5 maggio 2012

Alla ricerca dell'alba dentro l'imbrunire della panchina


Il Cittadella, squadra modestissima di mediobassa serie B in eterna sopravvivenza calcistica in una categoria nella quale ci sta - per carità, dignitosamente - come il parmigiano sulle cozze, cercava i punti della tranquillità per ripartire dai nastri di partenza di un altro anno di B e li ha trovati, come sempre accade con chi gioca col Bari di questi tempi grami, in modo epicureo vale a dire ottenendo il massimo risultato col minimo sforzo. Del resto basti vedere il primo tempo: la squadra di Foscarini, una sorta di santone da 'ste parti, mi pare si sia affacciata in area barese solo in occasione dell'affondo di Di Roberto colpito e messo giù da Garofalo (da cui, poi, ne è scaturito il sacrosanto rigore) a cui Torrente aveva affidato i compiti di una parte di centrocampo visti gli ottimi precedenti soprattutto col Torino, ma purtroppo, come accade dall'inizio, non sempre è Natale per questo Bari ed occorre farsene una ragione senza sbraitare come iene in calore o come smanettatori morsi dalla tarantola della competizione e del giustizialismo ad ogni costo.

Quante ne ho viste di queste gare in cui il Bari fa la partita, non riesce praticamente a tirare in porta, e poi la perde per un rigore. Potrei elencarvene duecento ma evito per amor di lettura.
Si, come avete visto tutti, in questa ennesima Beresina poetica e prosaica del 5 maggio manzoniano, la partita l'ha fatta il Bari pur senza attraversare Alpi e Piramidi sia nel primo tempo che nel secondo risultando, tuttavia, sterile (come sempre) sia pur accorciando in avanti con il pressing dei centrocampisti. Del resto, se si escludono i primi canonici 15-20 minuti in cui il Bari è abituato a partire sparato (almeno avesse segnato...) procurandosi 5 occasioni-opportunità gol, l'evidenza ha detto che finché c'è stato Forestieri, la linea d'attacco è rimasta bassa dal momento che l'argentino, amante del tango piazzolliano - un po' alla Rivas - ama tentare il dribbling senza, però, costruire gioco e, soprattutto, senza rendersi utile nell'unica cosa che ci si aspetta da uno come lui, vale a dire quella di dispensar palloni alle punte laterali: chissà perché (e mi riferisco a chi capisce di calcio, non ai soliti pochi prevenuti), quando è uscito, pur nella sterilità disarmante, la linea del gioco si è spostata di almeno 20 metri facendo arrivare i palloni in area cittadellese. Questa, ripeto, è l'evidenza, non chiacchiere e balzelli corrotti intuibili ed immaginabili da forum che non fan testo.

Creare vivacità senza ottenere nulla, solo per la mera gloria di sorpassare un avversario non porta a nessun risultato: lo dicono le enciclopedie del calcio, non io. Soprattutto se, poi, a provarci è uno che si chiama Forestieri, ovvero un ex signorin nessuno, simpatico ragazzino fighettino, bravino col pallone ai piedi ma nulla più, bizzoso prigioniero del suo passo tangheros piazzolliano senza nemmeno un "caschè" a cui santificarsi, e all'ennesima strigliata di Torrente di venerdì che, giustamente, pretende da lui più costrutto e meno edonismi leziosi troppo personalistici per l'economia di questa squadra che di tutto ha bisogno fuorché dei suoi dribblings. Di Italo Florio ce n'è uno solo. Ed inimitabile.

E dopo un rigore netto non concesso dall'arbitro per un fallo del portiere veneto su un irritante Stoian nonostante le costanti strigliate di Torrente volte a farlo tornare sulla terra, nell'unica cosa buona che aveva combinato nella gara, ho rivisto i fantasmi di precedenti gare nelle quali la necessità di gettare nella mischia un attaccante, mai così impellente come oggi, ha lasciato il posto alla disperazione disarmante di Torrente, già di per se stanco e provato da un torneo maledetto che sperava diverso e più armonioso, nel dover cercare l'alba dentro l'imbrunire della scarna panchina dove albergavano Castillo e Kutuzov, 70 anni in due, e Galano che, come per i due canuti attaccanti, è più croce che delizia nella rosa: e ragionare con questo materiale a disposizione in un momento della gara dove, invece, occorre essere sereni nelle scelte avendo a disposizione come il pane almeno un attaccante valido, si comprenderà, tutto diventa terribilmente difficile fino alla pazzia.

