12 maggio 2012

Costellazioni biancorosse, tra Sagittario Scorpione e Gemelli


Seduto al solito posto della decadente tribuna stampa dello stadio San Nicola, ormai a tutti gli effetti metafora del tempo barese attuale, ieri sera dopo l'imbrunire, quando il desktop azzurro del cielo lasciava, man mano, il posto ad un pdf notturno, guardavo impallato le stelle fino alla linea ellittica dell'orizzonte grazie anche ai vari squarci scheletrici dei teloni volati via durante il maestrale barese millenario e traslati, d'ufficio, nei testi di archeologia ingegneristica. Una linea sorda, quasi misteriosa, che sembrava prender corpo là, dietro ai campi di ulivi bitrittesi da cui fuoriesce humus terrestre e che, ahimè, da 23 anni circa ha preso il sopravvento sul mitico odor di iodio e sale che dolcemente riempiva i bronchi ai 40 mila del Della Vittoria in un'altra vita.


Vedevo stelle trapuntar fisiognomiche di animali vagamente favolosi, linee tratteggiate che disegnavano marinai baresi tornati da Myra con le ossa di Nicola rubate, re, cavalli, simboli, tutti in fila lungo quei corridoi che portano al buio dei pianeti Bogliacino e Castillo mai così ispirati, generosi e colorati come Giove e Venere ogni qualvolta si intravedono lassù sulla stessa linea.
Ma nonostante il desktop soffittale del San Nicola, la squadra di Torrente - per l'occasione gestita da Vincenzino Tavarilli - non è riuscita a centrare la quinta vittoria in casa rimandando tra le pareti palladiane, domenica prossima, la matematica salvezza, quanto meno quella sul campo.

In un'atmosfera quasi surreale quelle stelle sembravan volerci svelarci da lassù cosa si nasconde dietro l'alone vergognoso entro il quale la città di Bari, tra escort, malaffare, politica, imprenditoria, magistratura, calcio, e chi più ne ha più ne metta, si è ricoperta e dal quale non riesce a venirne via, un alone ricoperto da troppa infamia e centrifugato in un maledetto frullatore che ne ha maionesizzato il contenuto fino a farlo impazzire così da poter defluire, serenamente, lungo lo stivale del paese entro l'ansa del torrente formatosi che, però, nello scegliere la foce tra tante località italiane sul mare, ha individuato quella ad estuario di Bari.

Guardavo le stelle ieri nel cielo barese, sparse nel loro incalcolabile chilometraggio e seminascoste dalla luce finta e ipocrita del San Nicola mentre la squadra riusciva, almeno nel primo tempo, a reggere all'impatto bresciano pur senza brillare come gli astri che la stavan a guardare. Solo Astor Forestieri, infatti, debitamente servito da Bogliacino, si è reso pericoloso davanti ad Arcari senza, tuttavia, riuscire a finalizzare a dovere: ma ormai non è più una novità. Speriamo che questo anno barese lo aiuti a crescere. 

E allora ecco spuntare dalla linea d'orizzonte scoperta dal telone mancante una domanda: non sarà che quella occasione di Astor Piazzolla Forestieri ha disegnato, per caso, la traccia del destino? Si sa, sprecare certe occasioni, spesso, è segno di un terribile destino a cui noi baresi siamo abituati da sempre. Sono quelle situazioni che mi aprono file infiniti nella mente fino a poterci scrivere un trattato: eppure era solo una occasione gol mancata. Quel tiro sul portiere bresciano mi è parso il segnale di un momento di vita, di storia, di tragedia segestiana come per un maledetto gol di Fagni della Pistoiese, o quelli di Vincze e di Tatti col Perugia, insomma di episodi disgraziati traballanti in bilico sul nastro sottile delle costellazioni a cui, spesso e volentieri, ci affidiamo affinché possano regalarci qualche bel sogno, ma soprattutto affinché ci allontanino gli incubi.

