30 dicembre 2012

Pareggio col solito retrogusto amarognolo a Cittadella



Nel penultimo giorno di questo ennesimo annus horribilis per l'umanità intera e, tutto sommato, felice per la società del Bari che si barcamena, da un paio d'anni a questa parte, con ferma talassocrazia nei mari mediterranei pallonari poco dolci rischiando il naufragio da un momento all'altro ma, per fortuna, sapientemente, diligentemente e dignitosamente evitato dai vogatori omerici di Via Torrebella, mentre Rita, la Fata Turchina ultracentenaria per eccellenza dalle rughe più belle e più tenere del mondo tra i cui rivoli si incuneavan soavemente alvei di dolcezza e di scienza allo stato puro decideva di lasciare, per sempre, questa terra scarnificata dal dolore e sovrastata da cattiveria, imbecillità, presunzione ed arroganza diffuse, la più terrena E Street Band di Torrente non è riuscita ad espugnare la Platea del "Tombolato", campo sportivo con orizzonti palladiani in bella visione al posto delle tribune, di Cittadella, una civitas molto simile a Palmanova, rinchiusa nel suo cuore antico tra mura medievali di rara bellezza.


E nonostante l'1-1 sia da ritenersi un risultato, tutto sommato, giusto, si sa quanto sia oggettivamente difficile far breccia tra quelle porte - le ennesime - quando paion potenzialmente vulnerabili, se ai ragazzi baresi, pur mostrando stralci di evidente superiorità nel gioco risultando, a tratti, persino belli come quel lembo di costa tranese che guarda Bisceglie e che va sotto il nome di Colonna (ma quello di un tempo, però, mica quello odierno cementificato), gli manca l'ariete indispensabile per scaraventare giù le porte dai ponti girevoli in legno delle difese altrui. Nemmeno l'irruenza di Dolcenera, quella vera - quella descritta da De Andrè nell'omonima canzone in cui descriveva le improvvise inondazioni torrentizie che spazzavan (e che spazzan tuttora) tutto ciò che capita sotto tiro a Genova durante i disastrosi celeberrimi acquazzoni - è riuscita a travolgere i veneti, nonostante fosse per l'ennesima volta in superiorità numerica.

Stanchezza collettiva uno dei motivi che - è appena il caso di precisare - non è simile a quella delle altre squadre tra le cui fila combattono, tout-court, opliti spartani abituati alle Maratona e alle Termopili di una B ultracentenaria per la quale non si è mai sentita la necessità di fermarsi per un mese, ma trattandosi, di fatto, di una stanchezza di soldatini, forse, più ateniesi e, dunque, poco abituati alla μάχη, a cui va ad aggiungersi quella partenza a razzo, inusitata, resasi peraltro necessaria per azzerare subito l'odioso gap di classifica generato da colpe altrui, riuscendoci alla grande, anzi, stabilendo un record unico tra tutte le partenti con penalità.
Poi ci sarebbe, tra le responsabilità, la mancanza del tasso d'esperienza necessario per vincere certe gare come quella di oggi (ma anche quella di Cesena), tasso latitante che pesa come un macigno nell'economia della gara perchè in campo, oggi, ci saranno andati, pure, gli "over" 27 ma, di fatto, non son riusciti ad illuminare d'immenso l'infinito torrentiano necessario per uscire vincitori. Come altrove, quando si sarebbero potuti espugnare campi di battaglia con meno sofferenza.
Ed in ultimo, vi sono i limiti vistosi nei reparti misti ad improvvisa ed inopportuna individualità personalistica di taluni: l'attacco, ad esempio, dove, buona volontà, impegno, apporto più che sufficiente ed alibi vari a parte, non sembra, fino adesso, nei loro personaggi rappresentativi, risultare determinante nel rapporto costruzione-resa: Caputo, ad esempio, manifesta i soliti limiti nei momenti topici, salvo casi eccezionali, mostrandosi, sì, un buon centravanti da media serie B ma che, al pari di Iunco, da tempo troppo individualista e che non tira quasi mai in porta, viene meno ogni qualvolta c'è da lasciare il segno; così Galano, anch'egli egoista, che appare in un momento di chiara involuzione dopo una buona partenza, assist per Bellomo in complicità col portiere Cordaz a parte.
Con il centrocampo che, da tempo, non riesce a reggere il ritmo nel secondo tempo, ed una difesa solo a tratti affidabile ma, spesso, disattenta, priva di un vero leader a suonare la carica e a regalar sicurezza là dietro. Errori a parte, si intende.

Ecco, se si sommano tutte queste caratteristiche, alla fine, si comprende il motivo per il quale, la squadra barese, rivisitata con saggezza ed anche con parecchio coraggio nei suoi cambi e nei moduli alternativi proposti da Torrente, non riesce quasi mai a dare il colpo di grazia ogni qualvolta ne capita la possibilità. Non si può mica sperare di giocare fino a giungo in superiorità numerica, d'altronde.
Del resto, quello che doveva fare, Dolcenera, lo ha fatto. Doveva mettere Galano, lo ha messo; ha levato Claiton apparso in difficoltà su Maah il quale è arrivato al tiro per ben cinque volte, le uniche del Cittadella, oltre all'occasione pericolosa sul finale di Schiavon, e per ben quattro volte Lamanna, finalmente superlativo, ha mostrato la sua indiscussa bravura. Ha osato nel secondo tempo mettendo 4 punte cambiando qualcosa a centrocampo rendendolo ancor più dinamico avanzando il baricentro in avanti ma purtroppo, più di tanto, solo i taumaturgi riescono a fare. E Torrente, già di per se in odor di santità per quel che sta facendo a Bari in un momento difficile per il club del galletto, deve attendere la giuria del Vaticano per l'aureola definitiva.

Era, come a Cesena, una partita da vincere anche per le dinamiche susseguitesi (espulsioni e superiorità numerica). Ma non è parso che Torrente abbia avuto responsabilità. Quella è la squadra, ragazzi, e ha ragione l'allenatore a mostrarsi contrariato per la prestazione ma soddisfatto, si fa per dire, per il solo risultato che, se non altro, incasella il terzo utile consecutivo dopo un periodo nero. Una mini serie da perfetta media inglese che per una squadra i cui obiettivi striminziti sono quelli di una salvezza dignitosa con sguardo sulla finestra del cortile della zona che conta, è tantissimo.
Mentre il Lanciano si aggiudicava l'ennesima, forse la sesta, vittoria con una squadra prestigiosa dopo le due vittorie e i due pareggi altrettanto prestigiosi fuori casa.
Speriamo che il 2013 sia meno oneroso del 2012 per tutti tanto da non doverlo rimpiangere, ma soprattutto, speriamo che porti agli amanuensi difficili che han sminuito il valore di quella vittoria, insieme a qualche altro poco normo dotato di scorza, un anno di redenzione.
Ho, tuttavia, i miei dubbi.
Auguri a tutti. O quasi.

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