7 maggio 2012

"Chi sposa Conte sposa il suo progetto": Ipse dixit



I tifosi baresi devono apprezzare quello che noi continuiamo a fare per questa città, e come nel passato quando abbiamo chiesto aiuto ai baresi, oggi è il momento in cui continuiamo a chiederlo di nuovo ai baresi. Sosteneteci perchè non è facile, è un impegno notevole, sotto tutti gli aspetti, un impegno più grande, uno sforzo economico perché la serie A non si fa coi giocatori sconosciuti ma con quelli importanti: Conte e Perinetti hanno le idee chiare e Perinetti le ha ancora più chiare di Conte, so che mi metteranno in difficoltà, ecco perchè è necessario che tutta la città, all'invito della famiglia di aiutarci, mi auguro possa rispondere. E' inutile dirvi come, lo sapete benissimo, dobbiamo dimostrare di essere compatti, forti, affinchè poi dal Governo Centrale possa arrivare l'aiuto necessario a sostenere il Bari calcio. Sapete benissimo l'aiuto che vogliamo noi: è solo il lavoro, e  attraverso il lavoro noi  sosteniamo il Bari calcio. L'ho sempre detto nel passato lo dirò sempre. Quindi mi raccomando a tutti quanti, mio fratello Antonio non è qui ma è come se fosse qui, fate attenzione, noi ci teniamo da andare avanti, ma bene. Per il resto lascio a voi la responsablità. Grazie”.
Così Vincenzo Matarrese, ottavo o nono – non ricordo – discepolo di una famiglia zeppi di fratelli dediti all'imprenditoria con grande passione e professionalità, nonché con particolare piglio, con qualche ramo purpureo, non si sa mai, ipse dixit il 2 giugno dell'anno domini 2009, giorno dedicato alla festa della Repubblica, presso una sala conferenze di un Hotel a Palese, l'indomani della super promozione in A con Antonio Conte.

Ieri l'allenatore leccese, abituato a vincere solo nel maggio nicolaiano barese come tre anni fa tornando da Piacenza e come lo scorso anno tra le contrade di Siena, ci ha fatto emozionare ancora facendoci sentire, sia pur con sfaccettature diverse e al di la dei meriti indiscussi per un campionato giocato alla grande pur senza una punta da Champion's, un po' tutti tifosi della Juventus anche chi, come me, simpatizza da sempre per il Toro. Certo, in buon Antonio da Lecce oltre a dimostrare di saperci fare, è stato anche fortunato (non a caso audaces fortuna iuvat, mica tutti) non avendo conosciuto, a differenza di qualche altro suo collega di nostra conoscenza, cosa fosse esattamente la gavetta, cosa fossero gli anni duri, i campi polverosamente erbacei coi tifosi a punzecchialo con gli ombrelli o con le punte attraverso le maglie slabbrate dei recinti, le paturnie dei presidenti di quarta serie, le discussioni dei cortili di società sconosciute, e non ha avuto nemmeno la necessità di raddrizzare i ragazzini indisciplinati di Bari vecchia o quelli come Stoian e Forestieri ai quali, secondo me, Torrente farebbe bene ad assegnare come compito a casa ogni giorno lo spezzone del video di ieri sera relativo alla discesa di Zanetti che a 40 anni non riesce proprio a bloccarsi, cadendo a terra, sin dal 20' del primo tempo per toccarsi la coscia dando l'idea di essere già stanco, no. Il buon Antonio, di cui vado fiero di essergli amico, non ha lavorato per levare i ragazzi dalle strade che altrimenti sarebbero finiti con una pistola in mano a rapinar banche o a combinare qualche casino pregiudicandone la loro vita, o sui vespini ruspanti a scippar nonnine, no. 
Antonio Conte dopo aver fatto il secondo di Gigi De Canio a Siena da dove, poi, una volta giunto a Bari, si sarebbe ricordato di Bianco e Volpato, e dopo una parentesi ad Arezzo dove non riuscì, purtroppo, a salvarsi a causa di una penalità che, di questi tempi, sembra aver preso il posto dei numeri nelle classifiche, fu chiamato a Bari da Perinetti (dunque in una società blasonata con 30 anni di A ed altrettanti di B, mica in un Albinoleffe o in un Cittadella qualsiasi, dove tutti - e ribadisco tutti - vorrebbero venire a lavorare perchè da lontano “vedono” Bari come una grande città in cui l'equazione grande città=grande calcio è default senza sapere, invece, che le cose non stanno esattamente così), dopo la sciagurata Waterloo barese in casa con gli odiati cugini leccesi targata Materazzi. Il resto è storia compresa la parentesi negativa di Bergamo.

A Bari, tuttavia, pur strabiliando con i numeri, coi risultati e col gioco, non riuscì a trasformare in oro tutti i giovani arrivati alla sua corte presi come al supermercato zeppo di offerte: Lanzoni, Bianco, De Pascalis, Donda, lo stesso Lanzafame, Ladino, Monteiro, Siligardi, Maric, Volpato, per non parlare di Galano e Bellomo, insieme ad altri, ad oggi, tranne qualche eccezione peraltro tutt'altro che prestigiosa, non mi pare si siano confermati, anzi, taluni son scomparsi dal panorama calcistico nazionale e mondiale. Almeno questo hanno sancito i dati fino adesso. E la promozione in A, non a caso, è stata ottenuta con risorse umane più adeguate alla categoria, con Guberti, Kamata (stranamente sparito), Barreto, Colombo, Gillet, Masiello ed Esposito, vale a dire con l'esperienza, insieme, ovviamente, a tanti altri.