E con una linea difensiva messa in campo per necessità e non per scelta, le effemeridi della gara parevan avessero già delineato il tracciato della solita scialba prestazione, ed invece ecco il carro dello Scorpione corteggiar quello dei Gemelli lassù nel cielo diventato, nel frattempo, scuro e le azioni, le trame, le costellazioni tracciate dal centrocampo del Bari ci han levato quella maschera cerata d'illusione per lasciare il posto ad una più divertente tanto a me quanto alle duemila scarse anime prave del San Nicola. Era da tempo, in effetti, che non ci si divertiva così.

E mentre guardavo le stelle incastonate nel pieno di una serata di primavera barese, sicuramente tra le più suggestive al mondo meteorologicamente parlando, il pallone è sembrato correre come il Sagittario mentre i giocatori baresi scoccavan frecce qua e là a spettri aleggianti nello stadio, a simboli, a cori, e alla retorica. Una freccia di Garofalo ed un'altra di Dos Santos hanno arcobalenizzato il cielo squarciandolo di astri luminosi. Anche se, in tutta onestà, se c'era una costellazione che doveva vincere, era quella barese vista la pochezza in attacco delle leonesse bresciane, quantunque pericolose.

E dopo il consueto breve impaccio nel proporre gioco le cui costellazioni centrali e sulle fasce, stavolta, sono risultate abbastanza visibili, ad occhio nudo, nel cielo verde del primo tempo nonostante la dannata distanza tra spettatore e linea di gioco (vero tormento perpetuo del San Nicola), le trame disegnate dal Sagittario biancorosso nel secondo tempo son riuscite persino ad ammortizzare gli ululati del pubblico diventato intollerante a qualsivoglia slogan inneggiante alla liberazione dei capi ultrà, al momento in difficoltà soggettiva, prigionieri delle accuse mosse dal Procuratore Laudati secondo il quale costoro sarebbero stati, come dire, troppo irruenti nel voler spaccar la faccia a Gillet & C. con opportuna spedizione punitiva a Bologna, a travestirsi, forse troppo frettolosamente, da bombaroli verso la sede di una testata giornalistica locale e, sempre secondo il Procuratore Laudati, nel minacciare di far passare qualche brutto momento ad un paio di colleghi. Insomma, ove fossero confermate, brutte, bruttissime cose, da vergogna nazionale tanto da far piangere le stelle baresi già abituate, ultimamente, ad un lacrimar senza fine.

A fine gara il preludio della tremenda mazzata che potrebbe abbattersi sulla sfilacciata costellazione biancorossa ha lasciato il posto alla felicità, alla gioia e al respiro che, forse, han continuato a ballare appesi al nastro della nostra vita al cospetto di quell'improvviso chiarore sterminato visibile lassù, dove ogni pericolo, ogni paura ed ogni bastardata si disperde nel silenzio smisurato dell'uomo.
Del resto se continuano a far gol solo i difensori, un motivo valido ci sarà e, soprattutto, un motivo valido in più per applaudire Torrente per esser riuscito ad ottenere il massimo da questa squadra ci sarà pure. Non trovate?

Domenica sarò dal mio amico di sempre Palladio: mi ha invitato per un Martini party, in una delle sue tenute Beriche, istituito su facebook dove ha invitato pochi intimi ed io, naturalmente, ho cliccato su "parteciperò". Sarà in quella occasione che occorrerà salvarsi matematicamente così, poi, tentare, quanto meno, di donare alla gens barensis un segno di rispetto che merita dopo la bassa marea mai stata così sabbiosa, peraltro nemmeno illuminata dalla luna che ne condiziona il livello come a Mont Saint-Michel in Normandia. 
Occorre un lampo, si un lampo netto e devastante, così da incenerire in un attimo il marcio pullulante in città arrivando sin dentro la terra polverizzando anche le radici di aloe e di gramigna schifosa in modo da far sorgere, possibilmente presto, un nuovo terreno fertile.

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