori e mai domi (mi piacciono molto) si son dimostrati molto forti in difesa, come del resto tutta la squadra, non tanto come gioco espresso - in vero al pari a quello del Bari - quanto per dinamicità e tonicità muscolare mostrate al cospetto dei ragazzini ruspanti di Torrente che, come si dice a Bari, ne devono mangiare di pane duro per poter solo competere con queste squadre. Del resto la partita giocata dalla Juve Stabia col Torino, per chi l'ha vista, ha esaltato il particolare gioco degli stabiesi che sarà pure approssimativo, ma risulta efficace a causa della sua ragnatela disposta dall'ottimo Braglia: il Toro di Ventura, durante la partita, ha dovuto faticare per circa 20 minuti prima di mandare il pallone oltre la linea di centrocampo avversaria costringendo Sgrigna, Parisi & C. a far girare la palla, come nello stile di Ventura. Dunque occorre talvolta vedere anche il bicchiere mezzo pieno e non sparare a zero.

Se penso, poi, che Stoian e Masi, dopo 25 minuti, già boccheggiavano, chi disteso per terra per improbabili infortuni, chi bevendo acqua in panchina... beh, non credo ci sia altro da aggiungere.
Una partita vivacizzata solo nel finale con quella parata da campione del contraddittorio Lamanna e dal palo beccato in pieno da Zito ma anche dalla convulsa azione in area stabiese targata "difensori" (mica attaccanti) biancorossi che, con un po' più di fortuna, avrebbe potuto sortire miglior efficacia.
La squadra di Dolcenera Torrente ha dato il massimo pur senza uscire il sangue dagli occhi: ma per quello occorre tempo, diciamo dai cinque ai dieci anni per questi ragazzi alcuni dei quali risultano ancora grezzi come il petrolio che esce dal sottosuolo libico, necessitante di quei due-tre anni di raffineria tarantina prima di poter competere senza problemi in serie B anche se talvolta qualche bella giocata la fanno pure intravedere. I nomi? Galano, Borghese, Stoian. Si, proprio loro e non solo loro. E non ne parliamo di Bellomo che, pure, non ha giocato.

Una partita giocata senza nessuno in difesa a supportare i due esterni alti, forse per la prima volta quest'anno, la cui mancanza si è fatta sentire, con Kutuzov costretto a fare gli straordinari correndo su e giù per il campo per difendere il pallone come nessuno (l'ultimo che ricordi è Masinga), naturalmente con tutti i suoi limiti derivanti dal tallone, come noto, cucito ed incollato, particolare troppo spesso dimenticato dai soliti criticoni (fortuna che non li ascoltano, nè li leggono), Kutuzov che, voglio ricordarlo, insieme a Castillo, sono stati i "rinforzi" in attacco atteso che sia Marotta che Caputo sarebbero dovuti partire dalla panchina, sin da luglio, convinto com'era Torrente che sarebbero arrivati due attaccanti di peso, ed invece questi due si son trovati gettati nella mischia quasi di prepotenza. E giù, i criticoni. Il centrocampo ha sciorinato quel che ha potuto ma, si sa, senza punti di riferimento là davanti è difficile, poi, gestire la palla. La difesa, contata sulla punta delle dita, se non altro, non ha subito gol. Finalmente. Insomma, mal comune mezzo gaudio.

Ma quel che, forse, ai più è sfuggito è che una squadra voluta da Torrente al 10%, ha ottenuto ben 46 punti senza lo straccio di un attaccante o quasi. Un record, credo, che naturalmente passerà inosservato a taluni - i soliti - pochi fortunatamente, che preferiscono il "gioco", "lo spettacolo" avendo i prosciutti venturiani ancora al posto delle pupille, ai punti soprattutto in questo momento di sopravvivenza nel quale si vive alla giornata. Ma chi glie lo dice a quelli, prevenuti strafottenti e sarcasticamente sciocchi, dannosi alla causa? Nemmeno ai tempi di Mimmo Renna quando ci spezzarono Gaudino e Libera, gli unici attaccanti, costringendo il tecnico a gettare in campo Ginetto Boccasile direttamente dalla primavera d'epoca, il Bari riuscì a fare tanti punti. Ma la memoria di taluni, si sa, è corta e soprattutto pigra e viziata.

Insomma una partita difficile da sbloccare in relazione al materiale a disposizione ma che, se non altro, ha "tenuto" bene impegnandosi al massimo. E' francamente difficile prendersela con qualcuno di loro. Tutti hanno mostrato impegno nonostante qualche sfiatamento di troppo e, obiettivamente, da questo Bari tartassato come non mai in 104 anni di vita e precipitato nel baratro dell'indifferenza ai limiti del fuoco vulcanico della sparizione, per capricci societari imperdonabili, non si può pretendere.
In attesa di Mr. Caputò il quale non è mica certo che al suo rientro sarà pronto al 100% considerata la mancanza di ritmo partita.
Sabato si va in terra dannunziana: chissà se Zeman avrà letto qualcosa del poeta pescarese. Proverò a chiederglielo in settimana.

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