E proprio in quella conferenza stampa Vincenzo Matarrese disse che il contratto con Conte era stato già firmato anche se non ancora depositato tanto che quando fu il mio turno per porre domande, gli chiesi espressamente quanto tempo c'era voluto per trovare l'accordo e se, per caso, nell'accordo era compreso anche la conferma dello staff tecnico di Ventrone & C. e lui mi rispose spalancandomi la mano: “5 minuti, pacchetto completo". E fu allora che intersecai le parole di Conte secondo cui, chi avrebbe sposato lui, avrebbe sposato un'idea, un'ambizione e un progetto. Però! Mi dissi, va a vedere che qui è davvero la svolta per il calcio, cavolo. Ma dopo un secondo ci riflettei su ed arrivai alla conclusione che c'era qualcosa che non quadrava: troppo strana la cosa. Poi realizzai che il giorno dopo ci sarebbero state le elezioni comunali a Bari capendo un po' tutto.

Io credo che la famiglia Matarrese sia stata l'unica proprietaria di una squadra di calcio ad essere riuscita attraverso, peraltro, un mezzo davvero sciocco, a farsi sfuggire un tesoro fatto in casa. Le elezioni, infatti, andarono male per Antonio Matarrese e l'altro Antonio, due minuti dopo gli exit pool, non potendo essere accontentato nelle sue richieste, lasciò immediatamente Bari.
Qualcuno, nel tentativo di cercare una giustificazione plausibile, sostenne che le cause erano da ricercarsi in dissapori con Perinetti quasi a voler difenderne l'indifendibile, ma al di la dei fisiologici dissapori tipici che pure ci saranno stati (con Matarrese non è mai facile mantenere le attese), i due si son ritrovati d'amore e d'accordo un anno dopo a Siena. Con tanti saluti verso chi sosteneva questa tesi.
Ricordo che fui il primo a scriverlo questo fatto ma, essendo “io” e non “quell'altro”, in pochi prestarono ascolto, come è giusto che fosse del resto. Così come tante cose che scrivo quando sono certo dei risvolti che puntualmente hanno riscontro. Ma a volte dimentico della mia proverbiale  scomodità che, a quanto pare, infastidisce anche, e soprattutto, chi la pensa come me. Onorato, ovviamente.

E poi qualcuno si lamenta come mai i baresi tifino per le quadre strisciate: ne ho già parlato a perdifiato altrove, ma è bene talvolta rammentarlo: se le ambizioni calcistiche prestigiose per una città metropolitana come Bari, ottava in Italia, che avrà pure i suoi indubbi problemi tipici di tutte le grandi città ma che rispetto a Catania, a Verona Chievo o a Parma non ha nulla di cui sentirsi inferiore, debbano essere disposte da messaggi subliminali diretti al popolo barese coi quali si invita, in qualche modo, a votare Antonio La Trippa detto Matarrese così il Governo centrale lo lascia lavorare come vorrebbe lui, senza tanti intoppi burocratico-amministrativi, trovo fisiologico, poi - pur non giustificandoli ovviamente - che tanti ragazzi preferiscano insciarparsi di colori bianchi, neri, blu e rossi piuttosto che di quelli biancorossi e gettarsi nella fontana della Banca d'Italia la sera dello scudetto. Non trovate? 
E a nulla vale insegnare ai nostri figli la cultura del Della Vittoria e della genuinità del tifo biancorosso se poi le attese sono altre.
I Matarrese volevano ampliare le loro ambizioni imprenditoriali - la politica dell'epoca tra l'altro glielo permetteva – e, come nel carpe diem oraziano, la morte di De Palo spalancò loro le porte alla città sicché, attraverso il calcio e con le consuete promesse da politicanti volte ad accattivarsi le simpatie dei  tifosi, riuscirono ad insediarsi in città mettendo radici ma, di fatto - calcisticamente parlando - tranne che per qualche fisiologica annata positiva, naturalmente non studiata a tavolino ma solo occasionale per poi, puntualmente, snaturala al primo vagito di grandezza, non si è mai andati oltre. Anzi oltre a tre retrocessioni in C, adesso hanno cominciato pure ad usarlo (il Bari calcio) come arma di scambio lasciandolo alla deriva.
E quella conferenza stampa ne è la prova. Ed anche la controprova.

Bari città minore, dal piglio provinciale ma che vuol mostrarsi grande, una Madame Bovary in eterna lotta con lo specchio, costretta come dita nei piedi in un mocassino targato Matarrese dal quale non riesce a sfilare il piede dolorante e zeppo di bolle, una Parigi minore che se non riesce a spiccare il volo europeo è anche per la mentalità superata, troppo familiare, dei Matarrese i quali, proprio, non vogliono capire che investendo sole cento lire equivarrebbe, matematicamente, ad ottenerne centomila senza tanti affanni, senza ricorrere a sotterfugi di elezioni politiche, senza adunare giornalisti per improbabili conferenze stampe e senza la necessità di attendere i risarcimenti europei che pure, di questi tempi, fanno bene alla famiglia la quale sicuramente accusa, sia pur a suo modo, la crisi. Infondo i tifosi non pretendono finali di Champion's ma stazionare laddove gli compete. Ed il bacino di utenza che si ritrova la città e la passione dimostrata dai tifosi nell'anno di Conte, oggi primo in A, e di Ventura, oggi primo in B, evidentemente non basta e non serve a fargli capire che il calcio, almeno qui a Bari, se solo gestito a dovere e senza particolari esposizioni economiche, può risultare un prodotto vincente senza ricorrere a pagliacci edulcorati d'oltre oceano, d'oltralpe e d'oltremare. E poi volete mettere una presidenza autoctona, tifosa del Bari ad una forestiera? E chiacchiere non ce ne vogliono.

Nessun commento:

Posta un commento