Ancora non mi capacito come abbiano fatto in società a non accontentare Torrente almeno con un attaccante  di razza dal momento che, come noto, è stato costretto ad ottimizzare le risorse a disposizione con Marotta e Caputo - tornati dai prestiti e non voluti dallo stesso - che avrebbero dovuto partire dalla panchina e non come titolari. Poi mi fermo e rifletto come davanti ad una scena di un film di Tornatore, o come davanti ad un Van Gogh o come davanti alla prosa di Pasolini, di Properzio e di Lucrezio e ripenso a quanto scritto da me in altri recenti editoriali e al rispettivo riscontro ottenuto nonostante l'invidia scema di taluni a cui non va giù il fatto che abbia previsto certe cose: penso alle panchine delle altre squadre dove si son seduti tra le riserve Pozzi, Bertani, Ferrari, Antenucci, Meggiorini, Sgrigna, Tavano, Papa Waigo, Soncin e mille altri, e penso a quelle languide del Bari. Un'angoscia metropolitana che non vi dico. Insomma.

E non sarà un caso che a tirare in porta, a provarci anche da lontano, siano stati i soliti Claiton e De Falco. Del resto i 42 gol segnati dal Bari sono eloquenti quanto le orazioni politiche di Cicerone. Infondo, assomiglia al Bari di 30 anni fa quando Libera e Gaudino furono messi ko da interventi assassini e il Bari rimase senza attaccanti ma si salvò lo stesso, con la differenza che all'epoca due attaccanti, peraltro di razza, ce li aveva, ed anzi si ricorse persino al primavera Mariano, sia pur con scarsi risultati, per sopperire, oggi c'è il nulla re tra il campo e la panchina. Ed anche in tribuna. L'unico che avevamo è a La Spezia. Preciso che non è un rimpianto relativo alle capacità, peraltro tutte da dimostrare, del giocatore ma uno relativo alla carenza di attaccanti, e senza uno straccio di attaccante si va nella città dolente.

Mi domando, al di la dei limiti di taluni, dell'appagamento di altri che tra 20 giorni torneranno alle rispettive case come passeggeri itineranti per Bari scesi dai vari transatlantici attaccati il martedi al porto, come si possa gestire una gara senza attaccanti sia nel farla che nel contenerla ma soprattutto, nello specifico, nel pareggiarla? Per fortuna Torrente è riuscito a racimolare 52 punti col range dei 34 gol fatti da giocatori non attaccanti coi quali il miracolo di una salvezza inusitata ad inizio torneo, nonostante io fossi più fiducioso in quanto non avevo fatto i conti, ahimè, con le penalità, sta prendendo forma.
E sempre a proposito di domande, sono ancora qui, dondolato e sbattuto tra autobus, aerei e mezzi vari, a domandarmi e, forse, a far finta di nulla di come abbia fatto Torrente a conquistarli e a far segnare 42 gol senza attaccanti, con infortunati e giocatori bizzosi. Mistero.
Ah, dimenticavo: con la mannaia che, finalmente, si sta per abbattere sulla squadra e dalla quale, Torrente, era riuscito a tener lontano tutta la rosa fino a qualche settimana fa e la sua espulsione è un chiaro messaggio di stanchezza psicofisica dopo tutto quello che ha fatto soprattutto come pedagogo e psicologo visto che laggiù, di questi tempi, non serviva esattamente un allenatore.
Se c'è qualcuno che ritiene di essere più bravo nella resa, alle stesse condizioni però, tra risorse umane a disposizione e situazione societaria barcollante, è pregato di bussare al Dr. Garzelli: mi ha detto, in via riservata, che valuterà proposte serie a patto, però, che si abbia il diploma di laurea di Conversano e non quello di Tirana.

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